Venezia, ma che Festival è?
“Penso decisamente che sia un Festival per addetti ai lavori e critici principalmente e non credo rispecchi la realtà del mercato. Forse è giusto che sia così…Il fatto è che ha tendenze molto conservatrici ed è piuttosto snobistico verso l’enterteinment in generale, che molte volte è più creativo e innovativo di tanti presunti film d’autore. Credo che l’Oscarresti l’unico vero grande festival che riesce a mantenere l’equilibrio tra la qualità autoriale, l’innovazione e il mercato”.
Cinema e pubblicità dialogano tra loro?
“Nel resto del mondo assolutamente sì e da moltissimo tempo. Si pensi solo all’impatto che hanno avuto i grandi registi della pubblicità (Ridley Scott, Alan Parker, Michael Cimino prima e poi Fincher, Jonze, Inarritu, Refn, Gondry, Anderson) sul modo di fare cinema, che lo hanno rivoluzionato e reinventato con successo sia dal punto di vista commerciale che autoriale, e sono stati premiati per questo dal pubblico e dall’Academy più volte. Io ho avuto esperienza diretta sul mercato Usa, dove ho fatto due film e dove la mia esperienza e il curriculum professionale della pubblicità hanno fatto la differenza. In sintesi, era un plus. In Italia invece poco o nulla, per questo credo noi siamo assenti totalmente dalla scena sia commerciale che autoriale e innovativa del cinema internazionale. In Italia , salvo alcune rarissime eccezioni che hanno coraggio ma poco peso, continua a persistere una mentalità ostile al ‘video commerciale’, figlia di una forma di intellettualismo prigioniero dei suoi dogmi e figlio di una classe dirigente che non ama rischiare e preferisce nella maggior parte dei casi una confortevole mediocrità o una pedante autorialità che poi non arriva a nessuno del pubblico”.
In questa 73a edizione è emersa qualche nuova tendenza
“Credo che per dirlo bisognerà aspettare un po’. In genere da Venezia non ricordo siano uscite ‘nuove tendenze’, ma lo vedremo”.