“Parliamo spesso di quanti biglietti vengono staccati in sala. Ma poi questo pubblico da chi è composto?”. È con questa domanda che Alessandro Usai, presidente di ANICA ha presentato oggi al MIA, Mercato Internazionale dell’Audiovisivo, la nuova edizione dello studio “Sala e Salotto” di ANICA, curato da Michele Casula, partner di ERGO Research, durante l’evento “Il pubblico audiovisivo fra presenze, profili e frequenza in sala”. È uno studio molto importante. Perché un’industria che non conosce il proprio pubblico di riferimento fa più fatica a immaginare strategie di prodotto e di crescita. Lo studio consente di avere l’identikit dello spettatore dei diversi canali. E di rispondere a una domanda chiave di questi anni. “Lo spettatore che va in sala è lo stesso che vede anche il prodotto in tv e in streaming? Oppure sono pubblici diversi”?
Sala o salotto? Cinema o piattaforma?
In dieci anni è raddoppiato il numero degli over 50 con accesso a pay TV e piattaforme (da 6.283.000 a 14.321.000). Oggi, questa fascia rappresenta il 46% dell’utenza SVOD, rispetto al 31% del 2015. Gli under 35 invece, già digitalizzati prima del Covid, affiancano con naturalezza l’esperienza dello streaming e quella della sala, mentre il contributo alle admissions dei 50+ si è dimezzato nel post-pandemia. A livello assoluto, quelli che hanno pay TV e piattaforme e non vanno in sala sono diventati 15.840.00 da 4.752.00 che erano del 2014, in era pre-Netflix. Quelli che vanno in sala ma hanno anche le piattaforme sono diventati 15.115.000 dai 9.662.000 del 2014. Ma il dato significativo è questo: quelli che andavano solo in sala e non avevano offerta pay TV e piattaforme nel 2014 erano 18.023.000, ora sono 6.386.000. Il calo delle presenze in sala è allora evidente. Per chi va solo al cinema il dialogo con la novità è solo la sala. E la conversione è resa più probabile dal fatto che quella novità non sarà disponibile prima dell’ingresso in finestra free.
In sala platea più ampia, ma meno assidua
Il 2024 segnala un aumento degli spettatori unici, con oltre 2 milioni di italiani in più tornati in sala almeno una volta rispetto al 2023, ma con una diminuzione complessiva degli ingressi: quasi 2 milioni di biglietti in meno. La frequenza media scende così a 2,8 ingressi per spettatore all’anno, nonostante il 42% della popolazione over 3 anni frequenti il cinema almeno una volta l’anno. Questo evidenzia una platea più ampia, ma meno assidua. Cambia infatti anche il profilo anagrafico del pubblico. In crescita il segmento 3-14 anni e i giovani tra 15 e 24 anni, che registrano un incremento dell’11% negli ingressi. Gli under 25, pur rappresentando solo il 20% della popolazione, generano il 43% degli ingressi totali. Al contrario, il contributo dei cinquantenni e oltre, che costituiscono il 50% della popolazione, è sceso al 22% delle admissions, pur rappresentando il 40% dei cosiddetti “moviegoer“. In particolare, il segmento 60+, seppur numeroso, si caratterizza per una frequenza in sala ancora limitata, sebbene nei primi sei mesi del 2025 abbia già realizzato quasi il 60% degli ingressi del 2024. Più in generale, gli ingressi del primo semestre 2025 superano i 18 milioni, ma la media per spettatore (nel semestre) resta sotto i due biglietti. Il pubblico del grande schermo si modifica dunque anche in termini di fedeltà, con il 2024 che vede una «diluizione» della frequenza cinematografica: calano i frequentatori abituali e aumentano gli spettatori occasionali (+2,2 milioni).
Le promozioni sul prezzo
Quando c’è da stimolare la domanda, entrano in campo anche le iniziative promozionali che agiscono sulla leva del prezzo. Tra queste, l’ultima arrivata è il progetto Happy Cinefamily, che punta al pubblico under12 – segmento che esprime 10 milioni di ingressi (ma solo 1,5 milioni riguardano film italiani) – ma soprattutto intende incentivare l’esperienza cinematografica per tutta la famiglia.
