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È il David delle donne, trionfa Delpero ma anche Golino e Vicario. Disaccordo con il nulla a Parthenope

Elena Sofia Ricci e Mika dal Teatro 5 di Cinecittà di Roma hanno condotto la cerimonia di premiazione, giunta quest'anno alla sua 70ᵃ edizione. Per la prima volta il premio va ad una donna regista. Se possiamo permetterci un commento, Parthenope di Sorrentino meritava di essere tra i premiati
Maura Delpero

Sarà che uno dei premiati, a un certo punto, chiama l’Accademia del Cinema Italiano l’Academy. Ma fatto sta che anche quest’anno l’onda lunga degli Oscar arriva fino ai David di Donatello. E ancora una volta a trionfare è il film che l’Italia ha deciso di mandare a competere agli Oscar come film straniero. Lo scorso anno era stato Io Capitano di Matteo Garrone, quest’anno ha dominato Vermiglio, di Maura Delpero, miglior film e miglior regia, e 7 premi in totale.

Si può leggere questa scelta come quella di dare un riconoscimento importante a un film che abbiamo scelto per gli Oscar, ma che non è riuscito a entrare in nomination. Ma, più di questo, ci sembra la scelta di premiare un altro tipo di linguaggio filmico, uno stile diverso e poco battuto. E, finalmente, è un’edizione dei David che premia le donne: con 3 film su cinque diretti da registe c’era da aspettarselo, ma finalmente è accaduto.

Così, accanto a Maura Delpero, a uscire vincitori da questa tornata sono Valeria Golino e la sua L’arte della gioia, serie tv che è anche un film, essendo uscita al cinema, con 3 David, quelli per le migliori attrici protagonista e non protagonista e la migliore sceneggiatura non originale, e Margherita Vicario con il suo Gloria!, miglior esordio alla regia, oltre che miglior compositore e miglior canzone. Elio Germano, miglior attore protagonista per Berlinguer – La grande ambizione, nel suo discorso ha permesso di esplicitare quello che è stato uno dei fili conduttori della serata, la sensibilizzazione al genocidio di Gaza, a cui più di un artista premiato ha fatto riferimento.

Mentre Pupi Avati, uno che alla sua età non ha più remore (ha ritirato il premio alla carriera) non ha perso occasione per polemizzare sullo stato del cinema italiano. “Cinema Revolution è carina” ha detto rivolgendosi al sottosegretario Lucia Borgonzoni che ha rilanciato l’iniziativa per l’estate. “Ma abbiamo bisogno di qualcosina di più. Il David come è oggi è una cosa meravigliosa, però non assomiglia al cinema italiano. Qui c’è l’opulenza, nel cinema italiano ci sono società piccole, indipendenti che stanno facendo una fatica pazzesca. La cosa più bella che si potrebbe dare è che la Schlein telefoni alla Meloni: non potremmo vederci una mezz’ora con Giorgetti e parlare del cinema italiano?”.

Ovazione in sala. Il grande deluso della serata che si è svolta ieri allo Studio 5 di Cinecittà è Paolo Sorrentino: nessun premio al suo Parthenope, che pure arrivava forte di 15 nomination. Ma il regista napoletano è probabilmente ormai entrato nel novero degli autori già consacrati, da non aver bisogno di premi. Resta comunque che, volendo commentare, ci viene da dire come sia sempre un errore non dare risalto all’eccellenza. Parthenope meritava.

Vermiglio di Maura Delpero vince 7 David

Sono quelli per il Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Produttore (Francesca Andreoli, Leonardo Guerra Seràgnoli, Santiago Fondevila Sancet, Maura Delpero per Cinedora, con Rai Cinema, in collaborazione con Charades, Versus), Miglior sceneggiatura originale, Miglior autore della fotografia (Mikhail Krichman), Miglior suono (Presa diretta: Dana Farzanehpour – Montaggio del suono: Hervé Guyader – Creazioni suoni: Hervé Guyader – Mix: Emmanuel De Boissieu) e Miglior casting (Stefania Rodà e Maurilio Mangano).

Arrivati al momento della declamazione del miglior film, Maura Delpero aveva già un sorriso sulle labbra. Dopo aver già ricevuto sei statuette, evidentemente aveva capito che era il suo momento. “È un film che a cercato una propria grammatica interna” ha spiegato orgogliosa. “È un segnale bellissimo di resistenza all’omologazione del linguaggio”. “Mi chiesero se non fosse anacronistico fare un film sulla Seconda Guerra Mondiale” continua. “Ma come vediamo è un sempre attuale è un film silenziosamente e orgogliosamente antimilitarista. E racconta quando la guerra ce l’avevamo noi in casa”. La regista viene dal documentario, e sul palco dello Studio 5 ha ribadito l’importanza di questo genere, che non va considerato un film minore. “Dobbiamo al cinema del reale il fatto che ci sia una pluralità di sguardo” ha dichiarato. “Ha aperto le porte alle persone che vengono delle periferie geografiche, alle donne. Senza il documentario io non sarei qua”.

L’arte della gioia di Valeria Golino vince 3 David

È stata coraggiosa l’Accademia a candidare l’opera in 14 categorie, ma forse non fino in fondo per premiarla per il miglior film e miglior regia. L’arte della gioia è una serie tv che è anche un film, uscito al cinema prima di essere trasmessa su Sky, e forse i premi principali avrebbero portato altre polemiche. Ma anche l’ulteriore consapevolezza che i confini tra cinema e serialità sono sempre più sfumati. In ogni caso, L’arte della gioia è una grande opera. E lo confermano tre premi importanti: Miglior attrice protagonista (Tecla Insolia) e non protagonista (Valeria Bruni Tedeschi), e Miglior sceneggiatura non originale (Valeria Golino, Francesca Marciano, Valia Santella, Luca Infascelli, Stefano Sardo).

