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È bella, perfetta e non esiste, la modella IA di Guess divide il mondo della moda e della comunicazione

La Top artificiale scatena il dibattito tra innovazione e deriva estetica. Mentre alcuni esultano per l'efficienza e il saving, altri denunciano l'impatto su lavoro umano e body positivity
AI model Guess

Un volto angelico, pelle senza imperfezioni, sguardo magnetico. Ma questa volta non è una modella in carne e ossa, bensì un algoritmo. Guess ha pubblicato sulle pagine di Vogue una campagna in cui la protagonista è interamente generata dall’intelligenza artificiale. Ed è subito polemica a livello mondiale.

La campagna, apparsa nell’edizione di agosto di Vogue, mostra una ragazza bionda in due scatti diversi. L’unico indizio della sua natura artificiale è un minuscolo disclaimer – ‘Seraphinne Vallora on AI’ – che rimanda al nome dell’agenzia che ha prodotto la campagna.

La stessa agenzia ha raccontato di aver realizzato una decina di bozzetti in un mese, per poi selezionare due immagini finali. Il risultato è quelloche si vede, senza bisogno di make-up artist, fotografo, stylist o set designer.

Se da un lato c’è chi vede in questa operazione un’innovazione inevitabile, dall’altro il mondo creativo è in subbuglio. Molti lettori di Vogue hanno commentato le immagini come ‘disturbing’: un nuovo ideale di bellezza letteralmente irraggiungibile, perché non umano. Ma c’è anche chi applaude: “The future is here”, scrivono alcuni professionisti, sottolineando velocità e risparmio di costi.

Esiste un’etica?

La campagna non è un episodio isolato. È figlia di una partnership triennale tra Condé Nast (editore di Vogue) e OpenAI, che porterà l’intelligenza artificiale a essere sempre più presente nei processi editoriali e pubblicitari. Ma apre anche interrogativi enormi per l’industria della moda e della comunicazione: cosa succederà a modelle, fotografi, stylist, truccatori? Dove si traccia il confine tra innovazione creativa e svalorizzazione del lavoro umano? E soprattutto: siamo pronti a un mondo di campagne con testimonial ‘non reali’?

Oltre alle polemiche di tecnica pubblicitaria la modella artificiale ha anche elevato l’allarme di psicologi ed educatori, che la interpretano come una minaccia che potrebbe annullare anni di battaglie del movimento body positivity, che stigmatizzava l’uso di baby-modelle o giovani dal corpo troppo perfetto.

Vanessa Longley, a capo dell’organizzazione benefica Beat per i disturbi alimentari ha infatti dichiarato alla BBC che: “esporre continuamente le persone a corpi irrealistici aumenta il rischio di sviluppare disordini legati all’alimentazione e alla percezione del proprio corpo”.

I pareri di casa nostra

“Quello di Guess  – commenta Vicky Gitto, Founder GB22 – è un esperimento interessante, innovativo e nel suo genere unico al momento. E, pubblicitariamente, direi anche azzeccato visto che ne stanno parlando i giornali di tutto il mondo generando di fatto una copertura mediatica e una visibilità della campagna stellare e alternativamente, irrealizzabile a livello di budget che sarebbe stato necessario per pianificarla.

Relativamente alle polemiche scaturite circa il fatto che l’AI impatterà negativamente sull’attività pubblicitaria e creativa – qui nel caso specifico si parla di modelle che non lavoreranno più in quanto sostituite dall’AI – io dico che è inutile e controproducente far finta che il contesto non stia cambiando. Quanto accade è uno sviluppo strutturale ed epocale di questa industry, della materia e della professione, che peraltro trova propellente nelle richieste di committenti sempre più aggressivi in termini di budget. Fare la guerra al progresso è come il marinaio che di fronte ad un’onda enorme alza i remi, rimanendone poi travolto piuttosto che cavalcarla e governarla per viaggiare ad una velocità addirittura doppia”.

Cesare Casiraghi, Founder casiraghi greco&, sostiene invece che “l’ideale di bellezza non esiste, cambia con i tempi e le società. Quello che è bello oggi diventa ‘grasso’ domani o il contrario. Inoltre, il problema della realtà o finzione se lo pone solo chi crea, perché, come direbbe Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia comportamentale, il nostro cervello oggi, grazie o per colpa delle piattaforme digitali, tende a privilegiare la parte veloce, intuitiva e impulsiva, sollevandoci dalla fatica cognitiva. Anche di capire se è reale o no. Altrimenti non avremmo visto le giovani giapponesi cercare di imitare le ragazze disegnate nei fumetti manga”.

E, al contrario della Longley, Davide Ciliberti, Founder Purple & Noise PR, vede infine nella modella artificiale “un valido alleato delle giuste campagne di normalizzazione del corpo in comunicazione e ai movimenti contro gli stereotipi legati agli standard di bellezza ancora ben presenti nel fashion system poiché la dicitura, posta in calce alla pagina pubblicitaria, certifica come la modella ritratta sia frutto proprio dell’elaborazione dell’AI. In questo modo nel percepito della persona che guarda l’immagine si crea il pensiero che quello che ha davanti sia qualcosa di finto, di illusorio”.

di Monica Gianotti