Che Dracula fosse una storia d’amore più che di paura ce lo aveva ricordato Francis Ford Coppola con il suo Dracula di Bram Stoker. Se non fosse ancora abbastanza chiaro lo ribadisce, in modo ancora più netto, Luc Besson. E anche il titolo italiano scelto per lanciarlo ci porta in questa direzione. Dracula – L’amore perduto di Luc Besson è stato presentato oggi dal regista e dal cast nella sezione Grand Public della 20a edizione della Festa del Cinema di Roma. Nel cast ci sono Caleb Landry Jones, Christoph Waltz, Zoë Bleu e la nostra Matilda De Angelis. Dracula – L’amore perduto uscirà in Italia il 29 ottobre 2025 distribuito da Lucky Red. “Mi ero dimenticato che era una storia d’amore” ha spiegato Besson, con la consueta verve e ironia, alla conferenza stampa di oggi all’Auditorium. “Tutti parlano del sangue, dei denti, dell’horror. Questa è la storia di un uomo innamorato di una donna che aspetta 400 anni anche solo per dirle addio. Volevo raccontare questa storia. Odio i film horror, mi spaventano troppo. Ma sono molto interessato alle storie d’amore”. L’idea è proprio questa. Raccontare un sentimento in grado di resistere alla morte e attraversare i secoli, mostrare la parte mostruosa ma anche il lato più intimo del vampiro per antonomasia che ha scelto di rinnegare persino Dio. La storia la conoscete, inizia in Transilvania, XV secolo. Il principe Vladimir, dopo la perdita improvvisa della sua amata, rinnega Dio, ereditando così una maledizione eterna: diventare un vampiro. Condannato a vagare nei secoli, sfida il destino e la morte stessa, guidato da un’unica speranza: ritrovare l’amore perduto.
La Parigi della Belle Époque
La novità del film di Luc Besson, a differenza degli altri adattamenti del Dracula di Bram Stoker, e che dalla Transilvania la storia stavolta non si sposta a Londra, ma nella Parigi del 1889, quella del centenario della Rivoluzione Francese, quella della Belle Époque. Dracula è un artista elegante che si muove in questo ambiente. La sontuosa costruzione del personaggio e degli ambienti nasce da una riflessione. “Dracula non può amare le persone perché moriranno, invece lui no” è il ragionamento di Besson. “Se non si può attaccare alle persone può farlo all’arte, perché l’arte non muore mai. Allora diventa un artista, un dandy. La seta gli piace molto perché può toccarla. Abbiamo scelto il colore viola. Lo scenografo ha visto questo tono e si è chiesto cosa potesse utilizzare intorno. E ha pensato al color rame. Quando prepariamo un film abbiamo grandi lavagne con i tessuti e abbiamo visto che il rame stava bene con il porpora. Intorno ai costumi un po’ per volta si costruisce il tutto. Grazie alla creatività delle persone, alla fine ci si crede. Si dice: ‘esiste’. E questo è il mio obiettivo”.
La fede? Se fa stare meglio le persone va bene
Quella di Dracula – L’amore perduto è anche una storia di fede, in questo caso di perdita della fede. E il rapporto di un uomo con essa è un tema che esiste da sempre, e oggi più che mai è molto contemporaneo. “La fede è molto strana” riflette il regista. “È un’ipotesi, una proposta. Sono duemila anni che parliamo di qualcuno che nessuno ha visto. Ma è bella se è una cosa che aiuta le persone a stare meglio. A volte chi è religioso va nella direzione opposta, ruba o uccide. Ma mi piace giocare con questa cosa in un film. È interessante vedere quest’uomo che chiede una sola cosa a Dio: risparmia mia moglie. Lei muore. Chi è responsabile? Le persone uccidono altre persone, Dio non ha nulla a che fare con questo. La fede è personale, e se ti fa stare meglio sono felice per te”.
Caleb Landry Jones è Dracula
Caleb Landry Jones, ormai attore feticcio di Luc Besson, dopo il sorprendente Dogman ritorna nei panni del vampiro, del non morto. All’inizio, la sua figura è molto simile a quella del Conte Vlad del film di Coppola, i capelli raccolti, il trucco prostetico a invecchiarlo. È lontano dall’aspetto ferino, da belva del recente Nosferatu di Robert Eggers, uscito solamente un anno fa. È un attore con una straordinaria mimica facciale e un volto particolarissimo. Da come parla si vede quanto è legato al regista, che vede quasi come un mago. “Luc Besson, qualunque costa avesse voluto fare, avrebbe tirato fuori un coniglio dal cappello” ha spiegato in conferenza stampa. “Anche Dogman lo è stato”.
