di Maurizio Ermisino
Due ragazzi arrivano su una spiaggia. Guardate i loro occhi: brillano di luce propria. I due aprono una birra e continuano a guardarsi, in silenzio. Lui comincia a cantarle una canzone. Ma non è la sua voce: è il lip synch di una canzone che arriva dal suo cellulare. È Mamma Maria dei Ricchi e poveri. Inizia così il cortometraggio Dive di Aldo Iuliano, presentato in concorso nella sezione Orizzonti alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2023, una toccante e poetica riflessione sull’amore e l’innocenza in tempo di guerra. Dive (che va letto come la parola inglese, che vuol dire tuffarsi) ha iniziato la campagna verso gli Oscar 2025, con la speranza di entrare nella cinquina per il miglior cortometraggio. Facciamo un grande tifo per Iuliano e il suo film: sarebbe una grande cosa per il cinema italiano. Ma anche per il messaggio che porta.
Già Premio Speciale ai Nastri d’Argento
È un cortometraggio che spiazza più volte durante il suoi 12 minuti. Tutto cambia quando, dopo 5 minuti, mentre i due si avvicinano alla spiaggia e poi al mare, leggiamo un cartello con la scritta “Attenzione: campo minato”. I due, allora, seguono delle orme sulla sabbia, per sfruttare il percorso di chi è già passato da lì. E Dive diventa un thriller. E poi è un film poetico, e poi ancora un altro film, che non vogliamo svelarvi. Prodotto da Davide Mogna per la NewGen Entertainment, co-prodotto da Gianluca Lazzaroni e Fabio Canepa per Greif Production, in collaborazione con Rai Cinema, Mompracem, Daitona e lo stesso Iuliano e distribuito da Premiere Film, Dive si è aggiudicato il Premio Speciale ai Nastri d’Argento 2024 ed è stato selezionato nei maggiori festival di cortometraggi nazionali e internazionali, tra cui Busan, Brussels, Visioni Italiane e Cortinametraggio.
Una forma di resistenza contro l’orrore
Dive è scritto da Severino Iuliano, il fratello del regista, che ha immaginato la storia di Roman e Julia, due giovani che si rifugiano su una spiaggia per vivere una coraggiosa e silenziosa forma di resistenza contro l’orrore che li circonda. “Lessi questa sceneggiatura un pomeriggio” ci ha raccontato Aldo Iuliano. “Era il momento in cui arrivavano le prime notizie del conflitto tra Russia e Ucraina. La lettura di questo script così cadenzato si è unito alla paura che la guerra potesse arrivare anche da noi. Ricordiamo che nel mondo ci sono oltre 50 conflitti armati e purtroppo si parla sempre più di morte piuttosto che di vita. Avevamo voglia di raccontare una storia che avesse un senso profondo per noi. Per me il cinema è una grande responsabilità. Severino ha trovato un concept molto forte e molto semplice: due ragazzi che seguono delle orme, che sono anche metaforiche: come esseri umani dove stiamo andando? Tutto questo tumulto ci ha fatto dire: facciamolo questo corto.” “Abbiamo iniziato a vedere dei video su persone che, in territori di guerra, provano a continuare a vivere la loro vita in mondo normale. Era la cosa che mi colpiva di più, ancora più delle bombe”.
La speranza nonostante la guerra
Cambia continuamente genere pur restando un film che ha una sua coesione stilistica. “A me piace utilizzare il mash-up di generi” ci spiega Iuliano. “Il cinema è uno strumento che ha tante potenzialità, una tavolozza ampia di colori. Avevo una storia di genuinità di sentimenti, di normalità che si scontrava con la guerra. Volvo che nei primi momenti lo spettatore empatizzasse e ricordasse la propria giovinezza: mi serviva una canzone spensierata, io stesso volevo stare lì a divertirmi tra i ragazzi. Poi arriva il momento della realtà: le mine sotto la sabbia, e quel cartello che fa capire il luogo in cui vivono. E loro che capiscono il da farsi e devono decidere: stare insieme o rendersi conto e fare altre scelte”. C’è poi un momento poetico e liberatorio. “Quel mondo sott’acqua, immaginifico, volevamo che fosse lo spazio dei loro cuori” ci ha spiegato il regista. “Ci siamo ispirati ad Arthur Diefenbach, un pittore tedesco che dipingeva figure sott’acqua, con il nero che alludeva alla morte e il blu che rendeva vive le figure: abbiamo ragionato su questi colori”. Poi ritorna la realtà più cruda. “È quella che avevamo sugli occhi tutti i giorni” continua. “Ma volevamo tentare di tenere in tutti i modi la guerra fuori dal frame. Volevamo che il racconto rimanesse sul concetto di speranza. Per questo le orme finali non sono intrise di sangue. E un giorno qualcun altro deciderà di andare su quella spiaggia. Come accade veramente nei territorio di guerra, dove le persone vanno al mare nonostante le mine”.
