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Censis, 51° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2017. La ripresa c’è, come confermano tutti gli indicatori economici. Bene ristorazione, cultura. Turismo da record. La grande novità delle piattaforme che diffondono servizi digitali video e audio, come Netflix o Spotify. gli utenti di WhatsApp (il 65,7% degli italiani) coincidono praticamente con le persone che usano lo smartphone

Giunto alla 51a edizione, il Rapporto Censis interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase congiunturale che stiamo attraversando.

Le Considerazioni generali introducono il Rapporto sottolineando come si stia chiudendo un lungo ciclo di sviluppo senza espansione economica, secondo processi a bassa interferenza reciproca, in cui il futuro è rimasto incollato al presente. Ora l’immaginazione e la preparazione del nuovo devono fare leva sul binomio tecnologia-territorio Nella seconda parte, La società italiana al 2017, vengono affrontati i temi di maggiore interesse emersi nel corso dell’anno, focalizzando i baricentri della ripresa, ma anche i trascinamenti inerziali che vanno maneggiati con cura, con l’obiettivo di ricomporre un immaginario collettivo che sprigioni forza propulsiva e non lasci prevalere nel corpo sociale il rancore e la nostalgia. Nella terza e quarta parte si presentano le analisi per settori: la formazione, il lavoro e la rappresentanza, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, i media e la comunicazione, la sicurezza e la cittadinanza.

Tra il 2013 e il 2016 la spesa per i consumi delle famiglie è cresciuta complessivamente di 42,4 miliardi di euro (+4% in termini reali nei tre anni), segnando la risalita dopo il grande tonfo. Non sono soldi aggiuntivi per tornare sui passi dei consumi perduti, ma servono per accedere qui e ora a una buona qualità quotidiana della vita. Nell’ultimo anno gli italiani hanno speso 80 miliardi di euro per la ristorazione (+5% nel biennio 2014-2016), 29 miliardi per la cultura e il loisir (+3,8%), 25,1 miliardi per la cura e il benessere soggettivo (parrucchieri 11,3 miliardi, prodotti cosmetici 11,2 miliardi, trattamenti di bellezza 2,5 miliardi), 25 miliardi per alberghi (+7,2%), 6,4 miliardi per pacchetti vacanze (+10,2%). Dopo gli anni del severo scrutinio dei consumi, torna il primato dello stile di vita e del benessere soggettivo, dall’estetica al tempo libero. La somma delle piccole cose che contano genera la felicità quotidiana: è un coccolarsi di massa. Ecco perché il 78,2% degli italiani si dichiara molto o abbastanza soddisfatto della vita che conduce. E ora il 45,4% è pronto a spendere un po’ di più per poter fare almeno una vacanza all’anno, il 40,8% per acquistare prodotti alimentari di qualità (Dop, Igp, tipici), il 32,3% per mangiare in ristoranti e trattorie, il 24,7% per comprare abiti e accessori a cui tiene, il 17,4% per il nuovo smartphone, il 16,9% per mostre, cinema, teatro, spettacoli, il 15,2% per attività sportive, il 12,5% per abbonamenti pay tv o a piattaforme web di intrattenimento. Come viene pagata questa felicità soggettiva quotidiana? Digitale, low cost e anche tramite le rotte cash del neo-sommerso: nell’ultimo anno 28,5 milioni di italiani hanno acquistato in nero almeno un servizio o un prodotto.

Cultura e entertainment come passepartout della contemporaneità

Negli ultimi dieci anni, pur messe duramente alla prova dalla crisi, le famiglie hanno destinato ai servizi culturali e ricreativi una spesa crescente: +12,5% nel periodo 2007-2016, contro il -9,6% nel Regno Unito, -8,1% in Germania, -7% in Spagna (solo in Francia si è registrato un +7,7%, comunque meno che in Italia). Nell’ultimo anno il 52,2% degli italiani (29,9 milioni) è andato al cinema: +5,1% in un anno e +6,7% di biglietti venduti. Gli italiani visitatori di musei e mostre (il 31,1% della popolazione: 17,8 milioni) sono aumentati del 4,1% e gli ingressi del 6,4%. Si segnala poi il boom di acquisti di device digitali: smartphone +190% nel periodo 2007-2016, personal computer +45,8%. Gli utenti di internet che guardano film online sono aumentati dal 19,5% del 2015 al 24% nel 2017 (il 47,4% tra gli under 30). E l’11,1% degli italiani (il 20,6% degli under 30) utilizza piattaforme digitali per lo streaming on demand.

