Il tutto avendo preso avvio dal nuovo format ‘Ma vai da Conad’ di cui è in onda il film di Natale. Ne parliamo con Giuseppe Zuliani, direttore marketing Conad.
In un mercato che non cresce, dove le quote si giocano a suon di servizi, nella ricerca di nuove specializzazioni che garantiscano maggior valore aggiunto, non solo per business ma anche in nome della fidelizzazione del cliente, ruolo che compete anche alla MDD che diventa elemento strategico, lontana dall’ottica della sola convenienza, è azzardato pensare che i brand industriali potrebbero diventare commodity?
La distribuzione ha bisogno di marche forti, non si può sostituire ai brand. Per quanto si faccia crescere la propria, ricordiamo che quella Conad è la prima marca italiana, con 6,5 miliardi di fatturato e crescita sul 2024 del 5,7%, l’innovazione di cui sono capaci i brand industriali è impareggiabile e indispensabile. Sempre che siamo marche con la M. Quindi la risposta è sì, azzardato. Ma i marchi devono innovare, comunicare e guidare il consumo, perché senza di loro non c’è quel faro che attira clienti e stimola l’innovazione. Purtroppo l’industria oggi ha rallentato l’innovazione, serve invece che le Barilla, Ferrero, Lavazza continuino a sviluppare prodotti nuovi, ecocompatibili, e continuino a comunicare i loro valori. Non è possibile immaginare un futuro della distribuzione prescindendo da marchi forti che facciano il loro lavoro.
Veniamo a Conad, abbiamo visto risultati in crescita, contrariamente al mercato, come avete affrontato la comunicazione e il marketing nel 2025 e come continuerete nel 2026?
Il 2025 è stato un anno di quasi rivoluzione per noi. Abbiamo cambiato sia la strategia media sia quella di contenuto, passando a un modello full funnel, con attività mirate a ogni fase del percorso del cliente: campagne di brand awareness principalmente su TV e video, e attività separate per consideration e conversion, con contenuti specifici per ciascuna fase del funnel. Una strategia che ci ha consentito di aumentare la intention to buy dei nostri clienti, di consolidare la notorietà della marca e valorizzare i nostri Kpi. Abbiamo investito su quattro grandi aree: convenienza, food experience e benessere, ecosistema digitale dei servizi e in quelle che noi chiamiamo campagne di comunità, legate alla responsabilità sociale. Per il 2026 confermiamo la strategia, aggiungendo una campagna più specifica sulla qualità dei nostri marchi del distributore. Altro cambiamento importante il media mix, con flight televisivi passati dai 3-5 giorni ai 15-19, favorendo continuità ed evitando picchi eccessivi. Inoltre, abbiamo aumentato di 5 punti il peso del digitale, per seguire in modo più capillare le MDD e le insegne.
A proposito di torta degli investimenti, quanto investirete nel 2026 e come si distribuisce il budget?
Abbiamo approvato un investimento complessivo di 45 milioni di euro. Di questi, circa il 30-33% è già destinato al digitale, con un’ulteriore crescita stimata di 2-3 punti, grazie a social media, influencer marketing e attività digitali integrate. Una parte va anche alle grandi sponsorizzazioni, come il Giro d’Italia, che si è rivelato una macchina di traffico impressionante, tanto che grazie al Giro i nostri asset digitali sono cresciuti mediamente del 40%, il sito del 25% e l’app fino all’80%. Il moltiplicatore dell’investimento è stato circa 3, quindi ogni euro speso ha generato un ritorno proporzionale elevato.
Parliamo di retail media. Come lo state sviluppando?
E’ tutto ciò che un retailer può offrire come asset per raggiungere i consumatori. Abbiamo iniziato con campagne in store su 2.100 negozi con video, 1.400 con radio, per un totale di circa 8.000 video. Ora stiamo sviluppando un progetto basato sui dati, per creare audience profilate da offrire agli investitori. Ci servono nuove competenze, figure per la creazione dell’audience, pianificazione media e rendicontazione. Il progetto sarà operativo da gennaio 2027 e rappresenta una grande opportunità di margine, perché, come si sa, la marginalità della GDO sta calando. Tecnologia e dati sono alla base del progetto, con grande attenzione ai consensi degli utenti e alla qualità dell’audience.
Sarete anche quest’anno a Sanremo?
Sì, stiamo negoziando la partecipazione, perché il Festival è una imprescindibile piattaforma di comunicazione, anche social e digital.
E l’AI?
Non la consideriamo uno strumento creativo autonomo, ma un nuovo processo di lavoro che rende più efficiente ed efficace la preparazione delle campagne. Può aiutare nella valutazione di storyboard o nello sviluppo di contenuti digitali, ma non sostituisce le persone. Per noi il rapporto umano rimane centrale. Non dimentichiamo mai che siamo ‘persone oltre le cose’.
Concludendo, anche alla luce del lancio della nuova insegna Benessity, che risponderà a sette bisogni chiave, benessere fisico e mentale, longevità, sport ed energia, alimentazione specifica, bellezza e controllo del peso, dagli integratori ai medicinali da banco, sino alle consulenze con psicologi, la Gdo deve puntare sulla fidelizzazione per vincere?
Assolutamente. I clienti oggi utilizzano più insegne di prima, pre pandemia la media era di quattro, oggi arriva a nove. Trovare vie per fidelizzare è una delle sfide più grandi per il retail del futuro. Così come la ricerca di ambiti che consentano maggiore marginalità.
di Monica Lazzarotto