Interviste

Andrea Bruschi, da La legge di Lidia Poët a M – Il figlio del secolo

“La carriera di un attore è sempre un mistero. Sapere di musica, cinema e letteratura mi fa capire la bontà dei copioni. I maestri del cinema hanno impatto perché non accettano compromessi”
Andrea Bruschi

Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così che abbiamo noi che abbiamo visto Genova. Le parole di Bruno Lauzi ci sono venuti in mente guardando e parlando con Andrea Bruschi, un attore in grande ascesa in questo momento. Genovese, faccia alla Volonté, grande volto da cinema, è in un momento d’oro. Dopo La legge di Lidia Poët e L’Imperatrice, sulla principessa Sissi, due serie Netflix, Bruschi è nel cast della serie del momento, e probabilmente dell’anno, M – Il figlio del secolo su Sky. A fine gennaio sarà su Prime Video con un film molto particolare, Un mondo fantastico. Andrea Bruschi, con lo pseudonimo di Marti, è anche un cantautore e un musicista noto in Europa con all’attivo tre album, con un nuovo lavoro, Orchidea, in uscita. Due anime diverse che si intrecciano, perché in questo mondo tutto si influenza. Parlare con Andrea Bruschi vuol dire anche parlare di cosa vuol dire essere attori oggi. E anche di dove sta andando il mondo della comunicazione.

È nel cast di M – Il figlio del secolo, la serie del momento. Qual è la sua forza?

Credo che sia una serie eccezionale che creerà un precedente nella storia della serialità. M è un film in otto episodi, concepito come un’opera d’arte. E come tale è divisiva, ha creato delle polemiche, e vuol dire che ha colto nel segno. Joe Wright è un regista straordinario: la sua è una visione autoriale, la visione di un maestro del cinema, di un direttore d’orchestra. L’impatto che sta avendo è dovuto a questo, al fatto che non c’è alcun tipo di compromesso. Sul set suonava la musica prima delle scene per portarti dentro la storia: durante la prova costume sentivo la musica di Philip Glass Quando abbiamo girato i momenti in parlamento chiunque fosse dentro la scena era presentissimo. È un demiurgo, in questo lavoro si vede che ha fonti di ispirazione nell’espressionismo, nel cinema muto. È postmoderno. Non mi ha chiesto un provino, ma una poesia d’epoca, un brano. Ogni opera deve avere un punto di vista, altrimenti torniamo agli sceneggiati. Io sono il ministro liberale del primo governo Mussolini.

Un progetto diversissimo ma ugualmente vincente è La legge di Lidia Poët…

Groenlandia è una casa di produzione eccellente, che ha alzato l’asticella in Italia, e ha avuto successo all’estero. Sono entrato con un personaggio fisso, il Duca Marchisio, l’antagonista del fratello di Lidia. I punti di forza sono le storie e la produzione curatissima, dai costumi alla messa in scena. C’è un cast affiatato e bravo. È una serie che piace sia a un pubblico che segue i period drama, sia, grazie alle tematiche totalmente contemporanee, ai quindicenni e ai ventenni che si appassionano alle storie perché le sentono legate all’affermazione dell’identità. C’è una Torino magnifica e l’epoca è ricostruita benissimo. Gli episodi della serie sono come i romanzi di fine Ottocento che venivano pubblicati a puntate…

La poliedricità oggi è la conditio sine qua non per incidere nell’universo espressivo facendo del proprio talento una professione?

Dipende sempre da quali sono le ragioni per cui uno si appassiona a questo lavoro. La mia passione ha delle radici esistenziali. Ho amato dei registi, della musica, della letteratura che mi hanno portato ad avvicinarmi al cinema e alla musica come opere d’arte. Il mio percorso e la mia preparazione hanno a che fare con la mia personalità. Il mestiere dell’attore è un mestiere artigianale, ognuno ha una sua cassetta degli attrezzi e lavora. Un mio sogno che si è avverato è stato fare film in lingua inglese, con Michael Mann, Peter Greenaway, Ridley Scott. In questo momento storico il lavoro si è amplificato enormemente: quando ho iniziato, da ragazzo, c’erano 4-5 sceneggiati, negli ultimi 10 anni è cambiato tutto. C’è la possibilità di lavorare anche per i giovani, e per loro è un momento molto stimolante: nelle serie che ho fatto ho trovato attori preparatissimi. Si dice che l’Italia è in crisi, ma una serie come M o L’amica geniale cambia completamente la prospettiva.

