Di ieri la notizia dell’iniziativia di Coop Alleanza 3.0 che ha deciso di rimuovere dai propri punti vendita alcune referenze di provenienza israeliana – tra cui arachidi, salsa tahina e dispositivi a marchio Sodastream – in segno di protesta contro le violenze in corso nella Striscia di Gaza e il blocco degli aiuti umanitari imposto dal governo israeliano, scegliendo di inserire nei propri assortimenti – fisici e online – la Gaza Cola, una bibita 100% palestinese nata da un progetto imprenditoriale che destina i proventi alla ricostruzione di un ospedale nella Striscia.
Oggi, via Linkedin, Giorgio Santambrogio, Ceo Gruppo VèGè, rilancia con l’Aperitivo della pace:
“Nei diversi convegni o assise pubbliche dove mi invitano a parlare, ho più volte condiviso la personale sensazione che in futuro (con prodromi già attuali) la scelta da parte dei Clienti di un’insegna non sarà solo definita in base alle variabili retail tradizionali (location, qualità, profondità dell’assortimento, livello promozionale, estrema convenienza, accoglienza, gentilezza del personale, etc), ma sempre più sul livello di empatia valoriale che il singolo cliente prova rispetto all’insegna medesima.
Ecco, quindi, l’importanza dei temi di sostenibilità (soprattutto ambientale, nutrizionale e sociale) e l’ancor più ampio topos della Responsabilità sociale d’impresa.
Una sorta di nuovo assioma: i valori come sagge variabile competitive.
Se è così, comprendo la posizione e la scelta di Coop Alleanza 3.0, anche se la mia visione è molto diversa: anch’io avrei inserito assolutamente in assortimento le Gaza Cola, ma nel contempo, continuando a tenere a scaffale le referenze di arachidi israeliane (oltre alla Tahina), avrei indubbiamente promosso un’attività di co-marketing chiamata l’Aperitivo della Pace.
In tutti i punti di vendita della Distribuzione Italiana, con intelligenti materiali POP, proporre delle degustazioni con a base queste due referenze e, perché no, un banded pack in vendita, con buona parte dei proventi a finanziare la ricostruzione di questo ospedale nella Striscia di Gaza.
In questo modo non si boicotterebbe nessuno (la Gdo costruisce ponti), non si generalizzerebbe, nessun lavoratore israeliano (magari anti Netanyahu) nella fabbrica di arachidi perderebbe il lavoro, nessun cliente taccerebbe alcuna insegna di oscurantismo e nel contempo si manderebbe un bel messaggio palese, chiaro e ficcante”.