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Impegno ambientale e sociale: una sfida strategica per le aziende nella costruzione di purpose brand. Ma attenzione al green washing

Sicuramente, la narrazione aziendale e la responsabilità sociale hanno oggi più che mai molto da condividere: i marchi pongono il loro impegno ambientale e sociale al centro della loro strategia di brand identity, trasformando la loro Brand Structure in Purpose, per attivare una connessione più profonda con i consumatori.

Se fino a ieri la responsabilità sociale d’impresa (CSR) era un’attività da comunicare insieme ad altre iniziative (per lo più collaterali al core business) sempre più spesso si assiste a un processo di integrazione della comunicazione della responsabilità sociale nella comunicazione corporate e di prodotto. Per le aziende comunicare i propri valori attraverso campagne purposeful è una grossa opportunità, ma anche una grande sfida, in un clima di sfiducia, dove 6 consumatori su 10 non si fidano di un marchio finché non hanno visto prova concreta che l’azienda ha mantenuto le proprie promesse

Di questo si occupa una ricerca, effettuata da BeIntelligent e The Easy Way, che, partendo da da un set ampio di keyword (alle volte appositamente ridondanti a livello semantico) che potevano essere ricondotte alla sostenibilità ambientale, ha identificato un set che comprende 9 differenti parole:
– Ambiente
– Ecologia
– Inquinamento
– Plastica
– Mare e Oceano
– Pianeta
– Riciclo, Riciclabile
– Spreco e Rifiuti
– Sostenibilità

Nel periodo dal 1 gennaio 2019 al 30 aprile 2019, questi termini hanno rivelato 219 creatività univoche, da parte di un numero di brand coinvolti sempre più ampio. I settori che più hanno dimostrato interesse nella comunicazione della sostenibilità ambientale sono il comparto energetico, con un incremento pari al doppio delle creatività rispetto al 2018 (33, +48%), l’alimentare (29 creatività, +41%) e la grande distribuzione (23, + 13%), che dimostra una certa sensibilità al tema fin dal 2018. Essendo esploso il tema delle plastiche, molto reattivo si è dimostrato il settore casalinghi (17 creatività vs le 5 del 2018). Interessante il differenziale dei settori finanziario e moda, che pur non generando un numero di creatività altissimo (13 e 10 rispettivamente ), hanno raddoppiato il loro impegno (+54% e +50% rispetto al 2018).

È stata condotta un’analisi incrociata su Tv e Stampa, per comprendere come venisse distribuito lo sforzo creativo su questi due mezzi: nel 2019 la sostenibilità come macro tema ha generato sulla stampa 206 uscite per 65 creatività, con 72 occorrenze: la stampa è così tra i due, il mezzo su cui viene proposto il tema in maniera più variegata. La tv invece si configura come il mezzo più reiterativo, con un totale passaggi TV pari a 2.307 in 4 mesi per 22 creatività e 24 occorrenze. Gli italiani hanno sentito parlare di sostenibilità in Tv più spesso, ma con meno varietà di quanto non sia successo sulla stampa.

Il monitoraggio effettuato ha confermato che la comunicazione della sostenibilità ambientale è un trend in forte espansione che, segnato da alcune aziende leader, sta definendo un modello da seguire per gli altri player del mercato. Si intuisce una grande responsabilità da parte delle aziende che hanno deciso di abbracciare la causa della sostenibilità ambientale: la maggior parte dei messaggi ha l’obiettivo di indurre le persone a riflettere sull’effetto delle loro pratiche di consumo sull’ambiente. È altrettanto facile cogliere l’obiettivo strategico di questo approccio, che intende creare una forte comunità di consumatori fedeli che apprezzano i prodotti del marchio, ma soprattutto i suoi valori. Certo, non è sempre facile trovare autenticità e credibilità dietro a un prodotto o ad un’azienda. E questo può significare un potenziale danno per i marchi che si espongono con comunicazioni legate a una causa ambientale.

Infatti secondo un’indagine Ipsos realizzata in occasione del Salone della Csr e dell’innovazione sociale 2018 il 18% degli Italiani ha paura che l’enfasi su questi temi sia riconducibile a pure finalità commerciali. C’è poi un 17% di indifferenti, poco interessati all’argomento e alle sue implicazioni. In tutto ciò, la comunicazione è un fattore critico dal momento che il 76% della popolazione ritiene difficile capire quali imprese siano veramente sostenibili. Quali soluzioni adottare, allora? Secondo Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos: “serve l’intervento di terze parti come gli enti certificatori esterni, considerati efficaci dal 42% del campione, o le associazioni di consumatori, ambientaliste o umanitarie, considerate efficaci dal 35% delle persone. Ma è fondamentale una grandissima trasparenza da parte delle imprese”.
La soluzione quindi è aiutare il consumatore ad acquisire informazioni precise e veritiere sulle azioni sostenibili e sugli impegni sociali che le aziende raccontano nelle loro pubblicità. Come dimostrano i casi recenti di comunicazioni “fallimentari”, se quello che fa non corrisponde a ciò che dice in pubblicità, l’azienda può potenzialmente perdere un cliente per tutta la vita. Per l’azienda questo significa anche “mettersi a nudo”, giocare a carte scoperte, dimostrando di essere pronti a documentare la veridicità del proprio discorso.