Ci sono tante produzioni, molti nuovi attori, è un mondo che sforna e brucia. Come si costruisce oggi la propria carriera?

È una bella domanda. Per quanto riguarda me parte sempre da un discorso esistenziale. È un mestiere molto duro, se si pensa solo ai risultati ci si pone sull’orlo di un precipizio. Se ci si nutre delle cose dell’arte, se si diventa parte del racconto della letteratura e del cinema allora, per quanto il percorso di un attore non è mai solo in mano sua, può fare la sua compagnia teatrale o l’episodio zero di una serie con un telefonino: può non aspettare semplicemente il telefono che squilli. Sta tutto nel vedere se si hanno storie da raccontare. Avendo tutti questi strumenti uno può essere anche propositivo. Ma la carriera di un attore è sempre un mistero. Per quanto mi riguarda il fatto di avere una conoscenza di tutto, non solo tecniche attoriali, ma anche del cinema e della letteratura, mi permette di capire se quello che sto leggendo è un buon copione.

Parliamo di lei musicista: qual è la musica che ama e quella che fa?

Ho sempre vissuto le due cose parallelamente. Essendo cresciuto negli anni Settanta per me l’impatto fortissimo è stata la musica post punk e new wave. Era una musica che conteneva tutto: il cinema, la letteratura, la pittura. Erano gli anni dei video e i cantanti erano tutti attori, tutti cinematici. I cantautori li ho amati da piccolo, ma nel momento adolescenziale la musica new wave è stata fondamentale: mi ha fatto capire che esisteva un’altra realtà rispetto a quella grigia e urbana di Genova e dell’Italia di quel periodo. Ho militato in tanti gruppi, mi sono creato un alter ego, Marti, con cui ho inciso tre album e sto per finire il quarto. I miei video sono passati in tutta Europa e in tutto il mondo, su Mtv, sono riuscito a creare un mondo mio che porto avanti. La musica come la conoscevamo un tempo è cambiata. Il nuovo album, Orchidea, uscirà in autunno a nome Andrea Bruschi e Marti. È un pop drammatico e orchestrale, che spazia tra le colonne sonore, la chanson e la new wave: il disco sarà al novanta per cento in italiano, ambientato in un night club genovese del 1959 che si chiama Orchidea. Andrea Ferraris, un fumettista, curerà la copertina e un fumetto che inserirò nel disco.

La carriera di attore e quella di musicista si influenzano a vicenda?

Secondo me sono la stessa cosa. Nella musica è come se fossi anche il regista. È come un’opera teatrale in cui scrivo il testo e lo metto in scena. Come attore devo applicarmi alla visione di un altro. Ma anche i registi con cui lavoro sono tutti legati al mondo della musica. Pensiamo a Michael Mann, che ha fatto recitare grandi musicisti, come Miles Davis, in Miami Vice.

Che film è Un mondo fantastico, in arrivo su Prime Video?

È un film indipendente un film commedia con Diego Ribon per la regia di Michele Rovini. Ha vinto il premio come miglior film italiano al RIFF – Rome Independent Film Festival 2022 e ha girato vari festival. Racconta la ricerca di un incontro tra due personaggi: il mio è Igor, un musicista che viveva a Berlino e torna in patria per fare l’insegnante. Fa lavori saltuari, tra cui il recupero crediti: così si reca al negozio di mobilio di seconda mano di Graziano, un sognatore che vuole aprire un locale dove si fa musica.  È un film dove c’è tanta musica e tanti musicisti locali e liguri. È un film che vive su una comicità particolare, vicina a certi film danesi.

Cosa pensa della pubblicità e della comunicazione? Cosa si potrebbe fare meglio e perché?

Negli ultimi dieci anni siamo bombardati dalla pubblicità. Secondo me la pubblicità sarà sempre più creata ad personam: c’è un tale investimento sull’immagine nel mondo che se la pubblicità è troppo generica si perde. Invece che la tv seguo su YouTube le storie di persone che fanno cose particolari e pubblicizzano il loro modo di vivere, che spesso è fuori dagli schemi. Tramite canali moderni fanno vedere che esistono stili di vita appaganti in modo diverso. Con i social oggi la pubblicità sembra quasi porta a porta.

di Maurizio Ermisino