“Che cos’è Carosello?” “È una cosa nuova. Una cosa di réclame. Dicono che sarà un totale fallimento. Se ne tenga alla larga”. Era il 1957, ed è questo che si pensava di Carosello. Ma il programma della Rai è diventato un simbolo, un caposaldo della pubblicità in Italia, e un modello che non esiste in alcun posto nel mondo.
È qualcosa che racconta benissimo Carosello In Love, il film di Jacopo Bonvicini prodotto da Groenlandia, che vedremo su Rai 1, in prima serata, domenica 30 novembre. Carosello In Love attraversa quasi 20 anni di storia della tv italiana, dal 1956 al 1978, quando Carosello chiuse per lasciare spazio a un altro tipo di pubblicità, quella americana, quella di 30’’ in cui il prodotto aveva spazio per tutta la sua durata. La storia di questo format viene rivissuta attraverso quella di due personaggi, Laura (Ludovica Martino) e Mario (Giacomo Giorgio), una neoassunta che diventa un’autrice e un regista che si sente tagliato per il cinema, ma farà la storia della pubblicità.
“Laura è una ragazza rivoluzionaria per il suo tempo”, ci ha raccontato Ludovica Martino nella conferenza stampa negli studi di Via Teulada, a Roma. “Si innamora di questa scatola nera e il suo sogno è lavorare in Rai. Va contro quello che vogliono per lei il padre e la sua famiglia. Vuole lavorare, emanciparsi, trovare il suo posto nel mondo. È una ragazzina con gli occhi vispi che pian piano ritroviamo come donna emancipata che riesce ad emergere. Da donna che faceva il caffè trova il ruolo di autrice nei caroselli”.
“Mario è un ragazzo un po’ vanesio, cinico, un intellettuale, ma nasconde una grandissima sensibilità e delle fragilità”, ha aggiunto Giacomo Giorgio. “Mi è piaciuta la possibilità di raccontare l’errore. Arriva sempre nel momento sbagliato negli incontri con Laura, i propositi da regista erano quelli di fare grande cinema. Ma si rende conto che, con la pubblicità, il grande cinema lo aveva fatto eccome. È la possibilità di sbagliare ma non considerarsi fallito, di trovare la felicità in un’altra ottica”.
Era già Branded Entertainment
Carosello In Love è la Rai che celebra se stessa. In questo modo fa intrattenimento e cultura, ma fa anche branding, valorizza la sua legacy, la sua eredità. E racconta quello che, di fatto, è stato il primo esperimento di Branded Entertainment, quando ancora questa parola era una perfetta sconosciuta.
“Carosello non è stato solo un programma, ma un fenomeno di costume”, ha spiegato Luigi Mariniello, Capostruttura Rai. “È stato un linguaggio unico, dove la pubblicità diventava racconto, un laboratorio in cui attori e registi, alcuni molto famosi, hanno avuto la possibilità di sperimentare. Ha creato personaggi, modi di dire, tormentoni. Che sono ancora nell’immaginario di tutti”.
“Il momento di sperimentazione linguistica di Carosello è stato uno spartiacque del mondo dell’audiovisivo”, ha aggiunto Matteo Rovere, CEO di Groenlandia. “Grandi artisti e intellettuali si avvicinavano al mondo commerciale, quello che mia nonna chiamava la réclame, un’eco del Carosello. È un racconto che rimarrà iconico”.
C’era una volta Sipra
Rai Pubblicità allora si chiamava Sipra, e anche la concessionaria ha una sua parte nella storia. Qui il funzionario della Sipra ha soprattutto il compito – si occupava di censure – di raccontarci quello che allora si poteva e non si poteva dire, in tv e quindi in pubblicità: divorzio, reggiseno, mutandine, uccello. E non si poteva dire neanche lassativo né intestino, e questo porterà alla creazione di un grande slogan pubblicitario Ma ci arriviamo fra poco.
Il tono di voce Rai, ma in modo nuovo
Con Carosello in Love Groenlandia riesce in un’opera perfetta: trovare un tono di voce e uno stile che è perfettamente Rai, ma allo stesso tempo fare un prodotto tipicamente Groenlandia, un prodotto fresco e attuale (potrebbe essere La legge di Lydia Poët ambientato nella Rai degli anni Cinquanta), riuscito perfettamente grazie al tono giusto, al ritmo e alla luce.
