Per non essere da meno del Festival di Cannes, dove è stato presentato il potente The Substance, una delle sorprese della stagione. In comune i due hanno un punto di vista femminile, un discorso sulla maturità e la sessualità di due donne, anche se con aspetti diversi, e quello sul potere e sul controllo. E due attrici che sono state dive degli anni Novanta e che, trent’anni dopo, sono ancora in grado di lasciare il segno con le loro interpretazioni. Se la star di The Substance è Demi Moore, la protagonista assoluta di Babygirl è Nicole Kidman. E Babygirl, al cinema dal 30 gennaio, non è il film scandalo che ci si aspetta. È un film che si interroga sulla sessualità femminile, sui rapporti di potere tra uomo e donna, e sul rapporto tra pubblico e privato di una donna di successo. A livello di erotismo non osa troppo. E il finale è piuttosto consolatorio. Insomma, un film intrigante che però poteva essere molto di più. Restando alla fine un film furbo.
La CEO e lo stagista
Nicole Kidman è Romy, una donna matura che ha raggiunto tutto nella vita. Ha una famiglia ideale, un marito (Antonio Banderas) affermato regista teatrale e due figlie. Ma, soprattutto, è il CEO di un’azienda big tech, che lavora su automazione e Intelligenza Artificiale, un traguardo che poche donne riescono a raggiungere. Nella sua vita, però, sembra che manchi qualcosa. Romy è tormentata dalle sue fantasie erotihe, che non trovano riscontro nei rapporti intimi con il marito. E’ nell’incontro con il nuovo stagista, Samuel (Harris Dickinson, visto nella serie Disney+ A Murder At The End Of The World) che riesce a liberarsi, scatenandosi i due a vicenda una propria componente emozionale ed erotica sino ad allora quasi temuta.
In ginocchio da te
La scena più forte è quella in cui Romy, in una sordida camera d’albergo, si inginocchia e cammina a quattro zampe verso Samuel che le tende una caramella, come un cane che va verso il premio che gli sta porgendo il suo padrone. È chiaro sin da subito di che cosa si tratta. Non è la semplice relazione extraconiugale di una persona insoddisfatta. È qualcosa che ha a che fare con il potere, con il controllo. E, di conseguenza, con il consenso. Avevamo già visto Maggie Gyllenhaal inginocchiarsi davanti a James Spader in Secretary. Ma lì i rapporti di potere erano quelli codificati: il capo, un uomo, e la sua segretaria. Qui, in teoria, il rapporto di forza è ribaltato: è Romy ad avere il comando, è il CEO, e lui è l’ultimo arrivato.
Si dà e si prende potere
Eppure è Samuel a condurre il gioco. Con il consenso di Romy. O forse no? Samuel intuisce che è qualcosa di cui lei ha bisogno: lasciare il potere, lasciare il controllo. Babygirl pare suggerire che una donna in un ruolo così maschile (almeno è questo che viene considerato un posto di comando), così intenta ogni giorno a decidere, dirigere, orientare, comandare, possa avere la voglia, o il bisogno, di essere comandata, diretta. Che voglia, in alcune situazioni, lasciare il controllo a qualcun altro. Oppure non è il caso di generalizzare. È solo la storia di Romy, una storia che viene dal suo passato, dalla sua famiglia: il bisogno di cose oscure, sporche, di fantasie violente che la donna che ha scelto di essere, con l’uomo che ha scelto di sposare, non può mettere in atto. Si dà e si prende potere, se si è consenzienti. Le parti devono essere d’accordo: il consenso è questo. È difficile però capire fino a che punto possa arrivare il consenso, fino a dove si possa arrivare a livello di rischio.
Come certi thriller anni Ottanta, ma…
Halina Reijn racconta tutto questo con una confezione elegante e patinata. Non è il patinato scintillante di The Substance, che riprendeva alcuni stilemi della pubblicità e della tv degli anni Ottanta, ma piuttosto il patinato di thriller erotici degli eighties come Attrazione fatale (un film di cui, a tratti, nelle presenze di Samuel in casa di Romy sembra evocare il pericolo, ma senza perseguire mai quella strada) e tanti altri. È una confezione elegante, dai colori tenui e dai toni caldi, luminosi ma soffusi. A tratti, complici anche le canzoni che creano ellissi narrative da videoclip (Never Tear Us Apart degli INXS e Father Figure di George Michael) Halina Reijn sembra volutamente prendere a modello quel tipo di film per riempirlo di qualcos’altro, di un discorso al passo con i tempi che stiamo vivendo.
Perché Babygirl è un film furbo
A livello erotico Babygirl osa poco: le scene sono in fondo caste, coreografate, quasi fredde. Forse per rifarsi a quel tipo di cinema, forse per testimoniare che è un discorso tutto di testa, cerebrale, forse per timore di andare oltre e con l’obiettivo di confezionare comunque un film per tutti, o per un pubblico che sia il più ampio possibile. Dato anche il finale consolatorio, possiamo dire di avere di fronte un film intelligente, ma anche molto furbo.
Nicole Kidman si mette a nudo
A condurre il gioco c’è una Nicole Kidman che è coraggiosa nel mettersi in gioco, a mettersi a nudo, letteralmente e non, proprio come ha fatto la sua collega Demi Moore, altro sex symbol del cinema degli anni Novanta che pare aver trovato una nuova vita. Pur essendo ricorse alla chirurgia (tema che è centrale in The Substance, ma in qualche modo ritorna anche qui), le due attrici sembrano aver rinunciato al mito dell’eterna giovinezza e aver iniziato a fare i conti con la propria età. Facendo questo hanno trovato in sé nuove espressività e nuovi colori. E hanno trovato i ruoli. Il che dimostra che, forse ancora pochi, ma i ruoli per le donne non più giovani a Hollywood cominciano ad esserci.
Oscar: sarà sfida tra Nicole Kidman e Demi Moore?
Nicole Kidman, premiata per questo film con la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia e con il National Board of Review Award, e candidata al Golden Globe come miglior attrice di dramma, potrebbe sfidare proprio Demi Moore, vincitrice del Golden Globe come miglior attrice di musical o commedia, ai prossimi Oscar. Giovedì 23 gennaio lo sapremo.
di Maurizio Ermisino