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Cosa sta succedendo alle agenzie media? Una rivoluzione silenziosa

Ma è apparenza o sostanza? Abbiamo chiesto ad Outcome di aiutarci a capire, partendo da un dato di fatto: il mondo delle agenzie media è in fermento. Negli ultimi mesi i grandi network internazionali hanno annunciato riorganizzazioni che stanno ridisegnando il panorama globale

WPP ha abbandonato la logica delle sigle separate in favore di un modello integrato; Omnicom e Interpublic hanno annunciato una fusione destinata a cambiare gli equilibri di mercato; Publicis continua a spingere verso un’organizzazione sempre più unificata e centralizzata; Dentsu sembra avere messo in vendita il business advertising e media internazionale.

Ci spiega Marco De Paoli, managing partner e Coo outcome#: “Questi annunci hanno avuto un’ampia eco, specialmente sulla stampa di settore, alimentando la percezione di una rivoluzione epocale in corso. In realtà si tratta di una rivoluzione silenziosa, che si gioca su due piani distinti. In superficie, il cambiamento appare soprattutto formale: nuovi team, nuovi referenti, strutture più snelle o ridisegnate, ma dietro le quinte la trasformazione è più profonda. La vera novità sta nello spostamento del potere decisionale: i centri nevralgici vanno sempre di più verso gli headquarter globali”.

Quali allora le implicazioni per chi investe sui mercati della comunicazione?

“Il primo elemento di cambiamento, che può portare ad avere nuovi team, nuovi referenti, ecc, è la chiara dimostrazione che tutti i grandi network sono alla ricerca di una sempre maggior efficienza interna per ottimizzare la struttura dei ricavi e incrementare il più possibile i margini. E’ l’ennesimo segnale che l’epoca delle ‘vacche grasse’ o, se preferiamo, delle agenzie che guadagnavano tanto e generavano ricavi in ogni area d’intervento, è finita. Anzi, per far quadrare i conti c’è una fortissima ricerca di efficienza in ogni ambito, perché i costi (e molto spesso soprattutto quelli legati alla tecnologia ed alla gestione degli sviluppi dell’AI) sono ingenti, mentre i ricavi non sempre sono commisurati e sufficienti a sostenere tutti gli investimenti necessari per competere sul mercato. In proposito, dalle nostre analisi risulta che ad oggi l’impatto dell’AI si concentra sulla sostituzione di macchine al lavoro delle persone con un recupero di efficienza relativamente modesto, mentre l’applicazione dell’AI alla reale trasformazione dei processi di lavoro in ottica di un loro significativo efficientamento è ancora poco diffusa.Per quanto riguarda il dietro le quinte, questo potrebbe, invece, avere degli effetti soprattutto interni alla galassia delle agenzie perché lo spostamento dei centri nevralgici porta a scenari dove la discrezionalità delle sedi locali diventa sempre più ridotta. Non è un dettaglio marginale, potrebbe significare che le strategie vengono sempre più decise a monte, in contesti spesso lontani dalle specificità dei mercati nazionali. Per i grandi investitori su scala internazionale potrebbe rappresentare maggiore coerenza e potere negoziale, ma per le aziende di medio-piccole dimensioni e di carattere locale il rischio di diventare clienti meno prioritari, con minore possibilità di incidere e con condizioni economiche meno favorevoli rispetto a quelle riservate ai big spender, è reale”.

E quindi, rotto il vaso di pandora?

“Onestamente crediamo che questo scenario sia ancora in divenire e in ogni caso non è dato sapere come questi fenomeni si sviluppino effettivamente caso per caso.  Il potere degli headquarter, indipendentemente dai processi di concentrazione di quest’ultimo periodo, è comunque considerevolmente aumentato nel corso degli ultimi 20 anni, ma si sostanzia in modo diverso a seconda delle organizzazioni cui si applica: ogni realtà segue di fatto propri tempi e modalità. Quello, però, che è un trend sottostante tutti questi cambiamenti in corso è il ruolo e lo spazio delle agenzie indipendenti e locali. Se da un lato le aziende globali sono stimolate a fare scelte di partner altrettanto globali sia per logiche negoziali sia per logiche organizzative ed economie di processo, le aziende che operano a livello più locale possono trovare interlocutori altrettanto locali. Tra l’altro le riorganizzazioni dei grandi gruppi liberano risorse umane di qualità che possono essere occupate altrove. Si configura quindi uno spazio sempre più significativo per realtà in grado di offrire ai clienti un supporto attento, convinto, flessibile e garantire la vicinanza territoriale”.

Quali i pro e i contro delle indipendenti?

“I plus di queste strutture sono l’indipendenza da logiche globali, la possibilità di prendere decisioni direttamente all’interno del team con cui l’azienda interagisce quotidianamente e una relazione più diretta e partecipe, meno filtrata da livelli gerarchici complessi. Tuttavia, non vanno trascurati anche dei limiti oggettivi: minor capacità di investimento, minor accesso alle tecnologie più avanzate, rischio di un potere negoziale più contenuto nei confronti degli editori”.

Non scelte semplici, dunque, quelle delle aziende. Per questo entrate in gioco voi?

“Avere un supporto esterno aiuta ad interpretare i fenomeni. Da realtà indipendente e super partes, affianchiamo le aziende nell’analisi di scenari complessi e in costante evoluzione, consentendo di avere una visione completa e oggettiva di quanto sta accadendo e delle specifiche ricadute sul loro business. La nostra esperienza permette di trasformare una fase di incertezza in opportunità, garantendo che le scelte strategiche siano sempre orientate al reale interesse dell’azienda e che portino un concreto vantaggio competitivo. In definitiva, la rivoluzione nemmeno troppo silenziosa in atto nel mondo delle agenzie media non è solo questione di nuove sigle o di cambi di team, stiamo infatti vivendo un mutamento strutturale di cui è opportuno per le aziende comprendere le implicazioni, primo passo per governare, e non subire, il cambiamento”.