Le luci sono quelle degli studi: illuminano la scena che deve venire ripresa dalle mdp per gli sketch di Carosello. E siccome noi guardiamo dietro le quinte, i personaggi che ci lavorano, la luce arriva alle loro spalle, conferendo ai personaggi un’aura tutta particolare. Guardate il momento in cui la Laura di Ludovica Martino arriva sul set, e le luci dei riflettori le illuminano i capelli. È come se quelle luci servissero a farci arrivare quell’aura di incanto che dava la tivù all’epoca. Le luci sono la dimensione del sogno, dell’immaginazione, lo scarto tra quella che era la realtà e la resa in televisione. E non solo.
Un fenomeno di massa
Sì, perché Carosello usciva dalla tivù e arrivava ovunque. Nei discorsi tra le persone, nei detti popolari, nei nostri usi. “Abbiamo lavorato per provare a entrare in un tempo in cui la tv era un fattore aggregante, di comunione, in un momento in cui certe frasi, certi slogan, un certo modo di stare nella società stavano prendendo piede”, ci ha raccontato il regista Jacopo Bonvicini. C’è una scena bellissima, in cui si vede il padre di Laura usare la famosa brillantina lanciata da Carosello – che non viene nominata – che è un’ammissione di seguire la pubblicità da parte di qualcuno che diceva di non farla.
“È stato un fenomeno culturale e di massa”, commenta uno degli sceneggiatori, Armando Festa, che curiosamente ha un nome che sa di pubblicità. “Avevo un nonno che parlava con frasi di Carosello. È stato un fenomeno enorme perché è stato un format che esiste soltanto in Italia. Erano mini cortometraggi di due minuti e mezzo, alla fine dei quali veniva messo il prodotto. Ha anticipato il discorso delle serie, perché il commissario della Brillantina Linetti era il protagonista di un racconto che continuava a puntate”.
Quei brand che hanno fatto la storia
A proposito, Carosello in Love immagina che sia nata così la frase di lancio di un famoso lassativo. In un discorso con uno degli autori, Laura si sente dire. “Cercate di far ragionare la censura”. “È una parola” risponde lei. Nasce così “Falqui. Basta la parola”. Probabilmente non è vero, ma è verosimile.
E così, per questioni di racconto e di diritti, scorrono lungo il film dei momenti importanti di Carosello. In alcuni non si nomina il brand. Vediamo Nino Manfredi, Caballero e Carmencita, Calimero. In alcuni casi entrano in scena i brand e i prodotti: “Vecchia Romagna Etichetta Nera, il brandy che crea un’atmosfera, “Cynar, contro il logorio della vita moderna”, e “quel motivetto che mi piace tanto, che fa Dou Dou Dou Dou Dou, Doufour”.
Il ‘format’ che ha lasciato il segno
Il film racconta vent’anni di Carosello. Oltre a raccontare le pubblicità più famose, sceglie di affrontare alcuni momenti chiave. “Abbiamo raccontato il passaggio dal Carosello didattico a quello dell’intrattenimento, i tormentoni, l’arrivo dell’animazione e il Carosello della chiusura”, racconta Festa. E nell’ultimo Carosello c’è Raffaella Carrà. Nel 1978 nasce una nuova era, come dicevamo. Gli spot di 30’’, all’americana, in cui l’attenzione è tutta sul prodotto. Nel 1976, intanto, Carosello aveva raggiunto 20 milioni di spettatori ed era entrato nei cuori di almeno 3 generazioni.
Quelli che andavano “a nanna dopo Carosello” sono stati tanti. Eppure, anche una volta che Carosello è stato chiuso, la sua influenza sulla pubblicità è continuata per anni. Molti degli spot degli anni Ottanta e Novanta erano molto più narrativi, evocativi, sognanti di quelli che sono venuti dopo, con il mondo dei social. Ce lo ha fatto capire anche Ludovica Martino nella videointervista che trovate qui sopra. Come diceva un’altra pubblicità, successiva ma figlia del Carosello, “meditate, gente, meditate”.
di Maurizio Ermisino
