Il B2b Digital Commerce sta evolvendo da semplice canale per digitalizzare processi di vendita e di acquisto a vero e proprio snodo strategico nelle interazioni tra aziende, abilitando nuove forme di collaborazione e di condivisione di informazioni. In Italia i numeri certificano la crescita: nel 2024 il B2b Digital Commerce di prodotto ha raggiunto 278 miliardi di euro, +5% rispetto al 2023. Ma il valore è ancora pari a solo il 22% delle transazioni totali, inferiore alla quota dei principali Paesi europei, come Germania, Francia e Regno Unito.
Allo stesso tempo, la Customer Experience si sta affermando come leva competitiva imprescindibile per differenziare l’offerta, consolidare la fiducia e sviluppare relazioni di lungo periodo con i clienti business. Ma la strada verso la piena maturità delle aziende B2b in Italia è ancora lunga: tre quarti delle grandi aziende si trovano nelle fasi iniziali di un approccio ‘cliente-centrico’, mentre appena il 14% è a un livello maturo.
L’elemento che rende possibile e potenzia l’integrazione tra Customer Experience e Digital Commerce nel B2b è la condivisione e valorizzazione dei dati, il cui reale potenziale è tutto da cogliere. Solo il 18% delle aziende effettua controlli regolari sulla qualità dei dati. Nel 65% manca del tutto o è sporadica la raccolta di feedback su servizio, prodotto o processo d’acquisto. Il 27% delle aziende non ha alcuna attività strutturata di analisi sui clienti, il 53% si limita a un approccio descrittivo e solo l’8% adotta logiche predittive o prescrittive. Tra le diverse tecnologie disponibili, meno di metà delle grandi imprese (46%) dispone di CRM, riducendo la capacità di integrare dati chiave sul cliente e proporre offerte mirate.
Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio B2b Digital Commerce & Experience del Politecnico di Milano presentata al convegno ‘B2b Digital Commerce & Experience: connettere dati, costruire relazioni’. Uno degli oltre 50 differenti filoni di ricerca degli Osservatori Digital Innovation della POLIMI School of Management (www.osservatori.net) che affrontano tutti i temi chiave dell’Innovazione Digitale nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione.
La maturità digitale nel B2b non significa solo tecnologia
“Oggi, da un lato, i buyer sono sempre più digitali, autonomi e orientati all’efficienza, con aspettative crescenti in termini di semplicità, rapidità e personalizzazione dell’esperienza. Dall’altro, le tecnologie digitali e in particolare l’intelligenza artificiale abilitano nuove modalità di relazione nel B2b, che vanno da una migliore capacità di aggiornare e condividere i cataloghi prodotti alla personalizzazione dell’offerta, fino all’efficientamento del ciclo ordine-pagamento”, spiega Riccardo Mangiaracina, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio B2b Digital Commerce & Experience. “Tuttavia, la maturità digitale nel B2b non è solo adozione di tecnologia: implica un cambiamento culturale, organizzativo e relazionale, una collaborazione strutturata con clienti e partner, un approccio data-driven alle decisioni, e la piena sinergia tra canali digitali e relazione umana”.
Customer Experience, leva competitiva
“In un contesto in rapida evoluzione, il B2b Digital Commerce diventa sempre più strategico, consolidandosi all’interno di modelli ibridi, in cui digitale e relazione diretta, se opportunamente integrati, sono in grado di generare valore lungo tutta la relazione cliente-fornitore”, aggiunge Paola OIivares, Direttrice dell’Osservatorio B2b Digital Commerce & Experience. “E la Customer Experience si afferma come leva competitiva imprescindibile per ascoltare attivamente e anticipare le esigenze dei clienti business. Le due dimensioni si alimentano a vicenda: il Digital Commerce abilita un’esperienza più fluida e multicanale, mentre una Customer Experience di qualità ne incentiva l’adozione e ne amplifica il valore nel tempo”.
Non basta raccogliere dati
“Sono i dati a consentire al B2b Digital Commerce di diventare leva relazionale e alle strategie di Customer Experience di abilitare una conoscenza profonda, coerente e aggiornata del cliente, ma il potenziale è in gran parte ancora inespresso nelle filiere italiane”, spiega Sara Zagaria, Direttrice dell’Osservatorio B2b Digital Commerce & Experience. “Perché non basta raccogliere dati, servono standard condivisi che ne garantiscano l’interoperabilità, un’integrazione fluida tra sistemi e processi e, soprattutto, una cultura data-driven che sappia interpretarli e trasformarli in azioni strategiche. Solo se connessi, i dati diventano il motore per costruire relazioni solide, durature e proficue”.
Il B2b Digital Commerce In Italia
Nel 2024 il B2b Digital Commerce di prodotto italiano – ossia il valore degli ordini gestiti in formato digitale – ha raggiunto i 278 miliardi di euro, segnando una crescita del +5% rispetto al 2023. Componenti fondamentali di questo mercato sono le tecnologie più storiche, come l’Electronic Data Interchange (EDI), principalmente diffuse nei settori del farmaceutico e del materiale elettrico. Tale tecnologia è oggi adottata dal 25% delle imprese (57% nelle grandi). Accanto, cresce la diffusione di canali digitali proprietari – dai portali aziendali agli eShop B2b – presenti in circa il 16% delle imprese italiane. Mentre i Marketplace B2b restano poco diffusi in Italia (9%) al contrario di quanto avviene a livello internazionale.
