Donald Trump che è favorevole ai bitcoin, d’accordo con Elon Musk (che appoggiò a suo tempo il Dogecoin, un crypto meme). Il bitcoin che supera i 100.000 dollari di valutazione. Trump che lancia il $Trump (e Melania che gli si affianca con il suo $Melania), guadagnando ‘teoricamente’ qualche miliardo di dollari. Trump che si dichiara contrario al dollaro digitale, firmando un ordine esecutivo che vieta alla Federal Reserve di lanciare la propria CBDC. Trump che vuole difendere il ruolo cardine del dollaro nella transazioni globali. Trump che ordina alla Federal Reserve di costituire un fondo di riserva in bitcoin per “stabilizzare il mercato”.
Un marasma mai visto in precedenza, tra indicazioni e ordini governativi apparentemente contrastanti tra loro e mosse in direzioni diverse che non sembrano rispondere alla stessa logica, ma anzi imboccano strade divergenti. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza, iniziando da ciò che dopotutto si sta muovendo in maniera comprensibile: il bitcoin.
Che cos’è il bitcoin e come si spiega la sua dinamica
In sintesi, il bitcoin è una moneta digitale decentralizzata, che può essere inviata da utente a utente sulla rete bitcoin peer-to-peer senza bisogno di intermediari. Le transazioni sono verificate dai nodi della rete attraverso la crittografia e registrate in un registro pubblico distribuito (blockchain). Ogni volta che un nuovo blocco di transazioni viene aggiunto alla blockchain, i ‘miner’ (coloro che creano nuovi bitcoin risolvendo complicatissimi algoritmi) vengono ricompensati con una certa quantità di bitcoin. La parte fondamentale del progetto di bitcoin è controllare l’offerta totale di bitcoin, che è limitata a 21 milioni, dimezzando periodicamente questa quantità. Riducendo la velocità di creazione di nuovi bitcoin, l’obiettivo è creare scarsità e aumentare potenzialmente il valore dei bitcoin esistenti. L’ultimo dimezzamento è avvenuto il 19 aprile 2024, mentre il prossimo è previsto per il 2028. Il dimezzamento dei bitcoin è un evento fondamentale che influenza l’offerta di bitcoin e può avere effetti significativi sul suo prezzo e sul mercato complessivo della criptovaluta. Ma anche eventi esterni, come l’elezione di un Trump favorevole ai cryptoasset, possono avere un forte influenza su valore del bitcoin, come si vede qua sotto:e
Il punto chiave è che il bitcoin è una valuta (se così vogliamo chiamarla) senza alcun valore sottostante. Fino a quando c’è domanda, il meccanismo si autoalimenta e funziona, e il valore cresce – vi sono articoli che parlano di un milione di dollari tra dieci anni – ma come evidenzia il grafico vi sono momenti di stasi o declino del mercato in cui l’andamento si inverte. Finora ha funzionato bene, ma non vi sono certezze sul futuro…
L’atteggiamento ambivalente di Trump sulle criptovalute
Innanzitutto leviamo di mezzo i meme: $Trump e $Melania non sono vere criptovalute, benché potenzialmente valgano ancora miliardi di dollari, anche dopo i repentini cali da 75 a 15 e da 12 a 1,4 dollari rispettivamente. Sono oggetti di affezione, da collezionare: il valore intrinseco passa in secondo piano. Tranne per chi ha già perso migliaia di dollari: il ‘parco buoi’ che è stato coinvolto come sempre nell’ennesima speculazione inesistente.
Quello che Trump pensa davvero delle criptovalute è espresso nell’ordine esecutivo rilasciato il 27 gennaio 2025, che istituisce un gruppo di lavoro composto dai principali dipartimenti e agenzie federali, incaricato di inventariare tutti i regolamenti, le linee guida e gli ordini relativi ai beni digitali, di raccomandare la modifica e la revoca di tali azioni dell’agenzia, ove opportuno, e di proporre, entro 180 giorni, un quadro normativo che disciplini i beni digitali e la creazione di una riserva nazionale di beni digitali. Il gruppo di lavoro deve affrontare una tempistica aggressiva, con i risultati iniziali che dovranno essere presentati entro 30 giorni.
