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Brunello Cucinelli e il suo capitalismo umanista. Un film di Tornatore per raccontare il visionario imprenditore

La produzione, che unisce documentario e cinema di finzione, offre una visione intima e innovativa della sua carriera, con un'impronta di valori filosofici e sociali che pervadono il suo lavoro

“Per il mondo è difficile non dare del matto a un visionario”. Si autodefinisce così, Brunello Cucinelli, in un passaggio del film Brunello, il visionario garbato, il film documentario firmato da Giuseppe Tornatore, prodotto dallo stesso Cucinelli con Masi Film e Rai Cinema. Il film sarà nelle sale il 9, 10 e 11 dicembre (con una proiezione l’8 a Perugia) ed è stato presentato a Roma tra ieri e oggi, con una prima a Cinecittà e un’anteprima con conferenza stampa tra il Cinema The Space e il prestigioso Teatro dell’Opera. Brunello, il visionario garbato, è una chiara operazione di Branded Entertainment, anche se nessuno lo chiama così. È un film prodotto dallo stesso imprenditore e, a differenza di molti di questi prodotti che rimangono sui canali proprietari, arriva nella sede più nobile, la sala cinematografica, diventando così vero intrattenimento. È un film che sta a metà tra il cinema di finzione, in puro stile Tornatore, il documentario e il film aziendale. I due premi Oscar, Tornatore e Piovani, che ha scritto le musiche, lo elevano a qualcosa di più.

“Ho visto tanti docufilm usciti quando la persona era già nella tomba” esordisce Cucinelli in conferenza stampa. “Volevo provare a fare questo da vivo, in modo che le persone potessero sentire la mia voce. Ho chiamato Giuseppe: il mio film preferito è Nuovo Cinema Paradiso. E per le musiche il Maestro Nicola Piovani. Abbiamo iniziato questa avventura senza darci tempo: ci abbiamo messo tre anni, due anni di riprese e uno per il montaggio”. “Quando mi ha chiesto di fare un documentario su di lui sono stato restio” aggiunge Tornatore. “Parlava di un lungometraggio. Non capivo, dovevo fare una pubblicità o cosa? Mi sono defilato. Ma ha insistito come sa fare lui. Le riprese sono state spalmate su due anni, ma non continuativi: ha accettato una lavorazione episodica”.

La storia di Brunello Cucinelli è di quelle che piacciono al cinema

È quella di un uomo che è venuto dal nulla, è cresciuto nella povertà e, una volta trasferitosi a Ferro di Cavallo, vicino a Perugia, dove il padre lavorava in fabbrica, ha passato qualche anno a fare niente, frequentando il bar, giocando a carte, studiando però le persone. Si è avvicinato alla moda per caso, grazie alla moglie Federica che aveva preso una boutique. E grazie alla Ellesse, lo storico brand di abbigliamento sportivo per cui faceva l’indossatore e dai cui manager ha carpito diversi segreti. E poi c’è l’Umbria, una terra in cui ovunque si filava e si faceva la maglia. Sente parlare del cachemire: un filato che non si rovina e non si butta mai via. Lancia allora la sua impresa con la materia più nobile. Allora un pullover di lana poteva valere 5mila lire: Brunello punta a un prodotto, ma di qualità.

Una grande idea

È quella di puntare su un nuovo prodotto. I pullover allora erano grigi, beige, cammello. Lui decide di portare a questo capo colori unici: gli arancioni, gli azzurri, i viola. E una linea diversa, capi più lunghi e più sciancrati. È curioso il fatto che oggi il marchio Brunello Cucinelli – che a un certo punto, per resistere sul mercato globale, è dovuto passare dal monoprodotto al total look – oggi sia famoso soprattutto per le tinte neutre. E guai a parlargli del verde. Come dicono i suoi dipendenti, devono proporgli locuzioni come “grigio con venature salvia”.

Brunello Cucinelli verso il mondo

Ma, quando ancora il suo prodotto non è conosciuto nel mondo, a una fiera in un hotel di Monaco di Baviera, gli strateghi di Cucinelli hanno una sorprendente idea di marketing, a metà tra mercato e teatro. In quel luogo tutte le porte delle stanze sono aperte e ben visibili. Quella della stanza di Brunello resta chiusa. Ed escono delle persone, istruite ad arte, che, in tedesco, parlano del prodotto eccezionale. “Quando siamo andati in Germania e non ci conosceva nessuno, delle persone elegantissime e dicevano ‘complimenti signor Cucinelli’” ci racconta oggi. “Non sapevamo niente. Credevo che mode haus fosse il nome dei vari negozi: invece voleva dire casa di moda”. Tutte le persone, così, si chiedono cosa ci sia dentro quella stanza. È una strategia “teaser” che allora fa volare i prodotti. E poi sarà New York. E la Cina. Con un altro fortunato avvenimento: una testimonial per caso, l’attrice Liu Tao, che per girare una soap opera che ha poco budget, decide di comprarsi da sola gli abiti. Sono tutti di Brunello Cucinelli. E la cosa crea molta curiosità attorno al marchio, che sbarca anche in Oriente.

