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Con Carolina Crescentini il piacere è potere. Netflix celebra Adelina Tattilo in Mrs. Playmen

Tra femminismo, scandalo e rivoluzione culturale la nuova serie presentata alla Festa del Cinema di Roma racconta la storia vera della direttrice della prima rivista erotica italiana

“Quando prendi una batosta fatti bella. È il miglior modo per ripartire”. Lo diceva Adelina Tattilo, imprenditrice e pioniera dell’imprenditoria femminile italiana, una persona che l’ONU ha dichiarato tra le 30 donne più importanti al mondo, insieme e Indira Gandhi e Simone De Beauvoir. Adelina Tattilo, con il volto di Carolina Crescentini, è la protagonista di Mrs. Playmen, la nuova, attesa serie Netflix, prodotta da Aurora TV, che è stata presentata oggi alla Festa del Cinema di Roma e che vedremo sulla piattaforma dal 12 novembre. È la storia della direttrice della prima rivista erotica italiana e una forza rivoluzionaria nella Roma conservatrice e moralista degli anni Settanta. Quando il marito, Saro Balsamo, la abbandona lasciandola sola ad affrontare i creditori come unica proprietaria di un impero sull’orlo del collasso, Adelina non si arrende. Reinventa Playmen trasformandola in una pubblicazione sofisticata e all’avanguardia e, sfidando il maschilismo radicato dell’epoca, riunisce attorno a sé un team di intellettuali brillanti, creativi audaci e fotografi visionari.

Pornografia o rivoluzione culturale?

È sempre questa la domanda che ci si pone di fronte a storie del genere, quelle di personaggi che sfidano a loro modo l’establishment in nome di una liberazione del senso del pudore che non è solo culturale ma anche politica. La storia di Mrs. Playmen è ancora più interessante perché a farlo è una donna. E allora la sfida che Adelina deve affrontare è doppia. Essere un’imprenditrice in un mondo ancora non accettato, come quello delle riviste erotiche. Ed esserlo in un’epoca in cui le donne erano relegate al ruolo di madri e casalinghe. “È una donna che si trasforma, scopre un coraggio che non sapeva di avere, scopre di essere in gamba e libera” racconta Carolina Crescentini. “Scopre di non essere solo la moglie e la madre di, ma molto di più. E si ritrova trova ad avere le redini di una redazione di una rivista erotica. Prima deve essere accettata da queste persone che non amano l’idea di avere un capo donna. Poi deve imparare un mestiere, sia dal punto di vista gestionale che dal punto di vista creativo. Deve sfoltire la redazione, in modo che chi non la rispetta non ci sia e affidarsi a chi lo merita. E ci prende gusto. E scopre che le piacerebbe lasciare un’impronta anche nel cambiamento della società nei suoi passaggi chiave”.

Il modo di raccontare le donne è cambiato

È questo che qualcuno ha chiesto oggi nella conferenza stampa all’Auditorium. E non è che il fatto di raccontare queste donne forti oggi sia una moda, mentre le donne forti lo sono sempre state? “Da alcuni anni gli sceneggiatori hanno cominciato a raccontare un certo tipo di donne, che prima esistevano ma erano raccontate come la moglie, l’amante o l’oggetto del desiderio del protagonista” riflette Carolina Crescentini. “Nella serie c’è una rifrangenza con l’oggi che ha a che fare con la perdita delle vittorie delle nostre madri e delle nostre nonne. Parliamo di delitto d’onore, che chiamiamo femminicidio, di matrimonio riparatore, di stupro che lede il senso del pudore pubblico e non la persona. Parliamo di Macerata, dove un uomo è stato assolto in primo appello, senza neanche un anno da scontare, perché chi ha stuprato non era vergine. Se guardiamo il passato e vediamo che, dopo 50 anni, siamo messi ancora così, ci dovremmo arrabbiare tantissimo. La storia di Adelina Tattilo è quella di chi ha sfidato una concezione che voleva un possesso maschile sul corpo femminile. Lei sta dicendo: ‘riprendiamoci il nostro corpo. E poi ne facciamo quello che vogliamo’. È una corrente successiva del femminismo, il primo femminismo era più intransigente e non avrebbe mai tollerato questo”. “Stiamo attenti: l’Italia conservatrice che aveva la buon costume la stiamo permettendo” aggiunge. “Prima degli anni Settanta c’erano i manicomi e c’è voluto Basaglia per chiuderli” continua. “Lì ci andavano le madri single, i bambini vivaci. La cosa grave è che la società ha tollerato che esistessero questi luoghi. La società ha tollerato, e sta ancora tollerando, che non vengano concessi negli ospedali gli aborti. È arrivato il momento che la società di renda conto che bisogna fare qualcosa. Se 50 anni fa era accettabile oggi non lo è più. Questa serie vuole dire: ‘Signori, ho studiato un’epoca pensando che fosse un’epoca, e invece è l’oggi’”.

