Youmark

StartUp, il futuro ‘giovane’ in cui credere. Vi presentiamo Paperbanana: la forma è anche sostanza. E quando l’arte veste gli involucri, si fa differenza. Sia nell’universo consumer che btob. Così la passione per biglietti d’auguri e carte regalo diventa impresa, con il cuore negli artisti. E il primo grazie va ai partner dell’acceleratore iStarter di Torino. Resta aperto invece il tema degli investimenti per lo sviluppo. Si tenta con il crowdfounding

Un mese per raccogliere 10mila euro sulla piattaforma Funded By Me. Inutile dire che youmark sollecita i suoi lettori a partecipare, così che Federica Bianchi e Marco Vitolo, founder Paperbanana, possano procedere nella loro strategia di crescita. Peraltro, pure dimostrando che amarsi e lavorare insieme si può. Questione di complementarietà, ma soprattutto di passione.

Quando è nata l’idea e quando l’avete lanciata?
“E’ nata nel 2012, ma fa parte di noi da molto tempo. Siamo sempre stati appassionati di carte da regalo e biglietti d’auguri, ancora prima di conoscerci. A un certo punto abbiamo smesso di accontentarci di quello che trovavamo sotto casa e abbiamo deciso di creare quello che non c’era: un negozio online di carte da regalo e biglietti d’auguri, ideati da illustratori italiani ed internazionali. Qualcosa di fresco, moderno, ironico. Ispirato a quanto scoprivamo all’estero, sia in termini di stili che di occasioni. E in più, eco-friendly. Per noi Paperbanana nasce a luglio del 2013”.

La tua riposta è al plurale, ma vogliamo dare un nome e un carattere ai fondatori?
“Siamo io (Federica Bianchi) e Marco Vitolo. Uniti nel progetto e nella vita. Fortunatamente complementari, sia per competenze che per indole. Marco lavora da più di dieci anni nel mondo informatico, è appassionato di nuove tecnologie. Curioso ed ottimista, non si ferma davanti a un no o a una porta in faccia. La sua esperienza di tre anni a Dublino lo ha addestrato al cambiamento, qualità che l’ha portato a lasciare un lavoro a tempo indeterminato per creare Paperbanana. Io, invece, da più di dieci anni mi occupo di comunicazione, tra agenzie di pubblicità, produzione video, MySpace Italia (Fox Interactive Media) e Young & Rubicam Group. Non a caso, il mio compito riguarda il rapporto con gli artisti, il lato editoriale, i canali social. Più che di petto prendo le cose di stomaco, soffro e gioisco con il progetto. Oltre e insieme a noi, fanno parte del team Giuseppe Piazza, UX designer e front-end developer e Mirco Santori, IT Architect”.

A che punto siete e chi o cosa vi ha o vi sta dando una mano?
“Non ce l’abbiamo ancora fatta, ma abbiamo fatto tanto. Rispetto alla partenza, lo scorso luglio, siamo cresciuti moltissimo. E abbiamo già diverse persone a cui dire grazie. Persone che hanno creduto al progetto fin dall’inizio. Primi tra tutti i partner dell’acceleratore d’impresa di Torino iStarter, che ci hanno selezionato e seguito per quattro mesi, aiutandoci a trasformare un’idea in un’impresa, agli artisti, che si sono buttati con entusiasmo nel progetto e che sono il cuore di Paperbanana. E poi tutti coloro che ci hanno dato visibilità in questi mesi. Chi inizia sa quanto sia importante e difficile avere l’opportunità di raccontarsi.

Il cuore del vostro progetto?
“Ribadisco, sono gli artisti. Sono loro che lo rendono speciale e vibrante”.

Quale il modello di business?
“Sul nostro portale web chiunque può acquistare articoli per la confezione, come carta da regalo, biglietti d’auguri, cartoline e chiudipacco, personalizzando i propri doni con la creatività di designer e illustratori. Ma non solo. Paperbanana si rivolge anche a partner commerciali come e-commerce e negozi che vogliono offrire ai propri clienti un servizio personalizzato, proponendo loro ‘l’opzione regalo’, ovvero la possibilità di confezionare il proprio acquisto con un packaging di qualità e dal design ricercato”.

A che punto siete, quali i problemi-opportunità che dovete risolvere-sfruttare?
“A costo di sembrare banali, il problema principale è riuscire a generare da soli delle metriche da presentare agli investitori. Il processo funziona, dalla produzione alla vendita. I nostri prodotti vengono venduti sia online, sia off line nei negozi di design con cui abbiamo stretto delle collaborazioni e riscontrano il favore del pubblico. Ma senza un investimento adeguato, va tutto molto a rilento. Per la realizzazione di un nuovo prodotto, ci stiamo misurando con una campagna di crowdfunding, attività molto utilizzata all’estero, ancora poco conosciuta da noi. Abbiamo un mese per raccogliere 10mila euro sulla piattaforma Funded By Me. Questa è allo stesso tempo opportunità e prova”.

 Avete dei competitor e cosa offrite di più e di diverso?
“Abbiamo diversi competitor, soprattutto all’estero dove la tradizione dei biglietti d’auguri e del wrapping è molto più radicata che da noi. Ogni nostro prodotto è ideato da un artista, italiano o internazionale. È tutto Made in Italy, la produzione attualmente avviene alle porte di Milano. E daremo molto spazio alla creatività dei clienti”.

Quanto tempo date alla vostra start up per vincere sul mercato, sarà un successo se…?
“…
riusciremo a essere in giro per il mondo, su regali di qualsiasi tipo e a riempire le cassette delle lettere. Quando? Daremo alla start up il tempo che ci chiede, sperando che non esiti, che abbia voglia come noi di partire, di fare e di farsi conoscere. Il prima possibile”.

Statisticamente, tra gli startupper sono più quelli che ce la fanno con la prima idea, dunque che hanno l’idea del secolo, o la forza sta nell’avere più di un’idea nel cassetto?
“L’idea del secolo, sicuramente qualcuno l’ha già avuta, ed è una. Si dice che un imprenditore abbia una storia di successo al secondo o terzo tentativo e che sia la persona a fare la differenza. Se vali, prima o poi, ce la fai. Non so se la forza sia avere più di un’idea nel cassetto, quanto imparare da tutto quello che ti capita. Le idee generano idee, non mi stupisce che ci siano imprenditori seriali, persone che hanno fatto tesoro dell’esperienza, che hanno metodo e che non si sono fermati all’idea che abbiamo da noi in Italia di fallimento. Paperbanana ci assorbe completamente, ma non nascondo che ci sono delle altre idee che ci solleticano. Più avanti, magari”.

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