Coerentemente con il programma di politica estera ‘America First’ di Trump e con l’apparente preferenza per le soluzioni private rispetto a quelle governative, l’Ordine Esecutivo cerca di “promuovere e proteggere la sovranità del dollaro statunitense” sostenendo gli stablecoin legati al dollaro in tutto il mondo, vietando di fatto la creazione o l’uso di una valuta digitale della Banca Centrale degli Stati Uniti, il CBDC (Central Bank digital currency).
Quindi preservare il dollaro come è adesso, un essenziale pivot del sistema commerciale internazionale, e promuovere gli stablecoin basati sul dollaro, non aggredendolo ma affiancandosi ad esso per svolgere un funzione moderatrice. Come candidato, Trump aveva criticato apertamente i CBDC durante la sua campagna, definendoli una “pericolosa minaccia alla libertà” e sostenendo che potrebbero “far sparire improvvisamente il denaro dai conti bancari delle persone”. L’O.E. invita infatti l’amministrazione a “proteggere gli americani dai rischi dei CBDC, che minacciano la stabilità del sistema finanziario, la privacy individuale e la sovranità degli Stati Uniti”.
Allo stesso tempo, Trump ha messo in chiaro che Washington mira a “rafforzare la leadership americana nella tecnologia finanziaria digitale”. Per la felicità di coloro che operano con le criptovalute e i relativi mercati. Ma c’è anche un’altra spiegazione per questa euforia.
Il sogno (o l’incubo) di una riserva in bitcoin
Le criptovalute promettono di essere al centro delle politiche economiche di Donald Trump nel suo secondo mandato di presidente degli Stati Uniti. La sua proposta più controversa è la creazione di una riserva strategica di bitcoin (SBR). Ciò comporterebbe l’acquisto da parte degli Stati Uniti di grandi quantità di criptovaluta nei prossimi anni, da tenere come riserva, simile alla riserva strategica di petrolio del Paese.
Tuttavia, è in gioco un’idea ancora più grande, potenzialmente: un cambiamento significativo nell’ordine economico globale, in cui nuovi attori e nuove forme di moneta iniziano ad assumere un ruolo sempre più importante. E come questo si concili con quanto disposto dal Presidente finora, con l’idea di un ‘dollar first’ che faccia ‘di nuovo grande l’America’, rimane di difficile esecuzione. Perché il dollaro è sotto attacco da anni. Soprattutto negli ultimi tempi i BRICS, con Russia e Cina in testa, stanno faticosamente cercando di costruire un nuovo sistema monetario ‘dollar free’: il trono del dollaro sta scricchiolandoogni giorno di più.
L’equilibrio del potere si sta gradualmente spostando dagli Stati alle società che detengono le criptovalute, alle Borse su cui le criptovalute vengono scambiate e ai proprietari dei fondi di criptovaluta: questo potrebbe essere un momento di svolta. Se gli Stati Uniti, un’altra potenza economica di primo piano (come la Cina) o una serie di grandi economie emergenti (come il resto dei BRICS) diventassero detentori di bitcoin o di altre importanti criptovalute, si potrebbe scatenare una ‘corsa agli armamenti’ delle criptovalute su scala globale. In questo modo, un Paese dopo l’altro si precipiterebbe a rafforzare le proprie riserve.
Attualmente gli USA detengono circa 21 miliardi di dollari in criptovalute: nulla rispetto agli oltre 36 mila miliardi di debito pubblico statunitense, ma queste tendenze hanno il potenziale per rimodellare l’ordine economico globale, incorporando le crypto e il potere infrastrutturale degli attori privati in un regno tradizionalmente dominato dai maggiori Stati e dalle loro valute nazionali. Le ambizioni di Trump per una SBR sottolineano il ruolo crescente delle criptovalute nell’economia mondiale. Ma questi cambiamenti nell’ordine globale sono già in corso, indipendentemente dalla realizzazione dei piani del nuovo presidente per il bitcoin.
Resta da vedere se non si riveleranno un incubo alla fine, per i paesi dell’Occidente.
di Massimo Bolchi