Se volete sapere come davvero si promuove il cinema, questo è il posto che fa per voi. A Roma, dal 19 al 21 novembre, tra The Cineclub di Via Lidia e il Cinema The Space Moderno di Piazza della Repubblica, sta andando in scena la XXIII edizione del Trailers FilmFest, diretto da Alessandro De Simone e Francesca Sofia Allegra, l’unico evento in Europa dedicato alla promozione cinematografica, che vuole riconoscere e celebrare tutti i mestieri del cinema che contribuiscono al successo di un film. Il Trailers FilmFest si è aperto alla grande con un panel molto interessante, “Il titolo di questo panel lo ha scritto ChatGPT”. Si è parlato del futuro della promozione nell’era dell’AI, con professionisti che con la AI ci lavorano davvero. È stato uno dei dibattiti più interessanti a cui abbiamo assistito, perché ha dato voce ai favorevoli, ma anche ai contrari.
Labyirinth Studio: AI, una nuova libertà
Uno degli alfieri dell’AI generativa è una nostra conoscenza, Jacopo Reale, che YouMark ha raccontato per prima in occasione dell’uscita del suo video This Footage Doesn’t Exist In The Real World, che ha fatto parlare tutto il mondo. Jacopo Reale ha fondato l’AI Labyrinth Studio, con Giacomo Cannelli e Alessandro Risuleo. “Siamo affascinati dall’idea di fare uno storytelling visivo legato a quello che è il cinema con nuove tecnologie e nuovi strumenti” ha spiegato. “Un anno fa ci siamo resi conto che era possibile creare immagini simili a fotogrammi cinematografici, animarle, farle parlare. Era possibile utilizzare nuovi strumenti per dare spazio a quella creatività che legata alle strutture produttive del cinema, al budget, alle location. Abbiamo trovato nell’AI generativa una nuova libertà”. L’AI generativa, allora, è non dovere più dire: mi dispiace, non c’è il budget.
Il mondo dell’advertising sta già utilizzando l’AI
Ma come nasce, in concreto, un video generato dall’AI? “Parte dalla descrizione di quello che hai in testa” ci illustra Reale. “Nascono così centinaia di variabili e varianti di quello che è stato generato. Si va subito a montare e ci si chiede cosa si può migliorare. Quello che ti serve è sempre a portata di mano perché si può generare”. Non è necessario, quindi, tornare sul set – come è solito fare, ad esempio, Matteo Garrone – per rigirare quello che manca. Anche questa è libertà. Aziende e agenzie stanno già chiedendo servizi di questo tipo. “Il mondo dell’advertising sta utilizzando questa tecnologia” spiega Reale. “Quella che è la narrazione pubblicitaria legata al prodotto sarà sempre più automatizzata dalla generative AI. Ci auguriamo che si creino sempre più storie e che queste diventino parte della comunicazione di un brand”. “Si sta cercando di alzare sempre di più l’asticella” aggiunge il suo socio, Alessandro Risuleo. “Il video che vi abbiamo mostrato è stato fatto a settembre. Dobbiamo sempre dirlo, perché, ad ogni mese, la tecnologia si migliora”. Rispetto al corto Love At First Sight, che aveva vinto a Venezia al Reply AI Film Festival , il corto che abbiamo visto qui, Memories Of Silence, firmato da Risuleo, presenta dei miglioramenti, soprattutto per quanto riguarda la “rilucenza” della pelle dei personaggi.
L’AI può recitare?
E i personaggi, in questo nuovo corto, parlano, recitano. È chiaramente l’aspetto che deve ancora essere nettamente migliorato. Ma anche qui ci sono degli accorgimenti. “Si possono usare attori veri per fare una motion capture della persona che può essere trasferita ai vari personaggi”. Lo abbiamo visto in una web serie, Nelle puntate precedenti, “una sketch comedy iper breve, dai 15 secondi ai 2 minuti”, spiega Giacomo Cannelli di AI Labyrinth Studio. “Per un produttore è un incubo totale: per 10 minuti ci vogliono 500 location. Lavorando con l’AI posso provare capire se è un format adatto perché va a mettersi in una nicchia tra impossibilità produttiva e una scrittura creativa”. A proposito di recitazione, utilizzando due tool diversi, si può fare un “recitazione mista”. “La faccia può essere messa sull’azione fatta in AI” spiega. “Oppure le immagini sono completamente in AI, ma la recitazione è fatta da me, con la motion capture. È come un film Pixar ma con un personaggio reale a dare i movimenti e le espressioni”. Come Avatar, ma la creazione dell’immagine non è CGI, ma AI.