Turismo da record, tra piattaforme digitali e poliedricità dell’offerta

L’Italia è sempre più attrattiva per il turismo domestico e internazionale. Nel 2016 gli arrivi complessivi hanno sfiorato i 117 milioni e le presenze i 403 milioni, con una componente dei visitatori stranieri attestata al 49% del totale. Rispetto al 2008 si registra un incremento degli arrivi del 22,4% e dei pernottamenti del 7,8%. Cresce di più la componente straniera dei flussi turistici: +35,8% gli arrivi e +23,3% le presenze nel periodo considerato. E cresce di più la componente extralberghiera della ricettività: +45,2% di arrivi dal 2008 (addirittura +64,3% di arrivi stranieri) e +10,9% di presenze, a fronte rispettivamente del +17% e +6,4% riferito alla componente alberghiera. Sono proprio gli esercizi extralberghieri ad avere incrementato maggiormente il numero delle strutture attive (+36,9% dal 2008) e dei posti letto disponibili (+10,1%). Nel primo semestre del 2017 gli arrivi crescono di un ulteriore 4,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e le presenze del 5,3%: in soli sei mesi abbiamo avuto 2,7 milioni di visitatori in più, con oltre 10 milioni di pernottamenti aggiuntivi.

I consumi mediatici degli italiani nel 2017: la giovanilizzazione degli adulti.

Nel 2017 la tv tradizionale (digitale terrestre) cede qualche telespettatore (il 92,2% di utenza, con una riduzione del 3,3% rispetto al 2016). La tv satellitare si è stabilizzata intorno a quote di utenza che si avvicinano alla metà degli italiani (il 43,5% nel 2017), cresce la tv via internet (web tv e smart tv hanno il 26,8% di utenza, +2,4% in un anno) ed è decollata la mobile tv, che ha raddoppiato in un anno i suoi utilizzatori (passati dall’11,2% al 22,1%). La radio tradizionale perde 4 punti percentuali di utenza, scendendo al 59,1% di italiani radioascoltatori. La flessione è compensata però dall’ascolto delle trasmissioni radio via internet attraverso il pc (utenza al 18,6%, +4,1% in un anno). L’autoradio rimane sempre lo strumento preferito dagli italiani per ascoltare le trasmissioni che vanno in onda in diretta (utenza al 70,2%). Lo smartphone è utilizzato dal 69,6% degli italiani (la quota era solo del 15% nel 2009). La crescita di internet ha rallentato il ritmo, ma prosegue: nel 2017 ha raggiunto una penetrazione pari al 75,2% degli italiani, con una differenza positiva dell’1,5% rispetto al 2016. La grande novità è rappresentata dalle piattaforme che diffondono servizi digitali video e audio, come Netflix o Spotify. Oggi l’11,1% degli italiani guarda programmi dalle piattaforme video e il 10,4% ascolta musica da quelle audio. I giornali continuano a soffrire per la mancata integrazione nel mondo della comunicazione digitale: oggi solo il 35,8% degli italiani li legge. Per i periodici nell’ultimo anno si è registrata una piccola ripresa, sia dei settimanali (il 31% di utenza, +1,8%), sia dei mensili (il 26,8% di utenza, +2,1%). Ma oggi meno della metà della popolazione (il 42,9%) legge libri (nel 2007 il dato si attestava al 59,4%). Il ruolo degli e-book resta poco incisivo (dal 2,9% di utenza nel 2007 al 9,6% nel 2017). Invece gli utenti di WhatsApp (il 65,7% degli italiani) coincidono praticamente con le persone che usano lo smartphone, mentre circa la metà degli italiani usa i due social network più popolari: Facebook (56,2%) e YouTube (49,6%). Importante è il passo in avanti compiuto da Instagram, che in due anni ha raddoppiato la sua utenza (nel 2015 era al 9,8% e oggi è al 21%), mentre Twitter resta attestato al 13,6%. Parallelamente alla diffusione su larga scala dei device mobili, insieme all’ampliamento delle attività che si possono svolgere grazie ad app e siti web con un notevole risparmio di tempo e di denaro, negli ultimi anni i comportamenti degli adulti di età compresa tra i 30 e i 44 anni sono diventati sempre più simili a quelli degli under 30.