La varietà di prezzi che troviamo nelle sale è grande. “Cambia da impresa a impresa da sala a sala, da città a città” spiega Simone Gialdini, Direttore Genrale ANEC e Presidente Cinetel. “Chi va spesso al cinema è molto fidelizzato a una determinata struttura o impresa e sa quali sono le offerte. Ci sono i carnet da 5 o 10 biglietti, in cui il prezzo del singolo biglietto è spesso equivalente al prezzo minore possibile tra le varie tariffe dell’esercizio. Il prezzo medio di un biglietto del cinema è di 7 euro. Ma il percepito, quando si va al cinema, è quello di 10-11 euro, che è considerato tanto”. “Il prezzo ha un impatto se sei alto frequentante” aggiunge Davide Novelli, Amministratore Delegato Cinetel e Senior VP Distribution Piper Film. “Se vai al cinema una volta l’anno uno sconto di tre euro non è il problema”.
Giovani e cinema: i social sono imprescindibili
“Trovo confortanti i dati di questa ricerca” spiega Sonia Dichter, Responsabile Marketing Cinema di 01 Distribution. “C’è una platea di giovani che non esclude i cinema dal proprio orizzonte culturale”. Tra i successi del cinema italiano cita Angelo Duro, C’è ancora domani e Parthenope che, “oltre ad aver intercettato lo zeitgeist del tempo si è giovato di una campagna molto riuscita, incentrata sull’uso dei creator e degli influencer”. “Si fa presto a dire puntiamo sui social” continua. “Ma non è così scontato. Siamo bombardati di stimoli, e i giovani sono più scafati nel capire quando il messaggio di un influencer non è organico ai suoi contenuti. Le campagne sui social ormai sono imprescindibili. Anche Leonardo di Caprio, per Una battaglia dopo l’altra, ha fatto dei TikTok”. Ma sono utili anche i contenuti transmediali, come i podcast e l’eventizzazione del film è efficace, con anteprime e Q&A.
L’esperimento Io sono Rosa Ricci
A proposito dei pubblici di tv e piattaforme e quelli del cinema, Io sono Rosa Ricci, film tratto da Mare fuori, è trasversale a entrambi. “È un esperimento in corso” spiega Dichter. “Un film standalone che si inserisce tra due stagioni di una serie molto amata. È un ponte naturale. Stiamo lavorando a stretto contatto con Rai Digital per la creazione di contenuti studiati fin dalla lettura della sceneggiatura: si tratta di pescare dall’expertise di chi ha creato la serie per capire come riuscire a pescare un pubblico theatrical tra chi fa parte del pubblico di una serie tv”.
La percezione del pubblico sul cinema italiano
Secondo la ricerca, la percezione del pubblico rispetto al trend qualitativo delle produzioni italiane proposte in sala è positiva. Due spettatori su tre ritengono che il cinema italiano stia vivendo un miglioramento qualitativo, mentre 4 su 5 auspicano un maggiore spazio per nuovi talenti, con una forte domanda di inclusione per registe e autrici. “Credo che per il cinema italiano ci sia un problema di percezione” commenta Novelli. “I frequentanti hanno capito che la qualità è più alta. Ma chi non va a vedere il cinema italiano è perché si è creata una fama di non qualità e, non andando al cinema, non si è accorto del cambiamento”. Federica Lucisano, AD di Lucisano Media Group, è reduce dal successo di Io te dobbiamo parlare, con Siani e Pieraccioni. “Cerchiamo di avere delle storie che abbiano capacità di attrarre lo spettatore a livello di originalità, cioè di scrittura” spiega. “L’altro elemento è la composizione del cast. Non abbiamo un grande rinnovamento del nostro parco attori, mancano quei contenitori tv che facevano uscire i nuovi comici. Il web non ha l’efficacia che avevano quei programmi”.
Il coraggio di fare i film per bambini
È interessante il dato degli under 25, che generano il 43% degli ingressi totali, e quello degli under 12, che esprime 10 milioni di ingressi: ma solo 1,5 milioni riguardano film italiani. “Mi ha colpito la crescita di percentuale di biglietti ascrivibili agli under 25” ha commentato il Presidente di ANICA. “In quella fascia la fruizione delle piattaforme non è cresciuta, mentre è cresciuta sulle fasce adulte. Quello che ci deve far molto riflettere è il poco coraggio di chi deve creare il mercato, le linee editoriali di chi finanzia il prodotto in Italia. La cinematografia tedesca produce dei film live action per bambini che sono dei grandi successi. Noi ci avevamo provato con i Me contro Te, ma avevamo la forza dei 6 milioni di follower su YouTube”. Davide Novelli di Piper Film ha anche una riflessione sull’eventizzazione dei film. “A furia di raccontare che un film è un evento la gente ci va due volte l’anno. Il cinema invece è un’abitudine. Ci si andava sempre. Non è come un concerto che costa 70 euro e torna a Roma solo fra tre anni”.
di Maurizio Ermisino