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Nell’ebook di youmark la qualità secondo Adci nelle parole del presidente Massimo Guastini. Come dovrebbe essere, come non sempre è e perché… creativamente parlando

Dunque, ecco il nostro primo ebook. Potete effettuare il download cliccando qui, oppure dalla nostra homepage, dove c’è l’apposito widget. Youmark intanto, day by day, ve lo proporrà pagina dopo pagina. Qui di seguito l’intervento di Massimo Guastini, presidente Adci.

“Il problema non è ‘sporcare l’economia del layout’. Il problema è non svegliare quel cane da guardia che è la rimozione. I buoni creatori di contenuti, dunque, sono dei bravi postini, in grado di aggirarlo per far pervenire i  messaggi”.

“Il termine qualità è molto generico e inevitabilmente soggetto a infinite quanto soggettive opinioni. Il compito di diffondere una cultura della qualità, negli ultimi 26 anni, è stato svolto ufficialmente  dall’Organizzazione Internazionale per le Standardizzazioni ISO. Agli inizi veniva identificata come ‘qualità’ la prevenzione della non conformità…roba da far girar la testa.

Più interessante la svolta del 1994, dove come riferimento centrale veniva tenuta presente la figura del cliente. Nelle ultime versioni (2000, 2005 e 2008) l’attenzione si è spostata sull’efficacia e sul miglioramento continuo dei processi aziendali.

Ogni atto di comunicazione è indubitabilmente un processo molto complesso. Nel nostro caso, coinvolge in partenza almeno due entità distinte, azienda e agenzia, nonché vari profili professionali.

Un processo complesso che deve originare un output estremamente semplice, ma non banale, visto che l’obiettivo è dialogare con un utente sottoposto giornalmente a migliaia di processi analoghi.

Il numero di messaggi pubblicitari a cui viene esposto quotidianamente un essere umano, da quando si alza dal letto a quando si addormenta, può variare a seconda dell’età, dello stile di vita e dell’area geografica, da alcune centinaia, ad alcune migliaia.

Ne possiamo ricordare tra cinque e nove. Non siamo stupidi. Siamo semplicemente protetti da un meccanismo ‘salva vita’ che rimuove tutto il superfluo oltre che lo ‘spiacevole’. Nessun teenager americano resterebbe sano di mente se a fine anno ricordasse il milione e centomila messaggi pubblicitari a cui è stato esposto nei dodici mesi.

Così, tutto quello che cerca dichiaratamente di venderci l’ennesimo oggetto o servizio viene eliminato. Comprensibilmente. Come reagiremmo se alla nostra porta di casa bussassero centinaia di venditori, ogni giorno? A tutte le ore, da che apriamo gli occhi a quando ci corichiamo. La nostra mente si comporta allo stesso modo. Senza nemmeno ricorrere agli insulti. Cala semplicemente il sipario davanti alle rappresentazioni che non sanno ingaggiarla.  Che non cercano di aggirare la rimozione dissimulando la vendita e che anzi la evidenziano con segnali grossolanamente marcati. E’ questa l’unica vera controindicazione dei marchi e dei packshot enormi, degli slogan urlati, dei punti esclamativi.

Il problema non è ‘sporcare l’economia del layout’ come ho sentito sostenere troppe volte da ‘creativi’ nelle sale riunioni. Il problema è non svegliare quel cane da guardia che è la rimozione. Rapidissima nello scattare, per bloccare l’ennesimo messaggio pubblicitario infilato nella ‘casella della posta’.

I buoni creatori di contenuti sono dei bravi postini in grado di aggirare quel ‘cane da guardia’ e far pervenire il  messaggio al destinatario. Dissimulano la vendita e ingaggiano la mente dell’utente muovendola verso (e non via da) il messaggio stesso.

Gli ultimi dieci anni ci hanno dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, grazie a internet e non alle ricerche di mercato, che i contenuti brillanti, quelli che sanno ‘ingaggiare’ davvero gli utenti, sono gli unici in grado di guadagnarsi spazio. Il che implica che abbiano saputo anche attirare l’attenzione del target, aggirando la rimozione. Perché il comportamento dello stesso utente dovrebbe essere diverso quando fruisce dei nostri messaggi attraverso media classici?

Non esiste questo perché. Se analizziamo i contenuti pubblicitari più ‘condivisi’ in rete, hanno le stesse caratteristiche dei lavori inseriti nel mio slide show (trovate il link in coda).

Dicono una cosa sola importante e lo fanno senza arrecare disturbo.  Anzi, regalano qualche istante piacevole. In questo senso non sono solo utili al committente (l’azienda) lo sono anche per l’utente.

Sono utili alla marca perché riescono prima a esserlo per l’utente.

I migliori contenuti pubblicitari derivano sempre da un processo di trasformazione. Per questo possono essere definiti creativi. Creare implica infatti la capacità di uscire da uno stato (che sia un ordine precedente o un non ordine come il caos) per dare vita a un nuovo ordine utile.

Un messaggio pubblicitario è utile solo se non disturba l’utente cui è destinato e se gli fa provare qualcosa; se gli regala una qualche forma di gratificazione e non lo considera  solo una mente da occupare.

E’ un modo più etico, oltre che più efficace, di legare l’utente alla marca. Anche l’etica, come la creatività, è sempre utile.

Lo slide show che condivido con i lettori di Youmark   presenta molti esempi presi (quasi) a caso dall’archivio in cui conservo i ‘processi comunicativi di qualità secondo me’. Ne auguro molti all’Italia del 2014. Non solo nel nostro settore”.