“Siamo tre clown. Ma alla fine diventiamo un clown solo”. Il segreto del trio Aldo Giovanni e Giacomo è proprio qui. Nella loro intesa, nella loro coesione, nella loro grande amicizia e nel saper diventare, su quel palco, una cosa sola. Tutto questo lo sapevamo, ma è qualcosa che emerge chiaramente da Aldo Giovanni e Giacomo ‘Attitudini: Nessuna’, un film documentario di Sophie Chiarello su e con Aldo, Giovanni e Giacomo, nelle sale dal 4 dicembre, distribuito da Medusa Film. Il film è una produzione Agidi Due in associazione con Medusa Film, Indigo Film e Driadi. Medusa Film lo lancia in oltre 400 copie. È il “docupanettone”, come dice Giacomo.
Ogni volta è come la prima
Ogni volta che guardi la persona amata cerchi di trovare quel qualcosa che ha fatto scattare il colpo di fulmine. Ogni volta che abbiamo guardato un nuovo film o un nuovo spettacolo di Aldo Giovanni e Giacomo abbiamo cercato di ritrovare la magia di quegli sketch che guardavamo a Mai Dire Gol, nello spettacolo I Corti e nel loro primo film, Tre uomini e una gamba. È per questo che ritrovare i tre è bellissimo, perché si ripercorre tutta la loro carriera. E si vedono quei meravigliosi numeri che, anche se li hai visti venti, trenta, cinquanta volte, fanno sempre ridere come la prima.
Aldo Giovanni e Giacomo entrano nel ‘cerchio’
In questo nuovo film Aldo Giovanni e Giacomo sono diretti da Sophie Chiarello ed entrano in modalità “Il Cerchio” (il film dell’autrice francese che ha vinto il David di Donatello come miglior documentario). Sophie Chiarello è bravissima a tirare fuori la verità, l’essenza delle cose. Ne Il Cerchio lo faceva con dei bambini delle elementari, in questo film lo fa con i tre comici. Sophie è eccezionale nel farti sentire dentro le cose. Se ne Il Cerchio eri lì, in mezzo ai bambini, stavolta sei ancora al centro delle cose, in mezzo al trio. Sei uno di loro. E con loro ridi anche se non stanno facendo un numero, e parlano del più e del meno. “Attitudini: nessuna parte dove finisce Il Cerchio” spiega la regista. “Quel film finisce in quinta elementare. Attitudini: nessuna parte dall’idea di capire chi erano da bambini, i loro sogni, i loro desideri. Gli avevano messo addosso quel giudizio ‘attitudini: nessuna’. In entrambi i film c’è la dimensione dell’ascolto: io devo attraversare un’esperienza, devo stare dentro la relazione”.
Un viaggio nel passato
Sapete cosa si dice oggi dei calciatori? Si rimpiangono quelli di una volta, che erano nati all’oratorio. Ecco, Aldo Giovanni e Giacomo sono nati negli oratori. Hanno fatto la gavetta. È su quei piccoli palchi che, da giovanissimi, i tre si sono formati. E sono quei luoghi che hanno dato loro quell’alternativa alla fabbrica, che sembrava essere l’unico sbocco per dei ragazzi usciti da scuola. “Attitudini: nessuna” è il giudizio che gli insegnanti delle medie avevano scritto sulla pagella del nostro Aldo Baglio. “È stato un viaggio nel passato che ci ha fatto rincontrare persone che non vedevamo da tanto tempo, che ci ha fatto scaturire un po’ di nostalgia” riflette Giovanni Storti. “E ci ha fatto capire che la memoria è personale. Come avendo vissuto gli stessi eventi ognuno li ha vissuti in modo diverso”. “Io non lo volevo fare questo documentario” scherza Giacomo Poretti. “Semplicemente perché secondo la mia vecchia concezione i documentari li fanno sempre quando uno se n’è andato”. “Per me era importante avere un documento della mia vita” aggiunge Aldo Baglio. “È frammentata ed è come se ne avessi vissute diverse. È come un album delle fotografie”.
Un sorriso che fa dimenticare tutto
È per questo che ad Aldo Giovanni e Giacomo si vuole bene. Ed è bellissimo ripercorrere la loro strada e rivivere i tempi di una Milano che era un turbinio di creatività. I locali come il Derby, lo Zelig e Il Caffè Teatro, personaggi come Paolo Rossi, Gino e Michele, Arturo Brachetti e Paola Galassi, la loro prima regista che, nel documentario, confessa di non aver visto quasi mai i loro film al cinema, un po’ gelosa e triste di non averli più con sé a teatro. Ci si commuove per una Milano che non c’è più, e per un’Italia che non c’è più. “Milano in quel periodo era un centro di attrazione per il teatro, anche quello europeo, fantasioso” ricorda Giovanni. “Abbiamo visto spettacoli di ogni tipo di arte, e abbiamo attinto da tutto. C’è un po’ di nostalgia per quel mondo”. Nel film di Sophie Chiarello ci sono malinconia e tante, tante risate. Scorriamo le gag di Ajeje Brazov e del controllore del tram, dei Bulgari, di Pdor figlio di Khmer.
