“Il branded entertainment è la forma di comunicazione più efficace nel creare un ponte autentico tra brand e persone”, ha dichiarato questa mattina Emanuele Nenna, Presidente di OBE, alla presentazione dei risultati dell’analisi ‘Stato del mercato Branded Entertainment 2024/2025’, realizzata in partnership con RTI, in collaborazione con Ipsos Doxa e con il supporto di UPA.
“Crescono gli investimenti e soprattutto cresce la consapevolezza che il BE sa generare risultati concreti laddove altri strumenti faticano: costruire fiducia, familiarità e un legame duraturo con i consumatori. La vera sfida per il futuro sarà accompagnare la crescita del OBE verso la piena maturità, rendendolo un asset sempre più centrale e strategico per le aziende”, ha proseguito. “Nonostante il Brand Entertainment stia già crescendo, lo fa a ‘marcia ridotta’ rispetto al suo potenziale. Nei prossimi anni, vorremmo generare ancora più contenuti che, a loro volta, aumentino la consapevolezza, portando a una maggiore crescita del mercato e – di converso – degli associati”.
I numeri dell’anno scorso
Il 2024 si è chiuso con investimenti pari a 732 milioni di euro (+8,5% rispetto al 2023), un risultato superiore alle attese che porta il branded entertainment a rappresentare il 7% sul totale degli investimenti pubblicitari, confermandone il ruolo sempre più centrale all’interno del media mix. La quota sale al 20% per quei brand che già lo considerano una componente strategica e pienamente integrata nei propri progetti di comunicazione.
La distribuzione stimata degli investimenti BE nel 2024 conferma la leadership complessiva del video. La televisione (broadcaster, streamcaster e Pay TV) si mantiene al primo posto con il 36%, mentre social media e piattaforme di intrattenimento digitale crescono fino al 33%, riducendo ulteriormente il divario. Seguono l’editoria online (10%), le owned properties dei brand (7%), l’OOH e le attività sul territorio (5%), l’editoria cartacea (4%) e i canali audio-only (4%).
“Dobbiamo segmentare, mappare bene e definire che cosa è il Brand Entertainment oggi. Ho già detto, appena arrivato alla presidenza, che dobbiamo allargarlo per includere lo sport, la musica e il territorio, oggi categorizzati sotto il termine di OOH”, ha ripreso Nenna. “Un modo per allargare la definizione non è solo dirlo, ma è soprattutto misurarlo. Non basta dire che un’azione è Brand Entertainment; dobbiamo misurare quanto vale in termini di potenziale di ritorno, non solo sull’investimento. Ad esempio, un’azione come il campetto da basket rifatto da Visa sotto casa mia a Milano andebbe misurata per vedere che cosa generi di positivo per il brand, non limitarsi ad osservarlo come un’azione di social commitement”.
Analizzando comunque le dinamiche dei diversi mezzi, emerge una distinzione significativa: in TV prevale la brand integration (il 75% vs il 25% delle produzioni originali), mentre nell’ambito digital il rapporto si inverte, con il 75% destinato alle produzioni originali. Una differenza che riflette la diversa funzione dei due ecosistemi: la televisione resta il contesto privilegiato per sfruttare le audience, mentre il digitale si afferma come lo spazio ideale per creare nuove relazioni attraverso linguaggi nativi e contenuti originali.
“L’aspetto decisivo oggi è la misurazione”, ha confermato Erik Rollini, Consigliere di OBE e Managing Director Essence Mediacom. “Spesso si pensa che sia già una prassi diffusa, ma la realtà racconta altro. Eppure, oggi il branded entertainment è misurabile con metodologie consolidate: dal tracking con indagini a campione, ai modelli multivariati sulle vendite e su altre variabili di performance. OBE ha messo a sistema strumenti semplici, accessibili e super partes, a supporto di brand e operatori. Ora la priorità è diffondere questa cultura; perché solo misurando si cresce e si trasforma l’esperienza in valore concreto”.
La stima complessiva per l’anno in corso
Per il 2025 gli investimenti sono stimati in 783 milioni di euro (+7%), un dato che rafforza il trend positivo già in atto. Restano tuttavia diversi gap da colmare, che mostrano come il comparto presenti ancora ampi margini di crescita.
Il primo si collega alla disponibilità di risorse: il 58% degli intervistati afferma che investirebbe di più in branded entertainment se disponesse di budget di comunicazione più consistenti. Questo evidenzia come il BE venga ancora spesso considerato un elemento accessorio, tattico e non sempre integrato nella strategia complessiva di comunicazione. Un secondo aspetto riguarda la visione: il 20% degli intervistati dichiara di adottare un orientamento di breve periodo, un approccio che rischia di ostacolare la costruzione di narrazioni solide ed efficaci.
Infine, emerge un tema di conoscenza: il 39% segnala la necessità di maggiori evidenze sull’efficacia del branded entertainment, facendo emergere una comprensione ancora parziale degli strumenti di misurazione e una definizione degli obiettivi non sempre allineata. Questi elementi confermano come il mercato sia ancora in una fase di maturazione, ma al tempo stesso rappresentano occasioni concrete di miglioramento e la leva per sprigionare appieno le potenzialità del branded entertainment all’interno delle strategie di comunicazione.
Occorre una visione di lungo periodo
“L’analisi presentata da OBE ha confermato che il branded entertainment è una leva capace di generare valore reale per i brand”, ha sottolineato Anna Vitiello, Direttore Scientifico di OBE. “La sua efficacia va oltre l’awareness, incidendo su dimensioni più complesse come la familiarity e il trust, KPI tra i più sfidanti da attivare. Per liberarne appieno il potenziale servono però una maggiore integrazione strategica, una visione di lungo periodo, l’utilizzo sistematico della misurazione e una regia in grado di valorizzare il contributo di tutti gli attori coinvolti. Solo così ogni euro investito potrà tradursi in un ritorno concreto di valore. Perché definendo obiettivi chiari e coerenti e misurando l’efficacia si costruisce il risultato”.
A proposito di Intelligenza Artificiale
“Il beneficio principale dell’intelligenza artificiale è il suo aspetto quantitivo”, ha concluso Nenna approfondendo un aspetto dell’analisi. “Ma la qualità produttiva sta migliorando, al punto che presto non distingueremo più ciò che è fatto dall’AI. L’unica cosa, o una delle poche, che l’Intelligenza Artificiale molto probabilmente non riuscirà mai a fare è provare empatia. E l’empatia è il fondamento del pensiero creativo. La vera creatività significa connettersi con le persone e ‘mettersi nei loro panni’. Le macchine, basate su algoritmi, sono un’altra cosa rispetto all’autentico pensiero strategico. Il nostro ruolo, come registi o creativi, non verrà pertanto meno. Altrimenti, si produrranno solo ‘copia e incolla’ che magari funzioneranno su schemi prefissati, ma non andranno lontano”.
di Massimo Bolchi