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Festival di Cannes 2015. Calici alzati per l’Italia che c’è: The Mine sceglie Nomination e Pandora. E se leggete come la pensa sulle questioni calde del suo comparto, non poteva essere altrimenti

Francesca Panigutto, Owner The Mine

Creatività oggi fa rima con sharing, integrazione, big idea, goodness, utilità sociale, condivisione…Alla luce anche della scelta della case history che ci presentate, su quali elementi avrebbe dovuto riflettere la giuria di questa edizione del festival di Cannes per decretarne i Leoni?

“La giuria, a mio avviso, avrebbe dovuto riflettere sulla qualità di un’idea, sulla forza di presentarla al cliente e di lottare, a prescindere dal budget, a disposizione per realizzarla. Non credo all’equazione grossi budget = grandi campagne, anzi vediamo sempre più spesso campagne mediocri anche con grandi investimenti a supporto. Mi chiedo, dunque: dove risiede il problema? Creativi che si accontentano di presentare idee facili e banali? Direttori clienti che si accontentano di aver incassato un gran budget e fanno il minimo indispensabile? Clienti che vengono assecondati nelle loro assurde richieste, stravolgendo l’idea creativa, per paura di perdere il budget? Da qualche parte il problema c’è. E allora quando si hanno piccolissimi budget a disposizione, come avviene nell’80% dei casi in The Mine, si lotta per l’idea, perché è li che risiede la vera gratificazione. Si presenta una strategia, una creatività a supporto e dei risultati stimati reali. E si lotta per portarsi a casa il progetto. Non ci sono visualizer, planner, rubamatik, 30 idee creative, ppt infiniti… Solo due proposte, forti entrambe, delle quali si è convinti sopra ad ogni ragionevole dubbio, declinate su tutti i mezzi e con la strategia idonea a supporto. Ci si confronta con il cliente, a volte con toni accesi, ma alla fine il risultato arriva! E soddisfa entrambi. Ecco, il lavoro consulenziale dell’agenzia dovrebbe essere la chiave di lettura della giuria. Occorrerebbe valutare quanto c’è dietro a quell’idea che si è presentata al cliente, quanto si è lottato per farla arrivare in stampa o sul web, che sacrifici anche in termini di fee ha fatto l’agenzia per riuscire a convincere il cliente della bontà della strategia, quanto si è messa in gioco in prima persona, rischiando, invece di assecondare decisioni che non riteneva corrette. Credo che sia questo a rendere un’idea, una campagna, vincente. Al di là della sola creatività”.

Vi definite un’agenzia integrata. Qual è il modello cui si è ispirata la vostra sigla nel costruire questo risultato e quali le leve su cui si è maggiormente concentrata? Infine, qual è la risposta dei clienti?

“Quando fondi un’agenzia a 32 anni, senza soci e senza ‘agganci’ nel mondo della pubblicità, non ti ispiri esattamente ad un modello. Ti ispiri a te stessa e al tuo vissuto. Fai un’analisi di cosa ti mancava quando eri una marketing manager in azienda e a cosa non funzionava quando eri un direttore clienti in agenzia. E poi trovi il tuo modello. Un salto nel buio, con coraggio e orgoglio. Sono quindi concentrata su tre aspetti fondamentali. Il primo: restituire la giusta professionalità e autorevolezza al nostro lavoro. Siamo pubblicitari, non animali da circo che giocano a calcetto e fanno quattro scarabocchi con la penna grafica. Credo nel fee onesto, sicuramente molto inferiore alle grandi sigle per via di una struttura estremamente più snella, ma anche perché non ho un retaggio degli anni ’90. Siamo nati negli anni della crisi, crisi vera e importante, e di conseguenza i nostri fee sono adeguati al periodo storico. Ma non si lavora gratis e nemmeno sottopagati, il lavoro ha un costo e se pensi che non sia opportuno pagarlo non siamo l’agenzia che fa al caso tuo. Il secondo: aver voglia di venire tutte le mattine in agenzia, creando realmente un ambiente di lavoro invidiabile e fuori dagli schemi classici dell’agenzia di pubblicità: in tre anni abbiamo lavorato forse una notte e un paio di weekend, e solo perché abbiamo avuto criticità non previste. Credo nell’organizzazione massima, nel concordare con il cliente timing folli ma gestibili, credo nel dire ‘no’ quando è necessario farlo e soprattutto credo nelle gratificazioni per il mio team. Partecipiamo ai concorsi, iscriviamo gli junior a competizioni quali i Giovani Leoni o li invitiamo a cercare corsi e seminari che possano soddisfare le loro curiosità e crescere. La forza di un capo, e quindi di un’agenzia, sta nel far funzionare bene il team, tutti siamo fondamentali e tutti lottiamo giorno dopo giorno per contribuire alla crescita di una realtà che ci rende felici. Infine, il terzo aspetto, quello consulenziale: siamo un’agenzia integrata in grado di trattare tutti i mezzi a disposizione, lavoriamo con professionisti esterni quando le competenze non risiedono all’interno dell’agenzia. Ma siamo un consulente per il cliente, pronti a rispondere a tutte le domande, a studiare, a prepararci se non siamo allineati a qualche nuova tecnologia. Non abbiamo paura di sporcarci le mani e nemmeno di metterci la faccia. I clienti rispondono in due modi: amandoci o trovandoci ‘fastidiosi’. Nel primo caso si crea un’alchimia fantastica, collaborazioni durature con grandissimi risultati su tutti i fronti; nel secondo caso, la collaborazione si esaurisce con il tempo nonostante i successi indiscussi raggiunti: troppo faticoso per il cliente gestire un ‘fornitore’ che non dice sempre sì, a prescindere da cosa pensa”.