La comicità è immortale, la satira è legata al tempo
“La comicità guarda il mondo con uno sguardo obliquo” dicono a un certo punto Gino e Michele. E colgono nel segno. Perché, come il dramma, la satira resta legata al proprio tempo. Come la tragedia, la comicità è immortale. Aldo Giovanni e Giacomo hanno sempre scelto di non fare satira politica, di non legarsi all’attualità, ma di fare una comicità surreale, fisica, astratta. Ed è per questo che è durata nel tempo. “In quegli anni lì chi faceva satira politica era più considerato” riflette Giacomo. “Negli anni Settanta c’erano cantanti popolarissimi ma visto che non erano politici erano poco considerati. Poi sono stati rivalutati” aggiunge Giovanni. “Ai nostri inizi chi non faceva satira politica era considerato di Serie B”. “Ma noi facevamo satira politica” scherza Giacomo. “Nella gag di Ajeje Brazov parlavamo di emarginati…”
Un trio anche quando sono da soli
Il film racconta anche il passaggio alla tivù, con la Gialappa’s Band e Mai Dire Gol. La loro prima gag era quella degli arbitri, ma non funzionava. Così decisero, ancora una volta, di andare sul surreale e di trasformarsi in degli animali. E, ancora, di avere l’intuizione che le loro tre voci con quelle della Gialappa’s non funzionavano. Così il trio si è segmentato in una serie di personaggi singoli. Nico, John Flanagan, Rolando, Bimbo Gigi, Johnny Glamour. Ma erano sempre il trio. I gruppi comici di solito hanno un leader o un capocomico. Loro tre sono sempre dei leader.
Tafazzi e l’autoflagellazione
E poi c’è stato il caso di Tafazzi. Un personaggio in calzamaglia che si dava bottigliate sulle parti intime che catturò anche l’attenzione di Walter Veltroni, allora direttore de L’Unità, che chiese a Sandro Veronesi di fare un editoriale su di lui. “Il gesto che lo trasforma in un modello da imitare, un eroe del nostro tempo” scrisse sul giornale. “Il direttore di un giornale è rimasto folgorato e ha affidato il pezzo a un intellettuale” ricorda Giacomo. “Ha fatto scattare una molla nel pubblico. E ha detto è la rappresentazione della sinistra che si autoflagella” spiega Giovanni. “E noi lo abbiamo nobilitato ancora. Lo abbiamo definito lo zero comico”. Era infatti il momento che chiudevo il loro show I Corti.
Il cinema
Sarebbe poi arrivato il cinema con Tre uomini a una gamba, nel 1997, campione d’incassi nell’anno di Titanic e La vita è bella. E poi Così è la vita e Chiedimi se sono felice, a detta di molti il loro miglior film, quello in cui è il teatro a risolvere i problemi della vita. Ma anche i flop, come Fuga da Reuma Park, il loro film più sfortunato. “È stato un momento di crisi che ci ha portato ad allargare gli orizzonti” ricorda Aldo. “E a scoprire noi stessi. E la voglia di riscoprirci di stare insieme. Che ancora c’è. Ma c’è anche la voglia di esplorare le individualità”. “Nessuno vuole gli insuccessi” continua Giacomo. “Quando capitano ci rifletti. Abbiamo rallentato l’attività del trio. Nessuno ha impedito agli altri di fare cose. E fortunatamente qualche anno dopo abbiamo fatto Odio l’estate, un’ottima ripresa, e poi Il grande giorno. Non è mai esistita la possibilità concreta di scioglimento del trio, ma la necessità artistica di prendere dei tempi diversi”. Dopo quel flop c’è stata la rinascita con Odio l’estate e Il grande giorno, David dello spettatore.
Se vuoi fare il comico devi avere fame
Le grandi band si sono sempre sciolte, o quasi. Aldo Giovanni e Giacomo che sono amici veri, non si scioglieranno mai. Ma si sono presi altri tempi e altri mondi, ognuno con le proprie “carriere soliste” per poi ritrovarsi, ma senza quella pressione di fare un film all’anno come quando erano campioni d’incassi. “Se vuoi fare il comico devi avere fame” dicono nella prima sequenza del documentario. Che fame hanno oggi i tre? “Gli anziani biologicamente devono mangiare meno” scherza Giacomo. “Quando sei giovane hai una passione, dei sogni” commenta Giovanni. “È chiaro che questo meccanismo fa sì che tu abbia voglia di realizzare quello che hai dentro. Quando succedono tante cose e hai una certa età ti rimane la voglia di divertirti. Quello che ci ha messo insieme non ci ha più abbandonato”.
di Maurizio Ermisino