L’apporto di Daniele Ciprì e Marco Spoletini
Aldo Iuliano ha girato questa fiaba moderna con il prezioso contributo di Daniele Ciprì alla fotografia e di Marco Spoletini al montaggio. “Daniele e Marco li conosco dai tempi del mio corto Penalty del 2017” ci racconta. “Mi hanno ascoltato si sono immersi nelle mie ossessioni cinematografiche: questo lo fanno i grandi maestri. Negli anni è nata un’amicizia. Per Dive mi hanno risposto immediatamente. Spesso organizziamo delle cene e dopo un po’ parliamo della storia che vogliamo raccontare. Per me è fondamentale che Severino, lo sceneggiatore, lavori con Marco, il montatore. Ciprì e Spoletini mi tengono a bada sulle mie visioni. Io con le idee su alcune scene apro dei nuovi canali all’interno delle strutture su cui ragioniamo. Quello che ci accomuna è una sincera onestà di intenti e il rispetto della storia che abbiamo deciso di raccontare. È questo che ci tiene uniti come gruppo creativo”.
Mamma Maria dei Ricchi e Poveri è travolgente
Ed è quella canzone che dà una grande spinta empatica a tutto il film. “Di canzoni ne abbiamo sentite tante” spiega il regista. “Ci serviva un pezzo italiano per giocare con le lingue. I due ragazzi fanno un playback e cercavamo un gruppo italiano che fosse popolare nei paesi dell’est Europa. Abbiamo pensato ai Ricchi e Poveri, a Toto Cutugno, Al Bano. Poi la scelta è caduta su questa canzone. È quella che aveva il beat più divertente. Dietro una canzone si possono nascondere anche le backstory dei personaggi: magari quello era un pezzo che sentivano con i genitori, magari lo stavano prendevano in giro, magari a loro piaceva veramente. È un pezzo senza tempo. Sul set, al primo ciak, grazie a quella canzone è stata forte l’energia. Ed è così anche quando proiettiamo il film in sala, ogni volta che parte”. Se c’è energia è anche grazie ai due protagonisti. Veronika Lukyanenko e Danyil Kamenskyi due talentuosi attori di nazionalità ucraina, sono davvero amici e sono arrivati insieme in Italia per studiare recitazione al Centro Sperimentale di Cinematografia. “La chiave è stata la loro amicizia” spiega Iuliano. “Ho scelto loro quando ho visto come interagivano, quando li ho incontrati davanti a un bicchiere di vino. Un produttore mi aveva parlato di Veronika. All’incontro è venuta con lui. Guardando come interagivano ho capito subito che avrebbero funzionato”.
La campagna verso gli Oscar
Per lanciare Dive verso gli Oscar è partita una campagna condotta dalla publicist Catherine Lyn-Scott – che nella sua carriera ha già portato in cinquina 10 cortometraggi aggiudicandosi 6 statuette – e ha fatto tappa a Los Angeles e a Londra. Arriverà anche in Italia con un evento speciale dedicato ai votanti italiani dell’Academy. “Quella tra corti e lungometraggi è una partita diversa” ci spiega Iuliano. “Ma ci sono dinamiche simili. Quello che conta è far vedere il più possibile il tuo lavoro. Gli Oscar mi piacciono proprio per questo: la campagna verso questi premi rispetta molto il lavoro. È finalizzata solo a mostrare il più possibile il cortometraggio. E in una maniera che sia il meno pubblicitaria possibile: vai come autore e presenti il tuo lavoro”. Le prime proiezioni sono andate molto bene. “Non me lo aspettavo” ci ha svelato il regista. “C’è stato un grande coinvolgimento. Le persone hanno voglia di parlare di sentimenti positivi. Volevano affrontare un argomento duro come quello della guerra, ma anche i sentimenti degli adolescenti. E questo mi ha riempito il cuore di gioia. Spero che questa campagna Oscar mi permette di mostrare il film a più persone possibili”.