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Contest creativi in crowdsourcing. Prezzi bassi, rispetto a cosa? E poi la visibilità internazionale conta se vuoi essere un creativo

Ha vinto il contest 99designs per il tatuaggio di Bon Iver. A chi se non a lui, dunque, potevamo chiedere di esprimersi in merito alla discussione quanto mai attuale (ascolta l’intervista alla manager italiana di 99 designs) sulla svalutazione dei lavori creativi e sul ruolo che piattaforme del tipo di quella che l’ha visto vincitore possono avere in tal senso? Due chiacchiere con Giulio Rossi, artista e designer 

“Le piattaforme per progetti creativi in crowdsourcing offrono ai graphic designer opportunità di guadagno e ampiamento dei contatti, altrimenti molto difficili da attivare. Decidere se partecipare o meno a un contest è scelta personale. Sei tu che sai quanto sia rilevante quel contest per il tuo porfolio, per la tua visibilità, per la tua creatività e per il cliente in questione. E pure se, in relazione al premio in palio, il gioco vale la candela.

E poi, con cosa dovrebbero essere comparati questi compensi? Con quelli delle grandi agenzie, delle piccole, medie, dei mecenati del Rinascimento? Per me conta la possibilità che ti viene offerta. Di imparare a confrontarsi e relazionarsi con clienti da tutto il mondo, di entrare in settori e realtà che difficilmente riusciresti a incontrare, misurare il proprio talento e accrescere le proprie capacità. Ho toccato con mano l’importanza della visibilità e dei riconoscimenti a livello internazionale. Una motivazione che da sola già basta a difendere il crowdsourcing”.

Discorso economico a parte, reputi che chi indice un contest, soprattutto aziende, brand, punti vendita, abbia la competenza per decidere destreggiandosi tra le varie proposte che arrivano. Ci dicono anche 150?
“Anche più di 150 per quanto ricordo. Non posso esprimermi in merito, ma credo che il medesimo discorso valga anche per sistemi creativi tradizionali. E’ sempre una questione soggettiva. Il designer non può e non deve sentirsi sminuito nel proprio lavoro, né tantomeno imporlo, se non venisse scelto, anzi i no aiutano a migliorare e a capire in cosa si è veramente capaci. Può sembrare cinico ma credo che morto un cliente se ne fa un altro. Nel settore del graphic design è fondamentale imparare a proporsi e costruire una solida rete di contatti”.

Cosa ti ha portato questa vittoria, è cambiato qualche cosa poi?
“Ha reso più chiaro il significato del termine esposizione mediatica. Scherzi a parte, ho comunque apprezzato moltissimo gli articoli in cui si faceva il mio nome, da Rolling Stones (Usa e Italia) a LaStampa, Mtv e svariate altre testate. Otre ad aver parlato direttamente con Bon Iver  e gli ho anche confessato che non lo conoscevo prima del contest. Ma la cosa più importante è stata concludere il lavoro per cui ero stato scelto. La sua approvazione finale è stata la mia vera soddisfazione. Qualcosa è cambiato? Ho maggiore sicurezza in quello che creo, grazie all’approvazione e alle crescenti richieste del mio lavoro”.

Come si sviluppa la tua carriera, a quali sbocchi professionali e creativi punti?
“E’ un work in progress  e spero resti così per sempre. E’ più stimolante e divertente avere a che fare con molti clienti e misurarsi con lavori sempre diversi.  Ora mi sto occupando di progetti per cinema, musica, design, arte. In giro per il mondo. Contatti che paradossalmente non ho ottenuto tramite 99 designs. A cosa punto? Alla soddisfazione nell’essere creativo ogni singolo giorno della mia vita.”

Il lavoro che ti piace di più perché più rappresenta il senso di questo mestiere secondo te
“Ovviamente non posso che scegliere il poster che 99designs ha voluto come immagine aziendale per la promozione mondiale.”