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Cinecittà: chiediamoci quanto l’AI inciderà sul gusto di chi va al cinema

Cinecittà è in piena rinascita e nel mese di giugno del 2026 diventerà l'hub più grande d'Europa. In tema AI, l’obiettivo è di utilizzarla per migliorare l'offerta dal punto di vista dell'efficienza produttiva, ma solo per la parte fisica degli studios e nel rispetto delle persone

“I lavoratori non sono inclusi in questo processo, se non come formazione, perché quello che contraddistingue l’offerta che possiamo dare è l’intuizione artistica” dichiara Manuela Cacciamani, Ad Cinecittà, è intervenuta così al panel “Audiovisivo e intelligenza artificiale. Il futuro tra innovazione e regolamentazione” alla recente Mostra del Cinema di Venezia. Una dichiarazione importante, che ci ha fatto venire il desiderio di approfondire il tema AI con questa realtà che ha un punto di vista privilegiato sul cinema. Un esempio di come l’AI verrà utilizzata è la possibilità per l’Archivio Luce, che ha compiuto 100 anni l’anno scorso, di avere più velocità per reperire milioni di immagini e di video e di dare una risposta più efficace ai produttori che chiedono di utilizzare l’archivio.

Quando sente parlare di intelligenza artificiale applicata al cinema, pensa più a un’opportunità o a un rischio?

“Quando penso all’AI, e all’innovazione in generale, la vedo come opportunità.  Se la penso legata al cinema il tema diventerà quanto di fatto l’AI possa incidere sul gusto di chi usufruisce del cinema più che sul cinema nel suo utilizzo. È chiaro che qualora dovesse cambiare il gusto dell’utente e avvicinarsi di più a quello che è il potenziale dell’Intelligenza Artificiale potrebbe portare dei cambiamenti tali da allontanarci totalmente da quello che è il cinema oggi. È come la fruizione dei contenuti dei giovani: sappiamo che i prediligono i contenuti brevi, perché hanno un’attenzione limitata, e sappiamo che questo può avere un riflesso nell’andare al cinema. Non è qualcosa che possiamo evitare. Possiamo cercare di capire come accompagnare quel gusto e avvicinare il cinema a quel tipo di esigenze. Oppure cambiare utente”.

C’è un ambito del processo cinematografico (scrittura, casting, post-produzione, distribuzione…) dove secondo lei l’AI farà la differenza prima degli altri?

“Un ambito dove l’AI sta già impattando è la post-produzione in generale: la post e la CGI già utilizzano da tempo l’AI. Sarà sempre più evidente il cambiamento e la formazione dei tecnici che ci lavorano. È il luogo dove si sta spingendo di più e dove è più evidente il risultato finale. Dove credo che stiamo imparando a usarla molto velocemente è la scrittura. È importante come brainstorming; aiuta a cambiare stile: puoi andare, ad esempio, a chiedere di scrivere una cosa come la scriverebbe Spielberg. È la domanda che fai che fa la differenza. E la fa sempre il pensiero dell’essere umano che la genera”.

Quali nuove figure professionali serviranno per integrare davvero l’AI nell’industria audiovisiva italiana?

“Io credo che tendenzialmente per lavorare con l’AI in maniera produttiva ci vogliano degli statistici. Chi si laurea in statistica avrà grandissime opportunità: l’analisi dei dati permette di andare incontro al progresso. E una volta che hai aperto la mente in quella direzione hai la possibilità di applicarla in qualsiasi contesto ti inserisci”.

Come si fa a innovare senza perdere l’identità e la specificità del cinema italiano?

“È impossibile perdere la nostra identità perché abbiamo un Dna che ci contraddistingue e un passato che ritorna: è un rischio che si previene da solo. E credo che l’essere umano prediliga la realtà a quello che viene generato dal computer. Quando ci fu il lancio del 3D, con film come Piovono polpette, ci chiedevamo se saremmo andati al cinema con gli occhialini. Tuttavia non è andata così, alla fine i film con una bella storia e un bel cast hanno vinto su alcuni brividi e alcune sensazioni”.

Come ha detto a Venezia, al centro ci sono sempre le persone, la creatività, il talento…

“Credo molto nel talento. Penso che le persone abbiano un istinto naturale e queste sono le basi per raccontare delle cose in maniera autentica sempre diversa. L’AI è e sarà uno strumento presente nelle nostre vite. Quando nacque internet avevamo molte paranoie: dicevamo che non saremmo più andati in biblioteca, ma sono solo cambiate le abitudini”.

Se dovesse dare un consiglio a un giovane che oggi sogna di lavorare nel cinema, quale sarebbe?

“Studiare e viaggiare. Il cinema è l’insieme delle esperienze che hai fatto e quante arti conosci per raccontarle in un fotogramma. Non si dovrebbe limitare al cinema ma dovrebbe approfondire altre forme d’arte: musica, danza, scultura, pittura. Sono tutte le cose che creano la magia di un secondo: un fotogramma è fatto di un momento in cui quel fascio di luce cade sull’attore che solo in quell’attimo fa quell’espressione su quella nota musicale. È qualcosa di irripetibile, e devi avere la sensibilità per coglierle tutte insieme. Viaggiare apre la mente nell’accettare e osservare culture diverse, anche nel superare i propri limiti”.

L’attenzione per le AI e le nuove tecnologie e la tutela del talento trova espressione in un piano industriale che punta a fare di Cinecittà un punto di riferimento nel cinema mondiale…

“Il piano industriale di Cinecittà si basa sul concetto che dal giugno del 2026 metterà a terra 25 teatri di posa; avremo a disposizione 21mila metri quadri di spazi dedicati alle produzioni, 10 ettari di backlot per costruire scenografie. Questo è il potenziale tecnico fondamentale, perché per le grandi produzioni servono luoghi idonei. Ma perché Cinecittà rimanga un punto di riferimento non è necessario questo, non è solo un tema di investimento. Se Cinecittà fosse a Riad non sarebbe Cinecittà: intorno a Cinecittà ruota il talento delle persone che ci lavorano, quelle che sono riuscite a dialogare con qualsiasi regista internazionale che poi è tornato. L’ambizione del piano industriale è mettere a terra gli investimenti, i teatri super competitivi per dimensioni e tecnologia, ma anche fare crescere in maniera esponenziale il talento delle persone che ci lavorano. Mi piacerebbe che Cinecittà continuasse ad essere un punto di riferimento anche per le nuove generazioni, come la Gen Z, per evitare che sia nelle ambizioni dei grandi registi, ma non in quella dei più piccoli”.

di Maurizio Ermisino