Le nuove soglie della disintermediazione digitale: che cosa si fa sul web e perché

La quota degli italiani utenti di internet che guardano film online aumenta di oltre 4 punti percentuali rispetto al 2015, passando dal 19,5% all’attuale 24%, spingendosi fino al 47,4% nel caso degli under 30. Anche ascoltare la musica attraverso il web è una pratica comune al 39,4% degli utenti (tra gli under 30 si sale al 59,9%). Tra le abitudini che si vanno consolidando ci sono le telefonate attraverso le connessioni web (22,9%). Il 54,2% degli internauti usa la rete per trovare una strada o una località, la ricerca di informazioni su aziende, prodotti e servizi coinvolge il 52,7%. Il 37,7% degli utenti di internet fa e-commerce (7 punti percentuali in più in due anni), il 39,7% l’home banking. Decidere dove passare le vacanze è un’attività realizzata con l’ausilio della rete dal 15,8% degli internauti, il 6,5% in più rispetto a due anni fa. Crescono, anche se in maniera non ancora soddisfacente, gli utenti che hanno sbrigato pratiche con uffici pubblici attraverso un clic: passano dal 12,4% del 2015 all’attuale 14,9%. Prenotare una visita medica usando il web non è ancora invece una prassi abituale: solo l’8% degli utenti di internet lo fa (ma erano appena il 5,1% nel 2015).

L’avvitamento dell’informazione tra fake news e post-truth

Gli italiani che leggono regolarmente i quotidiani a stampa per informarsi durante la settimana si sono ridotti al 14,2% nel 2017 (e ad appena il 5,6% tra i giovani). Al contrario, i social network hanno registrato una forte espansione anche come fonti di informazione: Facebook è utilizzato dal 35% degli italiani (e la percentuale sale al 48,8% tra i giovani). In effetti, nel giro di quindici anni le copie di quotidiani vendute giornalmente sono passate da quasi 6 milioni, nel 2000, a meno di 3 milioni, nel 2016, con una perdita di oltre il 50%. Ma i tg restano ancora il mezzo d’informazione più utilizzato dagli italiani (60,6%). Poi ci sono i motori di ricerca su internet, come Google, che vengono utilizzati dal 21,8% della popolazione per informarsi, e YouTube (12,6%). A più della metà degli utenti di internet italiani è capitato di dare credito a notizie false circolate in rete (spesso al 7,4%, qualche volta al 45,3%, per un totale pari al 52,7%). La percentuale scende di poco, anche se rimane sempre al di sopra della metà, per le persone più istruite (51,9%), ma sale fino al 58,8% tra i più giovani, che dichiarano di crederci spesso nel 12,3% dei casi. Per tre quarti degli italiani (77,8%) quello delle fake news è un fenomeno pericoloso. Soprattutto le persone più istruite ritengono che le bugie sul web vengono create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e che favoriscono il populismo (69,4%).

La flessione nella lettura dei libri e gli squilibri di una dieta mediatica povera di stampa

I lettori di libri a stampa, che nel 2013 erano il 52,1% della popolazione, sono scesi nel 2017 al 42,9%. Il 9,6% degli italiani legge gli e-book: sono in aumento rispetto al 5,2% del 2013, ma non abbastanza. Nel 2006 ad avere una dieta mediatica povera di stampa era il 33,9% degli italiani, mentre nel 2017 il dato è salito al 55,1%. Ciò significa che si sta perdendo sempre di più la capacità di decodificare un testo scritto che richiede dosi di attenzione prolungata nel tempo, esclusività percettiva, consequenzialità logica. Questo è ancora più evidente se si considera che sono aumentate le persone che usano tutti i media, compreso internet, ad eccezione dei mezzi a stampa, passate in dieci anni dal 5,7% al 34,5% del totale. A sostenere l’editoria in Italia sono soprattutto le donne, in particolare quelle più istruite, con il 61,7% di lettrici diplomate o laureate.

I nuovi miti d’oggi

Tra i fattori ritenuti centrali nella società di oggi al primo posto si trova ancora il posto fisso con il 38,5% delle opinioni, seguito però dai social network (28,3%), poi dalla casa di proprietà (26,2%) e dallo smartphone (25,7%): le prime quattro posizioni riproducono in mix inestricabile tra valori tradizionali e icone della contemporaneità. Segue l’attenzione alla cura del corpo (22,7%), poi i selfie (18,9%), che vengono prima del possesso di un buon titolo di studio come garanzia per riuscire socialmente (14,4%) e dell’acquisto dell’automobile nuova (10,2%). Tra i media decisivi nella formazione del nuovo immaginario collettivo la televisione si trova al primo posto con il 28,5% delle risposte, subito dopo internet (26,6%) e i social network (27,1%). Sommando i due dati si arriva complessivamente al 53,7%. Tra i più giovani internet e i social network si attestano insieme al 56% e nella fascia d’età 30-44 anni addirittura al 66,6%, con la tv relegata al 16,3%. Con l’avanzare dell’età cresce l’influenza esercitata dai media più tradizionali, con la tv al 48,9% nella fascia tra i 65 e gli 80 anni. Scarsa è l’influenza esercitata da tutti gli altri media: il cinema si ferma al 2,1%.