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In attesa del 5G. La Data Driven Economy guarda a un futuro dominato dal service design e dai wearable asset

Ieri al Megawatt di Milano si è tenuto il Cerved Next, l’evento dedicato alla Data Driven Economy, che ha riunito esperti internazionali e italiani e un elevato numero di professionisti interessati all’argomento. Il problema comune a tutti questi appuntamenti, tuttavia, è il rischio della commistione di ruoli tra espositori, media partner, sponsor e relatori, che porta chiedersi se chi è salito sul palco lo ha fatto perché ha cose significative da dire oppure se la sua presenza è il frutto di ragioni diverse, di carattere economico magari.

Va detto che questa volta la caratteristiche degli interventi non hanno lasciato molto spazio a dubbi del genere: benché alcuni degli speech fossero tenuti da aziende presenti come sponsor ed espositrici, non si è assistito al purtroppo altrove non infrequente susseguirsi di comunicazioni ispirate ai rispettivi corporate profile o alla mission aziendale.

A partire dalla presenza del direttore di SkyTG24, Giuseppe de Bellis, che ha – collettivamente  – riconosciuto le colpa del sistema mediale, “che scriveva di innovazione digitale e di tecnologia in modalità assolutamente analogica”, mentre 4 miliardi di utenti di smartphone al mondo “erano immersi nell’informazione senza bisogno di cercarla”. L’uso del dato, allora, “non deve essere funzione dell’attività commerciale”, ma serve alla “creazione di una comunità” di cui si conoscono le esigenze, “alla ricerca di ciò che apporta fiducia al mondo della notizia” nel rispetto della regole classiche del giornalismo: il rispetto dell’informazione, delle fonti e del media.
Geoff Mulgan, Ceo di Nesta UK, ha invece aperto il suo intervento con una foto di “là dove tutto è partito”, i Bell Lab degli anni ’30, per concludere che il modo attuale di affrontare i problemi, partendo dalla ricerca della soluzione, è inefficiente. “Serve che gli applicativi tecnologici siano connessi come i miliardi di sinapsi che lavorano nel cervello di ognuno di noi”, ha esclamato, “un’intelligenza collettiva che trova i primi esempi nel crowdsourcing di Lego a livello consumer e di Siemens nel B2B. Mettere al lavoro i problem solver sulle più grandi sfide che il mondo ci propone”.
“Che non è certo”, ha aggiunto, “la necessità di un frigo che faccia la spesa da solo”

Un problema, quest’ultimo, che è centrale anche per Mark Melling, Head of Ryot Studio Emea, che ha dichiarato “utilizziamo la tecnologia per ingaggiare gli utenti”, prima di un veloce passaggio lungo l’evoluzione delle tecnologie trasmissive per arrivare al 5G, una rivoluzione destinata a “cambiare il comportamento umano”, perché con la velocità di trasmissione e l’assenza di latenza, le applicazioni (dal video 3D alla AR) saranno tutte sul cloud, e quindi sarà superflua anche la potenza di calcolo del terminale, che oggi sta ancora alla base delle classifiche e del prezzo.
“Manca poco all’arrivo del 5G”, ha ricordato, “e le aziende devono prepararsi per tempo con le soluzioni per il suo utilizzo, dalla auto a guida autonomia ai sistemi di entertainment”: tra 10 anni sarà perfino banale scegliere la macchina per l’intrattenimento offerto, “poiché non sarà più importante come si guida”.

Un concetto ribadito anche da Luca Mascaro, CEO Head of Design di Sketchin-Gruppo Bip, che ha sottolineato come “Tesla ha innalzato le aspettative dei consumatori, così come ha fatto WeChat in Cina con i pagamenti, o come faranno le app di predictive health per mantenersi sani”.
“In sintesi”, è la conclusione, “la prima fase è la sperimentazione, segue l’industrializzazione, e alla fine, dopo l’adozione di massa, lo sviluppo di un nuovo mercato normalizzato all’insegna del business as usual“.