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Giovanni Caloro/Amarena Pictures torna alle origini e scrive un monologo

'133 metri sul livello del mare' ha l’ambizione di provare a cambiare i nostri comportamenti in ottica di eco-sostenibilità.
Locandina Teatro in Atelier

Il testo, scritto insieme alla protagonista Francesca Pimpinelli, nasce come un’opera tragicomica pensata per sensibilizzare il pubblico su una tematica di estrema urgenza, che deflagra oltre il semplice concetto di attualità, tanto da risultare quasi un insulto all’intelligenza umana se si continua a ignorarla. La protagonista vive in prima persona il senso di essere letteralmente con la testa sotto water, uno stato di emergenza che dovrebbe trasmettere chiaramente la necessità di mettere da parte ogni altra preoccupazione e concentrare tutte le energie del pianeta per invertire la rotta, perché ne va della vita di tutti.

Questo nuovo mondo ci fa fare un passo indietro, riportandoci a una fase infantile dell’umanità. La protagonista sperimenta questa regressione attraverso una nostalgia edonistica tipica dell’infanzia, che la porta a rivivere ricordi lontani e genuini, fino all’adolescenza, con una scoperta che è anche scoperta dell’amore. In questa condizione, l’amore appare come un sentimento soffocato, quasi nascosto sotto la superficie, che si affaccia e viene subito cancellato da un’individualità spinta all’estremo. Questa natura umana, infatti, ha conservato una certa egoistica e attenta alla sopravvivenza, che si manifesta in un continuo conflitto tra passato e presente, emozionalità e pragmatismo, condivisione e individualismo.

In questa regressione, la natura non è più vista come elemento da dominare o modificare, ma come compagna di viaggio e talvolta avversaria. È un ambiente che diventa familiare, anche minaccioso, quando si presenta in modo uguale o superiore all’uomo. La protagonista si trova letteralmente circondata da questa natura, che si mostra come un nuovo, ostile mondo che la isola e l’attacca da tutte le parti. Le altre creature, rimaste, vivono e prosperano senza paura, con un’aggressività che sembra indicare una coscienza di questa nuova gerarchia, in cui l’uomo è ormai solo un ospite sbeffeggiato e assediato, senza vie di fuga.

Il collegamento con l’immondizia assume un ruolo centrale nel testo. Non si tratta solo di una critica all’operato di qualche amministratore pubblico, ma diventa un simbolo di come l’intera città, e forse ampi tratti del pianeta terra, siano condizionati dal consumo e costruiti sui rifiuti. Questa situazione rappresenta ora una maledizione autoindotta che perseguita l’umanità anche nei momenti più drammatici. Paradossalmente, in questa follia di un mondo ormai alla deriva, i rifiuti diventano anche una delle fonti di sostentamento, accanto alle risorse che il mare può offrire.

Sono presenti anche brevi intermezzi di musica e azioni sceniche, utilizzati per sottolineare l’assenza di un tempo lineare e per suddividere lo spettacolo in capitoli, evidenziati da cambi di luce che scandiscono il ritmo narrativo.

11 Giugno ore 20.30
Via Scoglio di Quarto – Piazza XXIV Maggio 12 – Milano