Prodotto e valori

Non parla mai di prodotto, Brunello Cucinelli. Ma ti dice “io ho questi valori e ti garantisco che il mio prodotto esca da questi valori”. Si dice che un prodotto di qualità non basti, ma che si deva dare a quel prodotto una storia. Brunello Cucinelli gli dà una storia e anche una filosofia. Nel senso che la sua impresa nasce da un modo di pensare, e anche nel senso che la filosofia – da Socrate, Platone, Aristotele fino a Kant – pervade le sue letture, i suoi interessi e ne fa un imprenditore illuminato. La sua idea è quella di un “capitalismo umanista”: non è una contraddizione, ma una crescita che sia attenta anche all’uomo. “Ogni cosa deve essere contemporanea al nostro tempo” spiega l’imprenditore. “Perché non può esserlo il capitalismo? Marco Aurelio diceva se vuoi essere credibile devi essere vero. I tuoi dipendenti sanno quanto guadagni. Se non diamo dignità economica al lavoro chi farà l’operaio domani? Il giusto profitto non pensate che sia un concetto importante? Siamo quotati in borda, e dobbiamo fare il giusto profitto: ma se non troviamo l’equilibrio tra profitto e dono come andiamo avanti? Il lavoratore deve avere un giusto salario e deve essere considerato un’anima pensante. Se qualcuno offende qualcun altro da noi viene licenziato”.

Una lunga partita a carte

Giuseppe Tornatore prende l’idea chiave da una grande passione di Cucinelli per le carte. “Nella sua storia c’erano degli elementi” racconta il regista premio Oscar. “E l’elemento scatenante è stato il gioco: così ho deciso di girare il tutto come se fosse una partita a carte”. E la vita di Brunello è stata questo: lo studio, le mosse giuste, gli assi calati al momento opportuno. Le riprese di lui che gioca sono il filo conduttore di un film che alterna interviste, un viaggio nella sua azienda, (poco) materiale di repertorio e un film di finzione per i primi anni dell’imprenditore. “L’idea è nata dalla volontà di ricostruire parte della sua storia” commenta Tornatore. “Altrimenti avrei fatto solo un’intervista. Materiali di repertorio ce n’erano pochi. Così abbiamo deciso di girare la sua storia come se fosse un film. ma è tutto vero. Per la scena del treno abbiamo dovuto richiederlo. Così avevo chiesto se c’era ancora la casa dove era nato e cresciuto. Era ancora lì, circondata dal nulla. E ho deciso di girare delle cose là. Quando l’ho detto a Brunello, ha detto: “la compro”. Nasce tutto da suoi racconti. Che ho verificato nelle interviste con gli altri. Perché Brunello sa anche colorire le cose che racconta…”

Giuseppe Tornatore: “Non farò un film su Dolce & Gabbana”

Il piccolo mondo antico, contadino e povero, ben si addice al racconto di Tornatore, con l’Umbria rurale che è vicina a certi racconti della sua Sicilia cinematografica. In questi momenti, l’idea è mescolare finzione e realtà: il vero Brunello, quello di oggi, a volte mette il piede in scena, e rimane, da osservatore, a guardare l’azione della sua vita da bambino e da ragazzo. All’inizio e alla fine del film ci sono due momenti di grande cinema: una panoramica sulle vigne illuminate da centinaia di fuochi (che servono a salvare le gemme della vite dal ghiaccio) e un movimento di macchina all’indietro lungo una tavolata da mille persone, che chiude il film. Quanto al futuro di Tornatore e ai legami con il mondo della moda, ci si chiede se sia vero il progetto di girare un film su due altri famosi stilisti. “Non sto lavorando a un film su Dolce & Gabbana” nega Tornatore. “Con Stefano e Domenico abbiamo fatto molte cose insieme, ci avevamo pensato, ma poi non se ne è più parlato”.

di Maurizio Ermisino