Tra le grandi imprese diventano sempre più centrali soluzioni come il Product Information Management, adottato dal 21% di queste, e il Digital Asset Management, dal 18%. Questi strumenti assicurano dati aggiornati, consistenti e facilmente accessibili su tutta l’offerta aziendale.
Un ruolo fondamentale è giocato inoltre dal Customer Relationship Management (CRM) in quanto abilita una gestione integrata dei dati dei clienti e una personalizzazione evoluta delle proposte commerciali. Ad oggi questa tecnologia è presente solo nel 46% delle grandi aziende italiane e questo limita fortemente il potenziale della Customer Experience e del B2b Digital Commerce, riducendo la capacità di integrare dati chiave sul cliente come lo storico ordini, le preferenze e i comportamenti sui diversi canali digitali e, di conseguenza, di proporre offerte mirate e data-driven.
Oltre alla dimensione tecnologica, l’aspetto culturale è centrale per le relazioni B2b, ancorate spesso a modalità ‘tradizionali’. Tra le grandi aziende, il 28% segnala resistenze interne della rete di vendita, per il timore di perdere il controllo sulla relazione con il cliente, la ‘gelosia’ per i contatti o la percezione di essere monitorati e potenzialmente sostituiti dalle piattaforme digitali. Tra i buyer, l’86% è a proprio agio nell’utilizzo di piattaforme digitali nella sfera privata, ma la percentuale si riduce al 60% quando si tratta di acquisti aziendali. Quelli che utilizzano con continuità strumenti digitali in ambito B2b, però, manifestano soddisfazione, apprezzandone la rapidità dei processi e la varietà dell’offerta. Un segnale che piattaforme ben progettate possono costituire un fattore abilitante nella trasformazione degli acquisti B2b.
La maturità delle aziende
Nel 2025, cresce la maturità delle imprese italiane verso un modello ‘cliente-centrico’, che pone l’accento sulle esigenze e le esperienze dei clienti. Ma il progresso è concentrato tra chi aveva già intrapreso un percorso di trasformazione: sono queste aziende a raccogliere oggi i benefici delle iniziative avviate negli scorsi anni.
Analizzando i cluster di maturità secondo il ‘B2b Digital Experience Maturity Model’ elaborato dall’Osservatorio, un terzo delle grandi aziende (‘Explorer’, 33%) non ha ancora piena consapevolezza del valore di un approccio cliente-centrico: non personalizzano le comunicazioni e non dispongono di pratiche consolidate di collaborazione con i partner di filiera. Il 39% è rappresentato da ‘Experimenter’ che hanno avviato alcune iniziative organizzative (es. una funzione aziendale dedicata alla CX) e tecnologiche (come la parziale adozione del CRM e delle Customer Data Platform). Il 14% sono ‘Adopter’ con una governance più solida, spesso supportata dal top management, ma hanno limiti nell’utilizzo sistematico e strategico delle informazioni.
Solo il 14% delle grandi aziende è ‘Strategic Deployer’: imprese mature, dotate di un responsabile della CX, che stanno già lavorando o intendono lavorare sull’AI, personalizzano l’esperienza sulla base delle caratteristiche dei clienti e raccolgono feedback in maniera sistematica. In circa la metà dei casi hanno introdotto applicazioni mobile per abilitare interazioni bidirezionali con i partner B2b, sviluppando un approccio integrato e scalabile.
Le PMI sono più arretrate: il 68% rientra tra gli Explorer, il 18% tra gli Experimenter, l’11% tra gli Adopter e solo il 3% Strategic Deployer.
L’AI nel B2b
In ambito Customer Experience e B2b Digital Commerce, l’adozione dell’Intelligenza Artificiale è ancora agli albori, ma in crescita: negli ultimi dodici mesi, la quota di grandi aziende che ha avviato progetti è salita dall’8% al 14%. Metà delle imprese (53%) non ha ancora attivato progetti di AI, ma circa un terzo (33%) ha intenzione di avviarli nel breve periodo. Alcuni settori si distinguono per maggiore dinamismo: il finance sta investendo in applicazioni a supporto dell’analisi del valore del cliente, mentre il siderurgico e l’elettromeccanica si concentrano sulla qualità delle informazioni di prodotto.
Nella maggior parte dei casi, l’adozione resta confinata a iniziative sperimentali e circoscritte, raramente trasformate in progetti strutturali e pervasivi. Le applicazioni di AI più diffuse riguardano principalmente la gestione delle informazioni di prodotto e dei contenuti. Tra le grandi imprese che adottano l’AI, infatti, il 27% la impiega per la generazione automatica delle descrizioni di prodotto, il 22% per l’analisi e l’ottimizzazione dei contenuti e il 18% per le traduzioni multilingue. Nel futuro, i progetti più innovativi puntano ad aprire nuovi canali di comunicazione tra aziende e clienti B2b, in risposta a buyer sempre più esigenti. In questa direzione, il 51% delle aziende che adotta l’AI ha intenzione di investire in soluzioni di automazione e classificazione delle richieste di assistenza, il 33% intende esplorare l’uso di chatbot basati su AI generativa.
Resta però ancora molta strada da percorrere. Nel B2b la disponibilità e la granularità dei dati è spesso inferiore a quella del B2c, limitando così l’accuratezza e la personalizzazione dei modelli di AI. I progetti avviati sono spesso iniziative isolate, con il rischio concreto di creare silos informativi e ostacolare una vera scalabilità. A questo si aggiunge la carenza di competenze specialistiche, oltre alla difficoltà di accompagnare l’innovazione verso un reale cambiamento culturale e organizzativo.