Carolina Crescentini diversa dal solito

L’attrice è ancora più matura, ancora più consapevole e padrona della scena. Carolina fa suo il personaggio suo e ha la presenza in grado di fare quello che deve fare Adelina: dominare la situazione che sta vivendo. Carolina Crescentini ha questo potere, questa magia: è una ragazza minuta, ma quando arriva sullo schermo, si trasforma, diventa imponente, autorevole, carismatica.

Quello in cui si muove Adelina è un universo fatto ad uso e consumo degli uomini. E gli uomini, ovviamente, sono quelli che dispongono. Così Saro, il marito di Adelina, quando capisce che le cose si mettono male, la nomina direttore responsabile e sparisce, lasciando che ad essere accusata sia lei. “Il mio è un personaggio di fantasia che richiama una certa realtà, un uomo spregiudicato in tutto, affari, lavoro, rapporti affettivi e professionali” ci spiega Francesco Colella, che interpreta Saro. “È un uomo rimasto imprigionato nella sua epoca, che contempliamo forti della nostra evoluzione per vedere quanto siamo cambiati. È il progenitore di tanti uomini che oggi agiscono in maniera ignominiosa e criminosa nei confronti delle donne. Se ne parla molto, ma nella realtà la situazione è peggiore di quanto fosse all’epoca. C’è tanta ipocrisia. Le donne che subiscono violenza non trovano protezione nelle istituzioni, nelle caserme. Se vanno a raccontare le violenze, non si occupano di loro”.

Piacere femminile, ma anche divorzio e aborto

“Abbiamo dato le tette agli italiani. Ora gli italiani vogliono di più”. È questo il motto del nuovo Playmen, che Adelina si trova suo malgrado a dirigere. E che decide di cavalcare, di cambiare, di plasmare secondo quella che era la sua idea e il suo messaggio. La prima svolta è chiara: dopo aver mostrato nude le star, ora vuole mostrare le donne italiane. E poi comincia a portare nella sua rivista tanti argomenti chiave della società. “È una rivista maschile ma può essere letta anche dalle donne” riflette Carolina Crescentini. “Adelina allora vuole fare in modo che le persone che partecipano a questa rivista, soprattutto gli scrittori, siano molti degli intellettuali del tempo. È arrivato il momento, per la società ma in primis per lei, di capire che la donna è una protagonista e non solo l’oggetto del desiderio. Così la rivista parla di piacere femminile. Ma anche di altre cose, delle battaglie legate al divorzio, all’aborto, parla di transessualità e omosessualità. Adelina vuole riprendersi quello che non ha mai avuto. Ma lo scopre piano piano: la serie racconta un percorso, la presa di consapevolezza attraverso la quale sboccia questa donna”.

I favolosi anni Settanta

Siamo ormai abituati, nel nostro cinema e nella nostra serialità, a vedere ricostruzioni d’epoca del recente passato. Gli anni Ottanta e gli anni Settanta sono passati sui nostri schermi molte volte. La ricostruzione dei Settanta di Mrs. Playmen ci sembra particolarmente riuscita. La fotografia avvolge quegli anni di luci dorate e di neon violacei e porta la storia dentro interni rivestiti di legno caldo, dalle forme definite, fatte di linee nette, dritte o rotonde. Ma gli anni Settanta di Mrs. Playmen non sono solo l’immagine. C’è molto altro. “Abbiamo lavorato per avvicinare gli anni Settanta ad oggi” racconta il regista Riccardo Di Donna. “Abbiamo raccontato gli anni Settanta scintillanti, colorati, allegri: abbiamo preso la parte buona. Abbiamo voluto raccontare che i cambiamenti che i giovani vivono oggi e danno come assodati sono cominciati un po’ di anni fa. E che certe cose che oggi sembrano normali sono così perché allora sono stati vissuti quegli anni”.

di Maurizio Ermisino