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Doxa, siamo (quasi) tutti europei. Più istruiti, più ottimisti

Alla vigilia del 60esimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, siglati il 25 marzo 1957, e che di fatto diedero il via a quella che oggi è l’Unione europea, Doxa ha analizzato l’atteggiamento degli italiani nei confronti di Bruxelles, scoprendo che oltre 3 connazionali su 4 sono favorevoli alle istituzioni Ue (il 76% del totale intervistati). Con un picco dell’87% tra i 18-34enni. Non solo. Il dato è persino migliore di quello rilevato sempre da Doxa nel 1950 e dunque prima della firma dei Trattati. A quei tempi si parlava di Stati Uniti d’Europa, l’unificazione del Vecchio continente era vista come un antidoto a ulteriori conflitti bellici e una opportunità concreta di crescita economica. E il 71% degli italiani vi si dichiarava favorevole. Mentre solo l’8% era decisamente contrario.

Nonostante il sì all’Unione europea, il 40,2% degli italiani ritiene che tale vincolo comporti vantaggi e svantaggi in egual misura. Il 34,8% vede più vantaggi nell’appartenenza all’Ue e il 20,4% più svantaggi. Più cresce il tasso d’istruzione più cresce la percentuale degli ottimisti. Che tra i laureati si attesta al 49,6%, mentre tra i titolari di un titolo di studio inferiore al diploma scende al 31,7%. La stessa identica domanda era stata rivolta dai ricercatori Doxa nel 1962, nella prima indagine mai effettuata sul tema dopo la firma dei Trattati di Roma. E in quel caso gli ottimisti vincevano indipendentemente dal titolo di studio: il 55% degli italiani vedevano nell’Europa unita più vantaggi, il 9% dichiarava sia vantaggi che svantaggi e il 4% più svantaggi.

Con riferimento all’attuale crisi economica, il 43,6% degli italiani pensa in ogni caso che le cose andrebbero peggio se l’Italia non facesse parte dell’Unione europea, mentre l’altra metà si spacca in due tronconi pressoché uguali tra coloro che ritengono che le cose andrebbero meglio se fossimo fuori dal perimetro di Bruxelles (22,9%) e coloro per cui le cose andrebbero allo stesso modo (24,8%). Nel Centro Italia il 49,7% degli intervistati ritiene che le cose andrebbero peggio, mentre le altre 3 maxi-aree oscillano tra il 41% del Nord Ovest e il 43,8% del Nord Est.

Complessivamente il sentimento europeista è piuttosto diffuso nel nostro Paese: il 69,3% del campione intervistato si sente molto o abbastanza europeo, ovvero cittadino d’Europa, con differenze tra uomini e donne (73,9% vs. 65,1%) e giovani e meno giovani (77,8% sotto i 34 anni vs. 65,1% sopra i 55 anni). Altra peculiarità, si sentono più europei i residenti nelle regioni del Nord-Est (82%) e meno quelli di Centro Italia, Sud e Isole (65%).

Pensando all’Italia e all’Unione europea tra 5 anni, prevale nettamente l’idea secondo cui l’Italia vi farà ancora parte (60%), mentre l’11 prevede che vi uscirà e il 12% che l’Ue non esisterà più.