Dal vostro osservatorio, l’identità originaria della singola agenzia influisce sul risultato del processo di integrazione? Insomma, il fatto di essere nate come agenzie di advertising, social, rp, eventi o media, cambia le sorti del risultato finale?

“A questa domanda faccio fatica a rispondere perché noi siamo nati dopo una forte delusione maturata nell’agenzia dove lavoravo. Un cliente, al tempo ancora sconosciuto in Italia, mi disse: se te ne vai io ti seguo. Così è stato: in capo a due giorni ero seduta in un tavolino di un bar, a rubare il wif-i, con un mac e il mio futuro direttore creativo seduto accanto che all’epoca pensava di dovermi dare una mano per sviluppare un leaflet per un evento. Il risultato finale è un’agenzia di 12 persone cresciuta a seconda delle esigenze che con il tempo si sono create, con l’obiettivo di creare una struttura flessibile, leggera e in grado di supportare i clienti allo stesso livello delle sigle internazionali. Tutti i giorni mi chiedo se ce la faremo, in un contesto senza contratti, con clienti che pensano di essere in un ‘all can you eat’ e indicono gare assurde senza certezze. Ma tutti i giorni quando mi sveglio so che c’è solo un posto dove voglio andare, nella mia agenzia, dai mie ragazzi e lottare perché si arrivi anche questa volta a fine mese. The Mine è l’avventura più bella della mia vita, quando esce un nostro comunicato, quando vinciamo un premio o quando uno dei miei ragazzi scoppia di gioia per un’idea portata a casa e della quale è estremamente orgoglioso cancella in un solo istante la burocrazia, la fatica, le banche, i mancati pagamenti, i contratti inesistenti e tutto il resto. Io sono felice. E questa è la risposta migliore che mi sento di dare”.

CASE HISTORY

NOMINATION – #ME

Per il lancio della nuova collezione di bracciali Nomination – #ME -, The Mine ha ricercato un concept capace di parlare sia del brand sia del target di riferimento: #ME è il contenitore delle storie della ‘Social Generation’, definizione che rimanda all’uso dei social network ma anche alla voglia di condividere e socializzare non solo online. Da questo posizionamento è stato sviluppato il pay off di prodotto ‘Social Bracelets’ e la campagna integrata con il claim ‘Do you speak social?’, che ha coinvolto stampa e televisione – con uno spot in motion graphic 3D – i social e il territorio con un tour di eventi in store e sulle spiagge romagnole.

Credit

Project Leader: Francesca Panigutto
Direzione Creativa: Elena Raffa, Virginia Calandra
Art Director: Arianna Pernorio
Copywriter: Alessandro Venturi
Account Executive: Martina Delfini

PANDORA – WOMEN LIKE YOU

Per realizzare un’iniziativa a favore delle donne, Pandora si è affidata a The Mine che ha ideato e sviluppato le edizioni 2012/2013 e 2013/2014 di ‘Women Like You’, il progetto sociale a sostegno dell’imprenditoria al femminile. Il sito womenlikeyou.it ha raccolto i progetti in gara, le idee pervenute sono state selezionate da 5 giurate provenienti dal mondo dell’arte, dal giornalismo e dalla formazione, che hanno scelto 3 finaliste per categoria e 3 vincitrici. Per la seconda edizione, la serata di premiazione si è tenuta presso Palazzo delle Stelline a Milano alla presenza di giornalisti, opinion leader e con la conduzione di Teresa Mannino. Nelle due edizioni, Women Like You ha raccolto 2.500 storie e realizzato i progetti di quattro donne.

[pdf]Il progetto

Credit

Project Leader: Francesca Panigutto
Direzione Creativa: Elena Raffa, Virginia Calandra
Art Director: Luca Cossetta, Camilla Zappa, Arianna Pernorio
Copywriter: Alessandro Venturi
Accont Executive: Martina Delfini
Other: Alessandro Casale, Giuseppe Bizzarro, Flavio Nani, Purple Network

Ricordandoti che questo è l’ebook di youmark dedicato al Festival di Cannes 2015 e alla creatività intesa nella sua accezione più ampia. Con la ricerca Toluna per noi in esclusiva che ha indagato il rapporto aziende-agenzie. 

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Youmark, intanto, day by day, lo proporrà pagina dopo pagina.