Partiamo dall’inzio. Perché, non a caso, Paolo Petrillo ha radici in due differenti mondi: l’architettura e la musica. Dopo gli studi di architettura, trascorre infatti oltre trent’anni come DJ, imparando a conoscere il linguaggio del suono, la sua capacità di costruire spazi emotivi e di modulare percezioni, così come le logiche della radio. Col tempo, i due percorsi si sono incontrati nella progettazione di spazi, fisici e sonori. Ecco perché Media Dressing si definisce architetti del suono, prendendo volutamente le distanze dai sound designer.
Il valore insostituibile del tocco umano
Oggi viviamo un’epoca di strumenti potentissimi, di intelligenze artificiali capaci di generare musica, ambienti sonori e perfino emozioni sintetiche.
Ma la tecnologia deve essere sempre e solo un mezzo. La direzione umana deve restare al primo posto, perché l’unica in grado di mantenere una visione, di dare senso e coerenza. Senza tale presidio si rischia l’appiattimento creativo.
Il suono come leva strategica
Media Dressing nasce per trasformare il suono da elemento decorativo a leva strategica di branding. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, la musica viene ancora percepita come accessorio, ‘layer’ di intrattenimento appiccicato ai progetti visivi. Ma un brand, così come un evento, senza coerenza sensoriale tra ciò che si vede e ciò che si sente perde forza, credibilità, identità.
Essere architetti del suono
Significa operare come traduttori del DNA sonoro delle marche, lavorando a livello strategico insieme ai clienti per esplorare e definire il patrimonio acustico di ciascuno. Non si tratta di fornire una musica o un jingle, ma di costruire un soundscape coerente, che si declina in tutti i touchpoint: eventi, spazi, esperienze fisiche e digitali. Insomma si costruisce la visione complessiva di come un brand suona, parla, respira. Evidente e sostanziale la differenza con il sound designer, che invece lavora ‘tatticamente’ su progetti specifici, una sonorizzazione, un video, un effetto.
Partner, non competitor
Nel panorama del sound branding non esistono veri e propri competitor, esistono partner. Media Dressing collabora spesso con realtà verticali specializzate in produzione musicale o sound design tecnico. Il suo ruolo diventa allora anche coordinare e integrare le diverse competenze dentro una strategia più ampia, rendendole parte di un unico progetto, coerente e funzionale.
Case study: la brand radio come ponte sonoro
Un esempio concreto arriva da una rete di vendita aziendale. Durante gli eventi fisici, la forza vendita vive momenti di grande energia e motivazione, ma nei giorni successivi subentra un fisiologico calo. Per mantenere viva la connessione, Media Dressing ha progettato una brand radio che divenisse ponte sonoro tra un evento e l’altro. La radio trasmetteva musica, messaggi, contest e contenuti in linea con i valori del brand, amplificando gli stimoli ricevuti negli eventi e mantenendo alto l’engagement. In questo modo, il suono ha assunto una funzione strategica di continuità e coesione interna, superando la semplice dimensione musicale.
Case study: suonare la crisi
Un altro caso emblematico riguarda la convention di un brand finanziario, tenutasi nell’autunno del 2008, in piena crisi economica globale. L’atmosfera era delicata, quasi drammatica, serviva comunicare verità difficili senza cadere nella cupezza.
Il team Media Dressing ha costruito un soundscape consapevole, capace di accompagnare i discorsi degli amministratori con un tono sobrio, ma non tragico. La musica ha guidato le emozioni, accompagnando l’ascoltatore verso una chiusura aperta, positiva. Il suono è diventato strumento di regia emotiva, un linguaggio che aiuta a far passare messaggi complessi con coerenza e sensibilità. Dal live all’esperienza di brand Il concetto di ‘live’ si estende oggi a ogni forma di esperienza. Anche la brand radio in store rappresenta un ambiente sonoro progettato con la stessa cura di una radio professionale. Dinamica, sequenza dei brani, tono dei messaggi, qualità audio e coerenza narrativa fanno la differenza tra un sottofondo e una vera esperienza di marca, coerente, curata, emozionale, ma anche efficace per chi lavora e per chi acquista.
Misurare l’invisibile
Come si misura l’efficacia del suono? È difficile tradurre emozioni e percezioni in KPI, ma si possono rilevare molti indicatori qualitativi, ma cresce anche il numero dei quantitativi. L’uso di sensori, dispositivi e analisi di comportamento, anche tramite AI, permetterà di capire come le persone reagiscono ai suoni, quanto restano in un ambiente, che espressioni assumono. Oggi le metriche passano soprattutto attraverso sondaggi e ascolto diretto. Senza dimenticare che il benessere acustico di chi lavora all’interno di ‘acquari sonori’ è aspetto spesso trascurato, ma fondamentale: un buon soundscape è infatti anche strumento di benessere organizzativo.