In attesa del verdetto, nella serata di premiazione che si terrà il prossimo 6 novembre al Mi.Co di Milano, all’interno di Intersections, siamo andati a intervistare i presidenti di giuria delle diverse categorie, nominati da Luca Cortesini, Chief Creative Officer di DDB Group Italy, Presidente di questa 40° edizione degli ADCI Awards.
Nel campo della comunicazione pubblica, dove il messaggio deve educare, sensibilizzare o mobilitare, quali criteri ti guidano nel riconoscere un progetto davvero efficace, complice, ovviamente, il tuo essere Direttore Creativo in una realtà come superhumans#?
La comunicazione pubblica ha il difficile compito di dover raggiungere il maggior numero di persone possibile. Deve parlare a tanti e allo stesso tempo avere un messaggio identitario e unico. Volendo, può provocare al massimo. In questa categoria, coinvolgere un pubblico ampio è ancora più complesso, perché non si può neanche contare sulla riconoscibilità e sull’heritage di un brand che firma la campagna. Come per tutti i lavori che mirano alla sensibilizzazione, uno stesso messaggio può cambiare tantissimo la sua percezione a seconda del tono che gli si vuole dare. Credo che in questo ambito si debba puntare all’estremizzazione del tone of voice che può davvero fare da game changer. Il metodo ‘think outside the box’ qui è fondamentale per avvicinare le persone ad argomenti da cui spesso rimangono lontane per disinteresse o pregiudizio, ma che invece – se ci pensiamo – le riguardano molto più di altri. Un po’ per la sua recente nascita, un po’ per le tematiche che tratta, questa categoria è spesso considerata un underdog, ma quest’anno sarebbe bello riuscire a premiare delle campagne che per via di un insight, di un cambio di prospettiva o di un media originale, si possano considerare un esempio per le altre categorie. Se la maggior parte delle volte si guarda al resto della comunicazione per ispirare la comunicazione pubblica, può sicuramente succedere anche il contrario. Le tematiche istituzionali sono le più disparate, ma hanno una grande forza: sono tutte vicine alla vita delle persone e questo è il più grande dei potenziali.
Qual è il progetto, la sfida o l’obiettivo che fino a oggi ti ha dato maggiore soddisfazione professionale e cosa ti ha insegnato sul potere della comunicazione pubblica?
Potrei citarti alcune imprese lavorative, ma chi non ne ha? La cosa più gratificante è l’insegnamento ai più giovani, in agenzia e nelle scuole. Le nuove generazioni hanno molto più senso civico di chi è venuto prima di loro e una visione più nobile di come dovrebbe essere la relazione tra istituzioni e persone. Attraverso gli occhi dei ragazzi si può riuscire ad immaginare un dialogo più fresco e anticonvenzionale, ed è da lì che bisognerebbe ripartire per trovare i brief più fertili per la comunicazione pubblica.
Quando valuti lavori di comunicazione pubblica, come bilanci tra originalità, impatto sociale e capacità di raggiungere il pubblico, e quali segnali ti aiutano a identificare un progetto premiabile, quindi quali le direttive che darai alla tua giuria?
La creatività sarà sempre la prima lente di giudizio, ma la mia giuria non è composta da soli creativi. In questa categoria, più che in altre, è importante che a giudicare ci siano anche i cosiddetti ‘addetti ai lavori’, persone che ogni giorno hanno a che fare con i grandi limiti della comunicazione pubblica. Qui non vince la creatività complessa, ma quella più inclusiva. Che sia l’individuazione di un insight, un media alternativo, un punto di vista ribaltato o un nuovo tono di voce su un determinato argomento, quello che valuteremo è come, attraverso l’idea, si sia riusciti a proporre un messaggio semplice ma efficace. Efficace a tal punto che le persone non solo cambiano prospettiva o adottano un nuovo comportamento, ma si sentono parte della comunità e ritrovano una nuova fiducia nelle istituzioni.