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Adesivi protesta dei lavoratori turchi di Zara. Appello ai clienti sui capi nei negozi di Istanbul con sostegno sui social. E Inditex vara un nuovo codice etico, all’insegna della sostenibilità anche nel low cost

“Il prodotto che state comprando l’ho fatto io, ma non sono stato pagato”. Un’etichetta marrone con questa scritta in giallo è apparsa accanto a quella del prezzo sui capi in vendita in diversi store di Zara e altri negozi di abbigliamento a Istanbul. A metterla, raccontano i media locali, come riferisce l’Ansa, sono stati alcuni lavoratori turchi dell’azienda tessile Bravo, appaltatrice delle multinazionali dell’abbigliamento, denunciando di aver lavorato senza ricevere 3 mesi di stipendio e altre indennità perché “la fabbrica ha chiuso in una notte”. E dunque l’appello ai clienti: “Chiedete a Zara di pagarci”. I messaggi invitano inoltre gli acquirenti a sostenere sul web la ‘Campagna per i capi puliti’, che coinvolge lavoratori che avrebbero prodotto indumenti per Zara, Next e Mango. Un appello raccolto da molti, che hanno così condiviso sui social network le immagini delle etichette di protesta.

Ed ecco che da Inditex, a cui il brand Zara fa capo, parte la svolta etica per rispondere alle accuse di sfruttare i lavoratori. Accanto al prezzo, taglia, composizione e al ‘made in’ sulle etichette dovrebbe comparire a breve anche un codice QR che conterrà i passaggi della catena di produzione: dall’origine delle materie prime sino alla confezione e alla commercializzazione. Si potrà anche verificare se il fabbricante ha rispettato il codice di condotta che Inditex si è dato. Il primo paese in cui il progetto pilota verrà lanciato nelle prossime settimane sarà il Brasile.