Rai Cinema: L’AI amplia le opportunità
Nell’agone della corsa all’AI è entrata anche Rai Cinema. “Durante lo sciopero americano abbiamo approfondito l’AI, ha spiegato Carlo Rodomonti, responsabile marketing strategico e digital di Rai Cinema e Presidente dell’Unione Editori e Creator Digitali di ANICA. “Il primo progetto lo abbiamo realizzato con la Scuola Holden di Torino, un corto di 10 minuti in 10 giorni, live action con elementi di AI, con scene che non avremmo potuto realizzare per motivi di budget. L’AI amplia alcune opportunità: ad un regista africano l’AI cambia la vita, il produttore classico italiano farà fatica ad accettarlo. Stiamo cercando di capire qual è lo stato dell’arte. Cerchiamo di essere dentro il mercato, ma non per promuovere l’AI in senso stretto”. “Mi preoccupa l’aspetto delle sceneggiature” continua. “L’AI è un meccanismo che permette di scrivere in modo veloce. Di fronte a un’efficienza così marcata il rischio è che si riduca quello che è il ruolo umano, i dettagli, la sorpresa. I risultati rischiano di essere appiattiti. C’è già un appiattimento di contenuti, non potrà che peggiorare”.
Edoardo Massieri, montatore: Mi sento minacciato? Sì
Ma la questione è molto complessa. Di fatto, per evolversi e imparare, l’AI “ruba” contenuti ai creativi che li hanno condivisi. Un trailer di 2 minuti ha in sé tutti i contenuti necessari per una campagna che poi può essere realizzata con l’AI. Un montatore di trailer come Edoardo Massieri si sente minacciato dal punto di vista professionale o questi possono essere dei tool in grado di aiutarlo in quel lavoro? “Mi sento minacciato? Sì” risponde. “Si fanno già tante cose di questo tipo, le piattaforme utilizzano in maniera pesante questa tecnologia, vengono realizzate con l’AI delle colonne sonore. Quello che faccio è cercare di scoprirle e studiare ricordarmi le persone che lavorano per avere possibilità creative maggiori. Per il resto ho un po’ di paura”.
LRNZ, fumettista: Un manifesto a difesa dei nostri diritti
È prima di tutto una questione etica, di diritti. Quale sia il nervo scoperto di tutta questa situazione ce lo spiega Lorenzo Ceccotti, in arte LRNZ, fumettista, illustratore e attivista per i diritti degli artisti contro “il business model predario degli AI provider mainstream”. “Abbiamo realizzato un manifesto che parte dall’assunto di analizzare i nostri diritti come cittadini europei e facendo l’elenco dei diritti che sono stati violati da aziende governate da esseri umani con business plan molto chiari” spiega. “Con l’obiettivo di fare soldi utilizzando molto denaro e molte risorse naturali per far andare i data center. E stanno utilizzando i nostri dati. I primi due elementi li stanno pagando. I dati no, perché li prendono senza chiederli e c’è l’idea di base che tutto quello che facciamo sia di tutti. Ed è la cosa più lontana dal vero che esista. Un libro che esce tutti lo possono vedere. Ma non tutti lo possono pubblicare. Queste aziende dicevano che tra i dati non ci fosse materiale copyrighted, ma poi Sam Altman dice tranquillamente che hanno dovuto utilizzarlo, altrimenti la qualità dei risultati di Chat Gpt non sarebbe stata in linea con le aspettative del nostro pubblico, altrimenti perderemmo la battaglia commerciale con i nostri competitor. Io credo che noi, da artisti, diamo a Open AI la possibilità di essere così aggressiva sul mercato, abbiamo più di un diritto da poter esercitare. La Rai, che è un’istituzione italiana ed europea, dovrebbe fare attenzione prima di utilizzare i servizi di aziende che sono le prime a calpestare il lavoro dei cittadini italiani ed europei, per girare il risultato di quegli elaborati contro di noi sul nostro mercato, in cui abbiamo investito tempo, denaro, formazione. Per questo abbiamo fatto un manifesto che chiede alle istituzioni di far rispettare i diritti che ci sono. Per sfruttare materiale coperto da copyright devono essere pagati i diritti”.
E se l’affare AI fosse una bolla?
La questione del copyright è centrale. “Viviamo in un mondo interconnesso, che vive un presente globale. Non è vero” commenta Giacomo Cannelli. “L’Europa è indietro perché ha delle regole ferree. Ma se noi abbiamo un mercato che fa come gli pare, perché l’America è il Far West, nessuno sa quali siano i modelli della Cina, come facciamo a fare una legge che blocchi un mercato che è già avanti 5 anni? Come farlo senza far implodere tutti i mercati? Chi deve farlo?” “Le istituzioni” risponde Lorenzo Ceccotti. La questione, insomma, è molto delicata. Da più parti si comincia a pensare alla possibilità che questa l’AI sia una bolla. I server che contengono i dati devono essere fisici. E le big tech stanno spendendo miliardi per costruirli, senza avere, per ora, un ritorno economico. Se l’affare AI dovesse dimostrarsi una bolla ci rimetterebbero in tanti. Ci rimetteremmo tutti.
di Maurizio Ermisino