Ci dici in sintesi cosa hai imparato dalla tua vita in termini di valore della creatività?
“Heh, domanda immensa, a cui devo dare due risposte distinte, ma fondamentalmente legate: una generica e una personale. Quella generica riguarda tutto ciò che ho imparato sulla creatività nel corso degli anni, attraverso i mestieri che ho fatto, i libri che ho letto, i testi che ho studiato sull’argomento, e che condenserei in una specifica definizione di creatività: la capacità di risolvere un problema in maniera originale. Il problema può essere linguistico, narrativo, finanziario, architettonico, imprenditoriale, scientifico… qualunque problema ponga la nostra vita, grande o piccolo. La creatività è la capacità di trovare un’inusuale soluzione a quello specifico problema. Quindi, la creatività è, innanzi tutto, la capacità di osservare la realtà da un punto di vista inedito, e di conseguenza, spesso, di cambiare la prospettiva sulla realtà di chi ci circonda. E qui veniamo alla mia personalissima esperienza: la creatività – qualunque forma di creatività, in ogni campo e ambito – ha spostato la mia percezione del mondo, lo ha allargato, riempito di chiaroscuri, di sfumature. Ha reso la mia vita immensamente più complessa, quindi talvolta anche più difficile, ma sempre più vasta e più densa”.
Secondo te, come possiamo continuare ad allenare il nostro pensiero a non omologarsi per comodità, convenienza, pigrizia, accettazione e cosa si riceve in cambio quando si guarda nella propria direzione?
“Ciò che si riceve in cambio direi che l’ho già espresso con la risposta precedente: si riceve la vastità del mondo. Come allenare il nostro pensiero a non omologarsi è semplice, ma non facile: serve soprattutto immergersi per più tempo possibile nelle più grandi menti che hanno solcato la crosta terrestre. Una volta lessi in un libro di psicologia che il valore della nostra vita dipende da dove rivolgiamo la nostra attenzione. È così semplice e così vero: vuoi essere una persona migliore, vuoi rendere la tua vita più complessa e interessante? Metti giù il telefono e vai a frugare nei testi, nei film, nelle opere, nelle canzoni, nei libri, nelle musiche, nei quadri dei geni che ci hanno portato fin qui”.
Ti piace come i brand comunicano, insomma cosa pensi delle campagne pubblicitarie, spot o social che siano?
“Mi piace qualche volta, altre molto meno. Ho lavorato in pubblicità, per non molto tempo e molto tempo fa, e ricordo con grande elettricità la sensazione di vedere intorno a me come l’addensarsi di splendide idee in semplicissime immagini, o poche parole. La stessa sensazione che ho qualche volta davanti a una poesia, per esempio. Eppure ricordo anche con estrema frustrazione come molte di quelle idee, di quei magnifici addensamenti, venissero annacquati o ingrigiti da altre esigenze. Ecco, per tornare di nuovo alla prima domanda, c’era spesso un senso di frustrazione: l’apparire della vera creatività, e poi spesso la sua dissoluzione prima ancora che riuscisse a entrare nel mondo”.
La cosa di cui vai maggiormente fiero?
“La curiosità”.
di monica lazzarotto
Chi è Pietro Grossi
acclamato dalla critica italiana e internazionale come una delle voci più originali della sua generazione, con i suoi nove romanzi e raccolte di racconti – Touché, Pugni, L’acchito, Martini, Incanto, L’uomo nell’armadio, Il passaggio, Orrore, Qualcuno di noi – Pietro Grossi ha vinto alcuni tra i più importanti premi letterari italiani, tra cui il Premio Campiello Europa, ed è stato finalista al Premio Strega e all’Independent Foreign Fiction Prize. Oltre alla scrittura dei suoi libri, da oltre vent’anni Pietro Grossi si dedica all’insegnamento e alla condivisione della scrittura e della lettura in teatri e scuole, come la Scuola Holden di Torino.