Il traffico illecito di beni culturali è un problema globale in continua crescita, alimentando il crimine organizzato e il finanziamento del terrorismo. Per combattere questo fenomeno, l’UNESCO ha sviluppato strumenti normativi chiave, come la Convenzione del 1970, mirata a prevenire e vietare il commercio illegale di oggetti culturali.
Dalla collaborazione con DDB Paris, iniziata nel 2020, è nata l’idea di un museo virtuale in grado di restituire visibilità a oggetti rubati o scomparsi, raccontandone le storie e promuovendone la restituzione. Il progetto ha visto la partecipazione dell’architetto Pritzker Prize Diébédo Francis Kéré, che ha disegnato uno spazio simbolico ispirato al baobab, e della casa di produzione makemepulse, responsabile della trasformazione di fotografie di artefatti in modelli 3D realistici, ripristinando non solo il loro aspetto, ma anche il loro significato grazie all’uso di AI generativa.
Il museo è supportato da Interpol, Arabia Saudita, Stati Uniti, Grecia e 44 altri Paesi, e combina innovazione tecnologica e architettura simbolica per rendere gli oggetti culturali visibili e tutelati. L’iniziativa coinvolge le comunità locali, permettendo loro di raccontare le storie dietro i reperti, e consente agli utenti di creare gallerie virtuali da condividere, rafforzando la consapevolezza globale.
“Questi oggetti sono virtuali. Nessuno sa dove si trovino o quale sia il loro aspetto reale. Cerchiamo di colmare queste lacune. Abbiamo collaborato con le comunità affinché potessero raccontare le storie che si celano dietro questi oggetti”, ha spiegato in una nota Ernesto Ottone, Assistant Director General for Culture dell’UNESCO.
Il museo è ora online, dopo la sua inaugurazione ufficiale in occasione dell’apertura dell’evento culturale globale Mondiacult 2025 a Barcellona. A novembre verrà lanciata una campagna a livello mondiale, principalmente attraverso video online, stampa, OOH, social media e PR.