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Gli alti e bassi delle criptovalute: bitcoin, XRP e le altre. Gli stablecoin sono davvero la soluzione che tanti aspettano?

Le criptovalute sono tornate di moda? Il lancio, per ora fermo alla fase dell’annuncio, di Libra ha dato nuovo vigore alla criptovalute esistenti? Una domanda che trova difficile risposta negli andamenti dei cambi. Prendiamo ad esempio il bitcoin, la criptovaluta più famosa: la prima cosa da sottolineare è che – nonostante tutto quello che si è detto e scritto sul distributed ledger e sulla decentralizzazione del controllo, il bitcoin rimane sostanzialmente un forma di investimento: un investimento al alta volatilità e ad alto rischio, come dimostra il continuo alto e basso della quotazione che ha visto la valuta arrampicarsi fino a 10.706 dollari di sabato 24 giugno, ma che il 17 dicembre del 2017 valeva 19.447 dollari, precipitando poi a 3.185 un anno dopo, il 16 dicembre 2018.

Con un andamento di questo genere è inutile cercare ci capire chi ha perso e chi ha guadagnato: tutto dipende dal momento in cui si entra e da quello in cui si esce: certamente, chi ha comprato bitcoin a 350 alla fine del 2015 è ancora ampiamente in attivo, purché abbia saputo resistere allo stress di “vendi, incassa e pentiti” come sa bene chiunque abbia trattato titoli od obbligazioni in Borsa.

Ma comunque l’inizio dell’ultimo rally è antecedente al lancio di Libra: è iniziato a giugno 2019, con una quotazione intorno ai 7600 dollari, per arrivare abbastanza linearmente ai valori attuali.
Certamente non è esagerato supporre che il clamore intorno a Libra abbia contributo a sostenere la crescita della criptovaluta, ma – a guardare il grafico – la ripresa ha preso inizio a partire dal minimo storico già citato del dicembre 2018.

E soprattutto la Libra è una stablecoin, cioè una delle tante criptovalute che avendo una base sottostante di asset finanziari – nella fattispecie in euro, dollari e yen – dovrebbe essere meno soggetta a fluttuazioni quotidiane. Esistono diversi problemi di fiducia relativi all’investimento in una stablecoin: la credibilità di “chi” la emette (e su questo fronte Libra dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto. O no?), la sicurezza del backing da parte di valute fiat o altre criptovalute, e la sicurezza della blockchain sottostante. Quest’ultimo aspetto non è trascurabile, visto che è stato alla base dello “scisma” di Ethereum nel 2016, quando dopo un attacco hacker era nato l’Etehreum Classic, quello dei “duri e puri” della blockchain sovrana.

Liberati del sospetto che Libra abbia, per ora, un ruolo trainante sull’intero movimento delle criptovalute (sono circa 2000 quelle elencate sui vari exchange. con andamenti divergenti) rimane il dubbio se una (o poche) delle criptovalute esistenti sono – o saranno – in grado di operare sui mass market superando gli ostacoli che ora fanno da freno alla loro crescita.

Per esempio la XRP di Ripple, sostenuta da giganti bancari come il Gruppo Santander (125 milioni di clienti e 190.000 dipendenti nel mondo), MFUG Bank (la più grande banca del Giappone) o Standard Chartered, e da società finanziarie come Moneygram International, attiva in più di 200 paesi: nonostante questi e altri giganti societari che la supportano, XRP non ha ricevuto neppure una frazione della copertura mediatica di Libra. Forse c’è qualche cosa di ancora non detto nel mondo delle cryptocurrencies e della blockchain.