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Digital Audio: un mercato in espansione, che dovrebbe triplicare fra tre anni. Attendendo l’arrivo in forze degli Smart Speaker

Il digital audio advertising – cioè la pubblicità tramite la voce su rete digitale – è stimato raccogliere investimenti per 471 milioni di di euro quest’anno, ma IAB Europe prevede che questo valore triplicherà entro il 2023, raggiungendo quota 1,5 miliardi. D’altra parte, il solo mercato della pubblicità radio classica vale oggi 6 miliardi in Europa, mentre la digitalizzazione dell’audio è destinata ad allargarsi, complici nuove norme (ad esempio dall’anno 2020 in Italia tutte le radio vendute dovranno essere in grado di ricevere le emittenti DAB) e grazie a opzioni audio che vanno dalla radio IP ai servizi di streaming musicale, ai podcast.

Oggi in Italia il podcast conta su una penetrazione di ascolto regolare pari a circa il 26% della popolazione online italiana Over 16 anni. Questa esplosione di non mostra segni di rallentamento, a dimostrazione del fatto che i consumatori prediligono sempre di più ambienti ‘audio-first’. Secondo Kantar il 63% dei marketer investirà in modo rilevante sui podcast già a partire dall’anno prossimo.

Il Digital Audio inoltre moltiplica i possibili touchpoint poiché raggiunge gli utenti su tutti i dispositivi connessi alla Rete quali smartphone, tablet, PC, Lettori MP3, SmartTV, Connected Cars, Speakers WI-FI e i cosiddetti Smart Speakers (Amazon Echo, Google Home e i competitori degli altri marchi) di cui si attende nel nostro paese un’invasione – un raddoppio – nel prossimo periodo natalizio.

In più il Digital Audio permette agli inserzionisti di indirizzare la propria comunicazione pubblicitaria – addressability – mediante l’uso di dati, per profilare con precisione l’utente ottimizzando la pianificazione e garantendo efficienza e bassa dispersione. Questi contenuti catturano soprattutto l’attenzione dei consumatori più giovani, i più difficili da raggiungere a fronte dei cambiamenti nello scenario media e nelle abitudini di consumo.

Analizzando ancor più approfonditamente questo strumento si scopre che i podcast rappresentano un contesto premium per l’advertising, soprattutto per le modalità di fruizione da parte degli utenti. In genere infatti l’ascolto avviene portando avanti anche altre attività quotidiane (dicevamo della guida, ma anche faccende domestiche o sport outdoor), e questa simultaneità renderebbe più improbabile lo skip degli annunci.

Guardando invece ai soli podcast e al loro uso come piattaforma per l’advertising, la forma più usata di podcast advertising, in linea di massima, resta quella degli annunci letti dal conduttore stesso del programma (una derivazione della classica pubblicità radiofonica), seguiti dagli altrettanto tradizionali spot letti da un annunciatore, mentre sono più rare le forme di riciclo di contenuti pubblicitari trasmessi su altri canali (anche quelli via radio).

Sorprendente il fattore della durata: in oltre la metà dei casi, gli annunci inseriti nei podcast durano tra i 60 e i 90 secondi, sfruttando la citata propensione favorevole degli utenti verso questa pubblicità. Un marketer su cinque, ad ogni modo, preferisce una versione breve da 30 secondi per non eccedere in invasività. Il focus sul sistema di monetizzazione mette ancora in risalto il valore del CPM che supera le altre forme di pagamento, ma nell’anno in corso si segnala l’incremento dei sistemi basati su fee.

Un ultimo cenno relativo agli smart speaker, che dovrebbero arrivare quest’anno 225 milioni di unità, pari a un mercato che Deloitte ha valutato a 7 miliardi di dollari quest’anno.
La spesa pubblicitaria globale per questi assistenti vocali, sostanzialmente inesistente solo due anni, raggiungerà, secondo Juniper Research, i 19 miliardi di dollari entro il 2022.