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Creatività, impatto sui brand, dimensioni del fenomeno  e l’approccio necessario per le aziende che vogliono essere rilevanti nel social Entertainment, al centro del workshop che Prat e Severino/ Wavemaker, hanno tenuto nella prima giornata di IAB Forum 2019

Julian Prat, Chief Strategy Officer Wavemaker

Prendere spunto dai numeri e arrivare al metodo di lavoro: è il percorso del workshop che Julian Prat, Chief Strategy Officer Wavemaker, e Antonio Severino, da alcuni mesi Content Director Wavemaker, hanno tenuto a IAB Forum 2019.

I numeri danno la misura della quantità di contenuti creati e caricati online: nel 2019, ogni 60 secondi, su YouTube appaiono 500 ore di nuovi video;  ogni 24 ore oltre 1 miliardo di Stories vengono caricate su Instagram e Facebook. Dietro a tutti questi contenuti ci sono soprattutto le persone, che grazie alle nuove piattaforme sono diventati dei produttori di contenuti veri e propri, in competizione con i brand

Il metodo di lavoro, invece, tiene conto della centralità dei creatori, della loro spontaneità, del tema del linguaggio e del tipo di esperienza e valore che il brand può aggiungere.

Julian Prat e Antonio Severino hanno quindi capovolto la questione per analizzare cosa succede online e suggerire come si debbano muovere i brand. “Ecco che allora la parola ‘guarda’ potrebbe essere facilmente sostituita dal termine ‘posta’ o – visto quanto è diventato semplice inventare nuovi contenuti – con il verbo ‘crea’. Una dinamica che ci sembra venga interpretata benissimo, se non addirittura causata, da TikTok”, ha affermato Prat nel corso del suo dialogo con Severino.

Il social che viene dall’Oriente, diventato un gigante dopo la fusione con musical.ly, con una crescita vertiginosa, proprio quest’anno ha superato il miliardo di utenti, due terzi dei quali hanno meno di 30 anni. “In Italia è diventato mainstream solo nelle ultime settimane, grazie a qualche star del mondo dello spettacolo, e qualche politico che, freschi di iscrizione a TikTok, gli hanno fatto guadagnare le prime pagine di molte testate nazionali”, ha spiegato Severino.

Prat e Severino hanno definito meglio cosa renda TikTok diverso dagli altri social che tutti conosciamo ormai molto bene, e perché dovrebbe essere interessante capirne le dinamiche soprattutto dal punto di vista creativo. “Creare un micro-contenuto di 15 secondi con tanto di audio con TikTok è semplicissimo. A partire dall’interfaccia, con contenuto a schermo intero e invasività dei pulsanti di interazione praticamente inesistente, creare il proprio contenuto scrollando la time line è semplicissimo”, ha sottolineato il Content Director Wavemaker.

Qual è l’impatto per i brand, in tutto questo?

“Il primo è sulla creatività, il secondo è sul metodo”, afferma Prat. Relativamente alla creatività, cambiano le regole del gioco e cambiano gli opinion leader. A partire dai meme fino ai creator digitali che producono contenuti su praticamente ogni tematica, la rete – insieme ai big tra le tech company – guida i linguaggi di comunicazione andando a definire cos’è cool e cosa non lo è, cosa è degno di attenzione e cosa no, e quale sia il ‘livello di attesa’ nei confronti dello storytelling e cosa invece è solo rumore.

Per quanto riguarda invece il metodo, è importante ricordare che il piano editoriale sui social resta uno strumento di lavoro, ma non deve essere una gabbia in cui rinchiudere quello che un brand ha da dire. Preferendo la qualità alla quantità, anzitutto, e senza trascurare il tema del linguaggio. “La sfida per i brand, in questo caso, non sarà necessariamente quella di creare i contenuti più ingaggianti e rilevanti: cresce, invece, il lavoro di curation, di selezione e in alcuni casi anche di delega. Costruendo gli strumenti affinché siano le persone a creare i contenuti. Con la consapevolezza che in questo contesto decresce il controllo e il nostro compito principale è quello di selezionare i creator”, ha spiegato Prat.

Antonio Severino, Content Director Wavemaker

“Scrolliamo i feed dei nostri social con una tale velocità, e sommersi da talmente tanti contenuti, che superare la soglia di indifferenza e catturare, in modo rilevante per una marca, l’attenzione delle persone è sempre più difficile. Se dovessimo pensare alle ultime tre cose che abbiamo visto sui social e che abbiamo trovato interessanti probabilmente non c’è il contenuto di un brand: potrebbe esserci un evento di cronaca, un meme e il video di un noto politico diventato (involontariamente?) tormentone musicale”, continua Severino.Le domande che chi lavora nella creatività e nel mondo della comunicazione dovrebbe farsi sono: ‘’Cosa interessa veramente all’audience di questo brand?’, ‘Come posso costruire un messaggio rilevante per pochi anziché inutile per molti?’, ‘Che tipo di esperienza, o valore aggiunto, posso offrire con la mia presenza su quello specifico canale?’ Ma soprattutto: ha ancora senso parlare di big idea”?

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