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Pillole di approfondimento by Lorenzo Cabras, Ceo Sterling Cooper. Parlare di Programmatic è riduttivo. Arriva il grande strappo dell’Advertising Technology. Se profilazioni e dati contano, il contenuto si fa discriminante nello ‘zero momento of truth’

I marketer e gli advertiser si riempiono la bocca di ‘Programmatic’ sebbene, a ben vedere, si tratti solo della punta dell’iceberg di quanto consideriamo Ad-Technology e spesso risulti un tema particolarmente indigesto al management non digital native.

Parliamo di un fenomeno che oggi in Italia rappresenta una nicchia pari al 20% dell’adv on-line e forse il dato è ancora troppo contenuto per dare uno scossone deciso al mercato. Ma la tendenza a livello macro è un’altra, basta pensare che negli States la crescita del Programmatic è inesorabile, con uno share sul totale che in prospettiva diventa impressionante.

Ma torniamo in Italia. Negli ultimi 30 anni, essere rilevanti con la pubblicità ha significato dover essere in tv. E ancora oggi la tv assorbe oltre il 45% degli investimenti in adv, perché? Le risposte dei marketers italiani sono molteplici: abitudine dell’audience al formato dello spot, pervasività della tv come mezzo, reach… Ma la costante crescita di device connessi alla rete (Smart Tv, Tv app su smartphone e tablet) sta cominciando a minare lo status quo.

Parallelamente, si sta modificando anche la modalità di fruizione dei contenuti dei broadcaster: le piattaforme on demand indipendenti (Netflix, Amazon Play, HBO Go) stanno entrando prepotentemente nella dieta mediale dei consumatori e hanno contribuito a minacciare profondamente, se non a compromettere del tutto, il concetto di ‘palinsesto’.

Il fenomeno non si limita ai contenuti fiction. Facebook sta entrando in modo deciso nel mercato dei contenuti sportivi e il fatto avrà un impatto potente nella fruizione dei contenuti video. Negli States Facebook ha chiuso un accordo con la Major League Baseball e un recente accordo con Fox Sports permetterà al publico americano di vedere le principali partite di Champions League attraverso la diretta Facebook.

Dobbiamo quindi prendere atto che le potenzialità di profilazione offerte dall’advertising technology stanno appropriandosi uno spazio che va ben oltre le attuali abitudini con le quali marketer e pubblicitari le utilizzano. Dobbiamo definitivamente smettere di pensare a ‘pianificare spazi’, pensando di più a ‘parlare a singole persone’.

Si tratta di diventare più rilevanti nello Zero Momento of Truth della customer journey, avendo consapevolezza delle potenzialità che l’advertising technology mette a disposizione.

La tecnologia ci consente di intervenire per far arrivare i messaggi al momento giusto, ma resta nelle nostre mani la decisione di cosa dire e in che modo. Pur essendo concetti che esponenzialmente si stanno radicando nelle nuove generazioni di marketer, vale la pena ricordare che  per sfruttare appieno le possibilità dell’ad-tech si deve sempre:

  • passare dalla pubblicità push (quella che interrompe i contenuti, invasiva, fastidiosa) al brand content pull (è il consumatore ad avere il controllo della comunicazione, sceglie i contenuti che preferisce relativi a una marca);
  • pensare e agire con una logica omni-canale;
  • fornire contenuti di qualità (se la logica è pull e il comando ce l’ha il consumatore, o siamo interessanti o siamo irrilevanti).

US Programmatic Digital Display Ad Spending – 2015/2019