Zoë Bleu è Elisabetta e Mina
Nel ruolo dell’oggetto del grande amore del vampiro, il doppio ruolo di Elisabetta e Mina, quello che nel Dracula di Coppola era di Winona Ryder, c’è Zoë Bleu, la figlia dell’attrice Rosanna Arquette (che Besson aveva diretto in Le Grand Bleu), che abbiamo visto nel film Gonzo Girl, diretto da Patricia Arquette, e, giovanissima, in The Bling Ring di Sofia Coppola. Esile ed elegante, ha un volto dolce e potrebbe presto diventare una star. Le viene chiesto se abbia studiato le attrici storiche e recenti dei vari Dracula. “Non volevo fare riferimento ai Dracula del passato” ha risposto. “Il nostro è più tenero, gentile, non è un mostro ai miei occhi. Non volevo inquinare il nostro mondo con quello di qualcun altro. Dracula mi ha insegnato che la giovane donna che ero quando sono entrata in quel set e quella che sono diventata sono diverse. Non ho tantissima esperienza di cinema: ho assorbito tutto rapidamente. Quello che mi piace di questo film è il messaggio d’amore: ce ne vuole di più in questo mondo che è oscuro. Ti avvicini a Dracula e pensi che sia mostruoso, un assassino, un egoista. Invece è bello capire e re-immaginare l’essenza di questo personaggio misterioso che ci ha ossessionati tutti”.
Matilda De Angelis e quella voce spezzata
In questo cast internazionale c’è anche la nostra Matilda De Angelis, che non sfigura affatto accanto agli altri attori, e dimostra di trovarsi perfettamente a suo agio. È particolarmente brava in una cosa: non andare mai in overacting in un ruolo, quello della donna posseduta, vampirizzata, che per sua natura è sopra le righe. Besson l’ha scelta per la sua voce particolare, spezzata. “Il mio è un personaggio che un momento prima è un gattino che fa le fusa, poi un attimo dopo ti morde. È un animale in gabbia” ci ha racconta l’attrice. “Ero molto nervosa, spaventata all’idea di incontrare Luc Besson, uno dei miei miti assoluti, un po’ perché speravo di continuare ad amarlo come prima anche dopo averlo conosciuto: ora lo amo ancora di più. È stato bello potersi affidare a un regista che mi ha portato esattamente dove voleva che io arrivassi. Si è perso tutta la responsabilità di guidarmi e portarmi dove voleva. Luc è un artista, un visionario, è stato un onore poter essere una creatura della sua immaginazione”.
Una cosa che non trovi su Netflix si chiama arte
Il Dracula di Luc Besson procede tra qualche scelta un po’ bizzarra, come gli iconici gargoyle che prendono vita e diventano assistenti del vampiro (“ho visto Notre Dame e mi sembravano una cosa carina” ha risposto in proposito), alcune cose inevitabilmente già viste e alcuni nuovi punti di vista. La confezione elegante è anche merito del direttore della fotografia, Colin Wandersman. “È una persona fantastica. Un po’ pigro” racconta Besson di lui, divertito. “La cosa positiva è che a Parigi ci sono molti musei, l’ho costretto ad andarci. C’è una cosa nei dipinti che non trovi su Netflix. Si chiama arte, e la trovi nei musei. Lì trovi pittori che hanno messo mesi per realizzare un quadro, ci hanno messo il cuore. Volevo che lui si alimentasse di questo. Di solito un direttore della fotografia sui miei set mette 15 luci, io passo alle sue spalle e ne spengo la metà”.
Attrarre con il profumo
Tra le novità, le idee che Besson apporta al mito di Dracula, c’è il suo modo di attrarre le donne: è il profumo. “Quest’uomo vuole trovare la moglie” spiega il regista. “E, lo dice nel film, non può andare da tutte le parti. E allora deve trovare il modo per cui la donna venga da lui. Potrebbe farlo con la musica, con un annuncio su un giornale, ma non è ancora stato inventato. Il profumo, per me, dal punto di vista della sceneggiatura, sembrava il modo migliore per attrarla. Attrae le donne, ma a lui ne interessa una sola”.
di Maurizio Ermisino
