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Confindustria Intellect, must 2013: più peso alla consulenza. Riformare Confindustria. Il digitale. Comunicazione ed Expo. Turismo ed esportazioni. Presentando il nuovo Slim Factor, l’indice che misura la salute di un’Italia che sta già reagendo. Ma non va lasciata sola

Ancora in preoccupante flessione, infatti, i consumi, seppur la crisi stia creando nuovi modelli. E’ quanto emerge dalla disanima dei 3 fattori, rapporto import-export, ricettività e consumi, che secondo Confindustria Intellect  (il suo peso è di circa 5 miliardi di euro, fatturato prodotto dalle 1.100 imprese aderenti, articolate in sei diverse Associazioni. AssoComunicazione, Assorel, Unicom, Assoconsult, Fedoweb e Assirm), definiscono lo stato di efficienza del nostro Paese, lo Slim Factor, appunto.

Scoprendo che la ponderata non è valore così negativo, anzi, un certo assestamento c’è. Ma non è il caso di cantar vittoria. Perché se da un lato le imprese che hanno capito il potenziale dell’estero sono riuscite a parare la perdita di fatturato interno (nell’ordine del 30-40%), c’è bisogno di una politica che dia a loro, e alle molte altre ancora escluse, sostegno.

Non solo. Il turismo è la nostra forza. Eppure, nonostante tenga, non cresce (la Francia ci ha raddoppiato per numero di visite). Con l’obiettivo dell’Expo a farsi sempre più impellente, non solo in riferimento al popolo del business, ma anche dei privati. E, ovviamente, chiamando in causa anche la comunicazione (ascolta Beppe Facchetti, presidente Assorel nonché vicepresidente Confindustria Intellect. Dove sono sparite le centinaia di milioni promessi? Perché così poche gare e sempre con gli stessi soggetti?). (segue)

Meglio, la consulenza. Ancora di più, la strategia. Perché sembra che il nostro Paese sia a qualsiasi livello incapace di partire da lì per ragionare il futuro. Si tratti della definizione di politiche industriali e di sviluppo economico, che della costruzione della propria reputazione, comunicando al meglio se stesso, le sue abilità, gli eventi di spicco, i suoi attori.

Puntando il dito anche contro Confindustria. Che nel tempo ha mutuato tutti i difetti dei suoi interlocutori, plasmando la propria stessa organizzazione a quella di sindacati e ministeri (pensiamo anche al conflitto d’interessi insito nel possedere un giornale come Il Sole 24Ore). Risultato, proporzioni elefantiache, costi cresciuti a dismisura, immobilità. E, soprattutto, perdita del ruolo di propulsore economico, di pensiero strategico in grado di indirizzare le politiche economiche italiane.

Al microfono di youmark Diego Masi, presidente Confindustria Intellect.