Dalle dichiarazioni si capisce che lavoro grande e sentito sia stato, e che aria si respirava sul set. “Abbiamo lavorato per tanto tanto tempo, quasi tre anni per riuscire a domare il libro di Goliarda Sapienza che ringrazio perché ci ha dato la possibilità di fare questo film” ha detto Valeria Golino. “Valeria, sono diventata qualcosa che non sarei mai potuta essere senza di te” ha dichiarato un’emozionata Tecla Insolia. “Sei la regista dei sogni di ogni attrice e ogni attore”. E ha continuato. “Voglio dedicare questo premio alla mia famiglia, ai libri dimenticati e riportati in vita, alle personalità scomode come Goliarda Sapienza, ai corpi liberi e non cancellati delle proprie identità. E alle terre libere da sempre e per sempre”. “Qualcuno sta rubando la gioia a qualcun altro dall’altra parte del mare” aveva detto poco prima lo sceneggiatore Stefano Sardo.

Gloria! di Margherita Vicario vince 3 David

Il Palmares al femminile di questa edizione continua con la spumeggiante Margherita Vicario, in un vestito rosso, che con il suo Gloria! ha vinto il David per il Miglior esordio alla regia e quelli per Miglior compositore (insieme a Davide Pavanello) e Miglior canzone (Aria! di Margherita Vicario, Davide Pavanello, Edwyn Clark Roberts, Andrea Bonomo e Gianluigi Fazio di cui è anche interpretate). Sono i premi perfetti per valorizzare un film che unisce cinema e musica.

“Ho avuto un’infanzia molto felice, e mio padre e mia madre mi hanno trasmesso la gioia della musica, che crescendo mi sono servite per sublimare certi dolori” ha spiegato. “C’è una frustrazione che tutti condividiamo per gli orrori di cui siamo testimoni, ma anche complici. Spero che i nostri politici investano molto in cultura, istruzione, sanità e un po’ di meno nelle armi”.

Berlinguer – La grande ambizione vince 2 David

Ma forse il discorso più forte e più sentito sulla situazione che stiamo vivendo oggi è di Elio Germano, che ha ricevuto un meritatissimo David come Miglior attore protagonista per la sua incarnazione mimetica di Enrico Berlinguer nel film di Andrea Segre. “Volevamo raccontare tanto del nostro Paese, tante persone che hanno fatto conquiste democratiche, lottando con le loro parole e con i loro corpi” ha detto nel suo sentito discorso. “Voglio dedicare questo premio per tutte le persone che lottano e continueranno a lottare per quella parità di dignità di cui parla la nostra Costituzione. Una donna deve avere la stessa dignità di un uomo, un italiano la stessa dignità di uno straniero, un nero la stessa dignità di un bianco. E, permettetemi di dirlo, un palestinese la stessa dignità di un israeliano”.

Il film su Berlinguer ha vinto anche per il Miglior montaggio, di Jacopo Quadri. Il Miglior attore non protagonista è invece Francesco di Leva per Familia.

Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta è la sorpresa

Il film ha vinto 4 premi, tutti meritatissimi e tutti in quelle categorie tecniche e artigianali che fanno capire che un film è fatto con la massima cura. Si tratta dei David per la Miglior scenografia (Tonino Zera, Maria Grazia Schirripa e Carlotta Desmann), per i Migliori costumi (Massimo Cantini Parrini), Miglior trucco (Alessandra Vita e Valentina Visintin) e Miglior acconciatura (Aldo Signoretti e Domingo Santoro). È uno di quei film passati un po’ in sordina e che andrà necessariamente riscoperto. I premi, in fondo, servono anche a questo.

Napoli-New York di Gabriele Salvatores vince 2 David

E sono quelle piccole grandi soddisfazioni per un film speciale. Il film ha infatti vinto il David Giovani e quello per i Migliori effetti speciali, meritatissimi, visto che sono riusciti a trasformare Trieste in New York. Victor Perez, ritirando il premio, ha detto che ai vfx hanno lavorato 167 artisti, “russi e ucraini che hanno lavorato insieme, creando, non distruggendo”. A proposito di Ucraina, il Miglior documentario è Lirica Ucraina di Francesca Mannocchi. Il Miglior cortometraggio è Domenica sera di Matteo Tortone.

I premi speciali

Il David dello Spettatore, che premia il film visto, con oltre due milioni e 300 mila spettatori in sala, è Diamanti di Ferzan Ozpetek. Il Premio Cinecittà 70 è stato assegnato a Giuseppe Tornatore, premiato dalla sua Malena, Monica Bellucci (“Lo voglio dedicare ai registi e alle registe che stanno girando il loro primo film. Resistete e insistete” ha detto). Un premio speciale è stato assegnato a Ornella Muti, purtroppo assente alla serata. E un altro a Timothée Chalamet che ha ringraziato Luca Guadagnino, “il regista più importante della mia carriera”, e ha dichiarato di aver preso ispirazione da Fellini, De Sica e il suo Ladri di bicilette. L’amore per il cinema italiano è lo stesso di Sean Baker, premiato per il miglior film straniero, Anora. Ancora una volta l’onda lunga degli Oscar arriva fino ai David.

di Maurizio Ermisino