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AI nell’Healthcare: bene per gli aspetti predittivi e la burocrazia sanitaria, ma i pazienti preferiscono ancora l’intervento umano

Con l’avvento delle nuove tecnologie quali l’Artificial Intelligence e la telemedicina, e le conseguenze dell’ingresso di player quali Google e Apple, la sanità come l’abbiamo sempre intesa va incontro a profondi cambiamenti.

Ma cambiamenti che non avvengono in uno scenario vuoto: la tecnologia entra perché è richiesta di risolvere problemi. Quello economico innanzitutto: secondo la World Health Organization, la spesa globale per la sanità ammonta al 10% del prodotto lordo globale. I dati sono del 2016, l’ultimo anno disponibile, ma in seguito la situazione non è certo migliorata.

Ci sono molti fattori conconcorrenti a generare questi costi, quali l’invecchiamento della popolazione e l’incremento demografico, o la crescente diffusione di malattie croniche, per citarne solo alcuni. Il risultato è che medici e ospedali stanno raggiungendo il limite della loro operatività.
La tecnologia per essere la chiave per affrontare queste criticità°. Ha il potenziale di ridefinire l’intero spettro di offerta di servizi, spostando l’attenzione sulla medicina preventiva, offrendo una superiore user experience ai pazienti e migliorando l’efficienza dell’intero percorso sanitario. Non è un caso che il 70% degli utenti internet, negli USA e in UK, sia convinta che che tecnologia svolgerà un ruolo cardinale nella gestione della propria salute e, in senso più allargato, del proprio wellbeing futuro.

Guardando ad esempio all’AI utilizzata in ambito sanitario, si nota che uno dei comparti più promettenti è quello del machine learning e del deep learning, entrambi capaci di analizzare quantità enormi di dati, organizzandoli e imparando da questi, e producendo alla fine analisi predittive totalmente nuove.
I giganti della tecnologia e i responsabili pubblici della salute dei cittadini stanno già usando l’AI a loro vantaggio, come il NHS (la Sanità pubblica britannica) che ha annunciato un piano per investire 250 milioni di sterline negli AI Labs per applicazioni in ambito healthcare, o Google che sta già applicando l’AI a segmenti dell’intera industry della salute.

I benefici percepiti dai consumatori sono per lo incentrati sulla capacità di offrire un migliore prevenzione e di creare più efficienza nei processi, tuttavia altre difficoltà sorgono dai settori non strettamente legati ai costi o all’infrastruttura. Per gli utenti problemi maggiori (51% dei rispondenti) nascono da questioni legate alla privacy e alla sicurezza, considerando la quantità di dati necessaria per trarre previsioni. Subito dopo, arriva il timore che i medici possano essere troppo condizionati dall’AI, con il rischio di fornire ai pazienti informazioni non corrette poiché l’accuratezza (della diagnosi e della terapie) dipende da un macchina.

Al riguardo è stato effettuato un test: ai pazienti è stato chiesto di scegliere tra un robot guidato dall’AI e un chirurgo umano per effettuare un modesto intervento chirurgico. Il robot garantiva una precisione superiore dell’essere umano, ma il 5% dei pazienti ha scelto l’uomo, e il 28% è rimasto incerto sulla decisione: una dimostrazione che c’è ancora molta strada da fare per l’accettazione di questo strumento. Mentre sono già assodate le potenzialità dell’AI nell’affiancare i medici nei loro rapporti burocratici e negli adempimenti quotidiani, la tanto bistrattate scartoffie.

Il mondo ideale che ci si va stagliando davanti vede affermarsi le sinergie tra AI e uomini, in un’ottica complementare che sempre più vedrà guadagnare spazio le applicazioni dell’AI, gradualmente però, un passo alla volta.